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lunedì 30 aprile 2012

Alitalia installerà tecnologia per rispamiare 80% del carburante aerei

Time Lapse Surreal Painting The Forest by Tim Gagnon – Beautiful Art Video | funny and amazing videos

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7 cose che (forse) non sai sul piacere - Wired.it

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7 cose che (forse) non sai sul piacere
Perché ci piacciono i cibi dolci e grassi? Si può morire per troppi orgasmi? Gli animali si sballano? A tutte queste domande risponde il neurologo David Linden
27 aprile 2012 di Fabio Deotto
Perché ci piace tanto mangiare nei fast-food, quando sappiamo che nella maggior parte dei casi servono robaccia tutt’altro che salutare? E perché un gioco tanto semplice e ripetitivo come Angry Birds si divora ore e ore delle nostre giornate? Com’è possibile che la gente finisca in bancarotta dopo aver perso milioni a un tavolo da gioco? E quelli che non riescono a stare un giorno intero senza massacrarsi i polpacci in una maratona?

Sono domande che ci siamo fatti un po’ tutti, e per le quali un po’ tutti crediamo non esistano risposte chiare. Invece le risposte esistono, e sono tutte nel nostro cervello. In particolare, nei neuroni dopaminergici di un settore cerebrale chiamato Atv (Area Ventrale Tegmentale), che fanno parte del circuito del piacere umano. È dallo studio di questa piccola area cerebrale che si possono ottenere risposte sulle dipendenze e sulle compulsioni umane. Ed è su questo che si concentra La Bussola del Piacere, l’ottimo saggio del neurologo americano David J. Linden, pubblicato in Italia da Codice Edizioni in questi giorni.

David J. Linden non è un neuroscienziato qualunque. Anzi, si potrebbe tranquillamente dire che si allontana anni luce dallo stereotipo che la cultura popolare (e la presunzione) hanno spesso dipinto. Sul suo blog spicca una sua foto in cui, sorridente e con i capelli raccolti in una coda, solleva orgoglioso una dorata pinta di birra ghiacciata. Nonostante le apparenze, però, Linden è un luminare con tutti gli attributi del caso, è professore alla Johns Hopkins University School of Medicine ed editor capo di Jounal of Neurophysiology.

Questa doppia personalità di luminare/buontempone si riflette nelle sue opere di saggistica, con una serie di aneddoti esilaranti. Per darvi un’idea, ecco 7 nozioni tra il divertente e lo sconcertante che pochi conoscono sulle basi neurologiche del piacere e della dipendenza.

Dai a un topo un pulsante stimola-piacere e finirà per ammazzarsi
Dopo avere scoperto, per puro caso, l’ubicazione del circuito del piacere, nel 1954 i neurologi James Olds e Peter Milner della McGill University decisero di sottoporre alcuni ratti a un esperimento inedito. Ai ratti venivano impiantati degli elettrodi direttamente nella sede del circuito del piacere e successivamente venivano posti all’interno di una scatola (nota come Skinner Box). Dentro la scatola c’era una leva che, se premuta, produceva la stimolazione diretta del centro del piacere attraverso gli elettrodi. Con grande sorpresa di Olds e Milner, i ratti arrivavano a premere la leva fino a 7mila volte ogni ora. Non c’era niente che potesse interessare loro più della stimolazione del proprio centro della gratificazione, ignoravano cibo, acqua, femmine in calore. Alla fine, Olds e Milner dovettero togliere i topi dalla scatola, per evitare che morissero di fame.

È più facile diventare dipendenti dalle sigarette che dall’eroina
I dati parlano chiaro: l’80% delle persone che provano a fumare sviluppano una dipendenza per le sigarette. Tra le persone che invece provano l’eroina solo il 35% ne contrae una forma di dipendenza. Com’è possibile? Linden risponde a questa domanda paragonando la dipendenza a una forma di apprendimento, e chiama in causa un esempio intuitivo. Se vuoi addestrare un cane ad accorrere a te ogni volta che pronunci il suo nome, hai bisogno che al comportamento (accorrere) sia associata una gratificazione (un boccone di carne). Puoi addestrarlo facendolo accorrere a te una volta al giorno e ricompensandolo con una grossa bistecca, oppure puoi tagliuzzare la bistecca in piccoli bocconi e ripetere il procedimento più volte nel corso della giornata. Con il secondo metodo, il cane apprenderà molto più in fretta e meglio ad accorrere quando chiamato. Con la dipendenza da sostanze è lo stesso, l’eroina è l’equivalente della bistecca, le sigarette dei bocconcini di carne. Entrambe le sostanze stimolano il circuito del piacere nel giro di 15 secondi dall’assunzione, il metodo di assunzione delle sigarette è tuttavia più adatto a generare una dipendenza.

Anche gli animali, in natura, arrivano a fare pazzie pur di sballarsi
Che elefanti, scimmie e uccelli vadano ghiotti di frutti caduti da tempo dalla pianta e che hanno subito una fermentazione alcolica è cosa nota. È stato però anche ipotizzato che questi animali preferiscano le bacche fermentate per via del loro valore nutritivo. Il caso delle renne lapponi, però, ha dimostrato che gli animali possono sviluppare una dipendenza da droghe. In Siberia esistono popolazioni native che vivono allevando renne e questi animali tendono a nutrirsi di una varietà di alimenti tra cui l’ Amanita Muscaria, un noto fungo allucinogeno. Il principio attivo dell’Amanita è l’ acido ibotenico, quando il fungo viene ingerito l’organismo della renna converte il 20% di questo composto in muscimolo, la sostanza che di fatto provoca le allucinazioni. Il resto dell’acido ibotenico viene espulso con l’urina. Le renne però hanno imparato che sorbendo l’urina possono ottenere ulteriori allucinazioni. Ne consegue che, in alcune zone della Lapponia, può capitare di vedere renne che inscenano lotte feroci per contendersi un misero pezzo di neve ingiallita.

Se è grasso e dolce, sarà difficile non mangiarlo
Voglio aggiungere una domanda a quelle di inizio articolo. Vi siete mai chiesti perché i cibi che più ci inducono a ingozzarci sono dolci, salati, grassi o una qualunque combinazione di queste caratteristiche? Per capire perché, bisogna innanzitutto ricordare che noi esseri umani siamo il prodotto di un’evoluzione che ha avuto luogo in un mondo radicalmente diverso da quello in cui viviamo oggi. Gli uomini ancestrali avevano una dieta in gran parte vegetariana, in cui l’apporto di grassi e di zuccheri era minimo. I cibi grassi erano rari e avevano una consistenza tale da poter essere inghiottiti senza masticare troppo, quando se ne aveva disponibilità venivano ingollati senza pensarci due volte. Risultato: gli esseri umani hanno un’innata tendenza a strafogarsi di cibi grassi, dolci e morbidi. Corollario: le cucine delle grandi catene sono specializzate nella produzione di cibi grassi, speziati e in buona parte già meccanicamente digeriti (sfido chiunque a trovare una crocchetta di pollo dura o stopposa).

La fedeltà nella coppia? Tutto dipende dai minuti successivi all’orgasmo
Che l'essere umano sia monogamo è un mito da sfatare, ma sicuramente esiste un animale che ci batte su tutti i fronti, in fatto di fedeltà a un unico partner: la arvicola delle praterie (o topo campagnolo che dir si voglia). Questo roditore è rigidamente monogamo, al punto che quando il suo partner muore, cessa del tutto di accoppiarsi. Degli studi condotti sui recettori dell’ormone vasopressina, lasciano supporre che il legame di coppia si instauri nei momenti immediatamente successivi all’orgasmo. Per provare questa tesi, Larry Young e i colleghi della Emore University hanno provato a bloccare nell’arvicola maschio il recettore V1A per la vasopressina, come risultato queste arvicole non stringevano legame con il partner né si occupavano della prole. Un effetto simile veniva ottenuto separando i due partner immediatamente dopo la copula, o bloccando i recettori dopaminergici D2, presenti nel nucleus accumbens e parte integrante del circuito del piacere. Una curiosità: il maschio di arvicola non solo è fedelissimo al proprio partner, ma tende anche ad aggredire tutte le femmine che provino a sedurlo.

Gioco d’azzardo, coinvolgimento personale e vincite mancate
La cosa interessante non è che il gioco d’azzardo dia dipendenza quanto le droghe, la cosa interessante è come questa dipendenza si sviluppi. Si potrebbe dire che una vincita monetaria è in grado di produrre una gratificazione e un’attivazione del circuito del piacere simile a quella indotta dal cibo, da un orgasmo o dall’assunzione di droga, ma sarebbe riduttivo. Diversi esperimenti hanno dimostrato che, nello sviluppo di una vera dipendenza da gioco d’azzardo (che può portare le persone a perdere famiglia e lavoro) intervengono due fattori importanti: il coinvolgimento personale o le vincite mancate. Nonostante i giochi d’azzardo siano in gran parte basati sulla pura casualità, diversi studi hanno dimostrato che quando ai giocatori viene data la possibilità di intervenire nel gioco (lanciando i dadi o scegliendo su che numero puntare) mostrano una tendenza maggiore a proseguire nel gioco (e a puntare di più). Inoltre, se periodicamente il giocatore si trova davanti a quella che considera una vincita mancata(due segni uguali sul rullo di una slot-machine) tende a sviluppare più facilmente una dipendenza dal gioco. Non a caso, esistono casino in cui la quantità di vincite mancate viene programmata a tavolino.

Il futuro del piacere: a ciascuno il suo
Quali sono i possibili orizzonti di sviluppo delle tecnologie del piacere? Tra i tanti possibili scenari, Linden immagina un futuro in cui saranno disponibili dei berretti elettronici ( qualcosa di simile esiste già) che consentano di stimolare in modo specifico i settori neuronali responsabili dei vari tipi di piacere. Con un dispositivo simile ognuno di noi potrebbe selezionare nei minimi dettagli il tipo di piacere che vuole: euforia da cocaina, orgasmo, gratificazione da vincita monetaria. Sarebbe inoltre possibile selezionare improbabili blend di piacere (un pizzico di cioccolato, con un po’ di tepore post-organismo unito a una spolverata di caffeina...). Inoltre, se fosse possibile intervenire minuziosamente sulle varie connessioni neuronali, si potrebbe fare anche in modo di eliminare il rischio di dipendenza, con conseguenze imprevedibili per la società in cui viviamo.

7 cose che (forse) non sai sul piacere - Wired.it

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Best Job | P&G London 2012 Olympic Games Film - Canada (EN) - YouTube

Mamma è generalmente la prima parola che un bambino riesce a dire. Mamma è la persona da cui ogni bambino si rifugia e trova conforto. Mamma è quella persona che aiuta a superare le difficoltà. Questo video ci racconta la Mamma, il lavoro più duro ma più bello al mondo, dalla prospettiva di un atleta olimpico. Grazie al commercial di Procter & Gamble per averci ricordato quanto è importante la mamma.

Children of Africa - YouTube

Tatuaggi: Ritratti Pop, tradizionale giapponese, americana eclettica | Prenota Off | PBS - YouTube

C’è chi ama i tatuaggi e chi no, ma ora che essi hanno messo radici nella quotidianità occidentale bisogna riconoscere che alcuni “pezzi” sono veramente arte. Un tipo di arte permanente e dalle molte sfaccettature che viene narrato in questo video attraverso tre tatuatori e i loro tre stili diversi. Dalla Pop Culture, ai ritratti in b&w, alle linee giapponesi.

Ooh! Si tratta di uno sguardo furtivo alla fiera di stasera - YouTube

venerdì 27 aprile 2012

Mahler: Symphony No. 9 / Rattle · Berliner Philharmoniker - YouTube

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7 grandi cambiamenti causati dal global warming - Wired.it

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Nel corso degli ultimi 100 anni le temperature globali registrate sul nostro pianeta hanno avuto un incremento costante. Secondo il punto realizzato dall’ Huffington Post dal 1979 in poi, la situazione sta peggiorando in maniera costante e di anno in anno la temperatura globale sta aumentando di 0,74 gradi Celsius. Può sembrare poco ma ci sono almeno 7 esempi di come il mondo sta cambiando…
Wired.it vi mostra quali.

Manovre militari
Secondo l’ U.S. Geological Survey il 30% del gas naturale e il 13% del petrolio si trovano sotto il ghiaccio artico e lo scioglimento dei ghiacci aprirà nuove diatribe. Per tale motivo la zona si sta surriscaldando anche a livello militare e Stati Uniti, Russia, Danimarca, Finlandia, Norvegia, Svezia e Canada si stanno dando da fare per pianificare la sicurezza dell’area. In particolare gli USA stanno avviando processi di trivellazione per anticipare le mosse altrui e mettere per primi le mani su questi tesori naturali quanto, ormai, rari.

I nuovi tempi dell’amore
Uno studio realizzato sui pinguini ha evidenziato come il riscaldamento globale stia influendo sulla loro stagione riproduttiva in modo determinante. In particolare pare che i pinguini si siano adattati a climi più miti e non sono più strettamente dipendenti dai ghiacci per la sopravvivenza della propria specie. Di conseguenza la loro stagione riproduttiva – ma anche quella dei felini– dura più a lungo.

Thoreau cosa direbbe?
Nel Walden, lo scrittore Henry David Thoreau si dilungò narrando con dovizia di particolari, la natura attorno a Concord, nel Massachusset. Ma oggi tutto sembra cambiato in modo radicale. Partendo da quei diari si evince che ben 43 specie di piante fra le più comuni hanno anticipato la propria fioritura di ben 10 giorni dal 1800 ad oggi. Inoltre sono scomparse, nella medesima zona, ben 15 tipi di orchidee.

Laghi?
Ben 125 laghi sono scomparsi nella zona artica negli ultimi decenni, evidenziando come il riscaldamento globale stia facendo seri danni ai due poli opposti del nostro pianeta. La causa sarebbe lo scongelamento del permafrost sottostante che permetterebbe all’acqua di fluire nel suolo. Il risultato? La scomparsa di quegli specchi d’acqua causa anche la fine di molti delicati ecosistemi, dando vita ad una reazione a catena dalle conseguenze imprevedibili.

Orsi a caccia della salvezza
Uno studio del 2011 evidenzia che i cuccioli degli orsi sono costretti a nuotare sempre più a lungo, a caccia di lande di ghiaccio stabili e sicure. La ricerca può durare persino per oltre 12 giorni consecutivi. Paragonando i cuccioli che sono riusciti a salvarsi in un raggio di distanza considerato ottimale e quelli costretti a nuotare per una dozzina di giorni, il tasso di mortalità parla chiaro: 18/100 per i più fortunati, 45/100 per gli altri.

Rovine…rovinateSino ad oggi rovine e templi hanno resistito al passare del tempo pressoché indenni ma il riscaldamento globale li sta mettendo a dura prova, a causa delle conseguenze metereologiche e dell’innalzamento dei mari. Prova ne è il serio danneggiamento del sito di 600 anni fa di Sukhothai , che un tempo era la capitale del regno tailendese.

Più allergie
Starnuti e prurito si moltiplicano? La causa potrebbe davvero essere il riscaldamento globale. Senza dubbio lo stress e il moltiplicarsi degli impegni hanno indebolito le nostre risposte immunologiche, tuttavia le temperature mediamente più elevate e i tassi più alti di biossido di carbonio nell’atmosfera inducono le piante a fiorire prima e a produrre maggiori quantità di polline.

Ecco dove si trova il punto G - Wired.it

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Ecco dove si trova il punto G
Individuato, misurato e descritto nei minimi dettagli. L’organo del piacere femminile ha la forma di un sacchetto e misura otto millimetri. Ma le critiche allo studio non mancano
26 aprile 2012 di Giovanna Dall'Ongaro
Mettere la firma su una scoperta come questa è il sogno di ogni scienziato. Perché qui si tratta di avere individuato, misurato e descritto nei minimi dettagli uno degli oggetti più inseguiti ed elusivi della ricerca, sfuggito finora a ogni osservazione di laboratorio, pur avendo fornito innumerevoli prove della sua esistenza. Non parliamo del bosone di Higgs, miraggio dei fisici, ma di un suo equivalente nel campo della ginecologia e della sessuologia: il punto G, la leggendaria zona erogena femminile che si è convinti esista davvero senza sapere né dove si trovi, né come sia fatta.

Ora, infatti, Adam Ostrzenzki, chirurgo plastico dell’Istituto di Ginecologia dell' Università di St. Petersburg in Florida, è convinto di avere risolto l’annoso dilemma. E sul Journal of Sexual Medicine pubblica il risultato delle sue ricerche: il punto G esiste veramente ed è una struttura a forma di sacchetto, con qualche striatura blu, costituita da tre parti (testa, centro e coda) che misura 8,1 mm di lunghezza, da 3,6 a 1,5 mm di larghezza e 0,4 di spessore. Le pareti sembrano fatte di tessuto fibroconnettivo che, una volta rimosso dalla sede originale, sembra essere estendibile fino a oltre 30 millimetri. Già nel 20008, uno studio pubblicato sempre su Journal of Sexual Medicine e condotto da Emmanuele Jannini - docente di sessuologia medica presso L'Università dell'Aquila - su alcune donne sottoposte a ecografia transvaginale aveva mostrato la possibile esistenza del punto G: un ispessimento della parete tra vagina e uretra

Ostrzenzki avrebbe addirittura svelato le coordinate per ritrovarlo: si troverebbe tra apparato genitale e urinario. Più precisamente sulla membrana dorsale perineale, a 16,5 millimetri di distanza dalla parte superiore dallo sbocco esterno dell’uretra, con un’angolazione di 35° rispetto al margine laterale esterno dell’uretra. A rendere ancora più incredibile la scoperta di Ostrzenzki è il fatto che il ricercatore abbia trovato l’ organo del piacere femminile, semplicemente grazie alla utilissima, ma difficilmente raccontabile, procedura che fa da pilastro agli studi anatomici: la dissezione di un cadavere. Quello di anziana signora di 83 anni.

Difficile credere che finora nessuno avesse mai eseguito la stessa operazione ottenendo un risultato simile. Per oltre un secolo, dal 1900 ad oggi, gli scienziati hanno tentato di realizzare una mappa dei luoghi che custodiscono il piacere sessuale femminile basandosi sulle vaghe indicazioni delle dirette testimoni (un’area approssimativa sulla parete vaginale anteriore) e su campioni anatomici o istologici. Ma nessuno di loro si era mai imbattuto in quella “ struttura uniforme, facile da osservare e ben delineata” che ha descritto Ostrzenzki sul Journal of Sexual Medicine.

Qualcuno si era avvicinato alla meta ma era rimasto troppo in superficie, (parliamo sempre di indagini condotte nei Dipartimenti di Medicina Forense, sia chiaro…), qualcun altro, a detta di Ostrzenzki, aveva invece interpretato male ciò che aveva trovato: quelle due “ piccole masse a forma di palloncini posizionate su entrambi i lati dell’uretra”, considerate da uno studio del 2009 come sicuri punti erogeni erano piuttosto le ghiandole di Skene.

In attesa di conferme di quanto descritto da Ostrzenzki, il chirurgo statunitense si sente in diritto di autoproclamarsi come “ il primo ad avere descritto nella letteratura scientifica clinica, la collocazione, le misure e le caratteristiche del punto G”. Ma, ci tiene a dirlo, la sua carriera non può terminare qui: “ Intanto bisogna capire se questo ispessimento si trovi sul corpo di tutto le donne e nella medesima posizione. Poi ci sono ancora molte parti sconosciute dell’organo genitale femminile da trovare e studiare”. La prossima sfida potrebbe giocarsi sull’esistenza della struttura anatomica della cosiddetta prostata femminile, che, come spiega il ricercatore, aspetta ancora di essere individuata.

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giovedì 26 aprile 2012

Coltivare alghe per produrre biocarburanti | Tecnologie - Scienze News .IT

Sistema OMEGA - Foto di NASA Ames / Dominic HartIl metodo sviluppato dai ricercatori NASA per far crescere le alghe ha lo scopo di pulire le acque reflue, catturare anidride carbonica e produrre la materia prima per ottenere biocarburanti senza intaccare le risorse destinate all'agricoltura.  

Il sistema Offshore Membrane Enclosure for Growing Algae (OMEGA) rappresenta un lavoro di ricerca durato due anni i cui risultati preliminari forniscono ottime speranze per ottenere biocarburanti e nello stesso tempo pulire le acque reflue. Se ne ipotizza un possibile rapido impiego su ampia scala già a partire da maggio 2012 con l'immissione in commercio.

I modelli già realizzati su piccola scala del sistema OMEGA, progettato per far crescere alghe d'acqua dolce in acque reflue, sfrutta fotobioreattori NASA che sono semplici tubi galleggianti di plastica flessibile in vasche di acqua marina per aiutare a controllare l'aumento di temperatura del sistema.

Le alghe si sviluppano molto rapidamente e mentre crescono consumano i nutrienti presenti nelle acque reflue e l'anidride carbonica dall'aria. Sembra inoltre che gli impianti non rappresentino una minaccia per gli organismi marini e che questi animali non danneggino in alcun modo il funzionamento degli impianti, tuttavia gli esperimenti sono stati condotti su piccola scala pertanto sarà opportuno approfondire questo aspetto in prospettiva di sistemi su grande scala.

In condizioni ottimali di irraggiamento, nutrienti e temperatura dell'acqua le alghe possono essere pronte all'uso in appena 3-5 giorni (i ricercatori pensano di poterne massimizzare la crescita pompando anidride carbonica direttamente nel sistema). Le alghe impiegate sono ricche di oli che possono essere facilmente convertiti in biocarburanti e gli scarti vegetali sono destinati alla produzione di fertilizzanti, gas naturale e cibo per animali.

Idealmente gli impianti andrebbero posti in zone costiere ben assolate e dalle temperature miti nelle vicinanze di grandi città per sfruttare in modo efficiente le acque reflue. Si tratta ad esempio delle aree limitrofe a San Francisco dove sono già presenti modelli su piccola scala.

Il sistema OMEGA trae spunto dal metodo NASA usato nella International Space Station per la capacità di ottimizzare l'uso di risorse e minimizzare gli sprechi in spazi chiusi

Offshore Membrane Enclosure for Growing Algae (OMEGA) presenta alcuni punti deboli: si tratta soprattutto della grande quantità di plastica - polietilene - per i tubi degli impianti, inoltre bisogna considerare che queste plastiche dovrebbero essere sostituite ogni anno.
La plastica potrebbe essere riciclata ma appare difficile ripulirla dalle alghe, quindi se ne ipotizza un riutilizzo come copertura per le coltivazioni allo scopo di ridurre l'evaporazione del suolo e la crescita di infestanti.

Nel caso in cui i tubi di plastica degli impianti si dovessero rompere, a causa dell'usura o di una tempesta, libererebbero acque reflue e alghe d'acqua dolce, le prime sarebbero comunque finite in mare mentre le seconde morirebbero non trovando condizioni idonee alla sopravvivenza. Se dal punto di vista ambientale non dovrebbero sorgere problemi, rimane comunque aperta la questione dei costi della sostituzione dei tubi sia in caso di manutenzione ordinaria sia in caso di eventi quali rotture o contaminazioni con altre specie.

Fonte

NASA

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Funghi, la nuova minaccia per la biodiversità - Wired.it

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Chi l’avrebbe mai detto: il 65 per cento delle estinzioni di specie animali e vegetali avvenute negli ultimi due decenni non è imputabile agli esseri umani (almeno non direttamente) bensì ai funghi. È quanto afferma un gruppo di ricerca coordinato da Matthew Fisher dell’ Imperial College London, in Gran Bretagna, in uno studio pubblicato su Nature. Se fin ora erano considerati un problema esclusivamente agricolo, a causa della loro patogenicità per le colture alimentari, adesso si comincia a capire che l’impatto dei funghi sull’ ambiente è ben più ampio. E solo monitorando la diffusione delle infezioni fungine e intervenendo preventivamente si potranno evitare conseguenze ancora peggiori per la biodiversità.

Il danno arrecato dai funghi patogeni ad alcune delle più importanti colture alimentari è ben quantificato: ogni anno vengono distrutte mediamente 125 milioni di tonnellate di mais, grano, riso, patate e soia. Con ovvie ripercussioni in campo alimentare: solo per fare un esempio, le perdite registrate tra il 2009 e il 2010 sarebbero bastate per dare da mangiare a quasi 600 milioni di persone. Il problema, naturalmente, è anche economico. Le patologie arrecate dai funghi alle sole colture di riso, grano e mais costano all’agricoltura circa 46 miliardi di euro ogni anno.

Sul fronte ambientale, lo scenario non è migliore. Dando un’occhiata ai dati raccolti da ProMED e HealthMap, agenzie internazionali specializzate nel monitorare la comparsa e diffusione di nuove patologie, i ricercatori hanno scoperto che oltre 500 specie di anfibi e alcune specie di api, tartarughe marine, pipistrelli e coralli sono seriamente minacciate da funghi patogeni. Un trend in crescita, per gli animali come per le piante: dal 1995 al 2010, le infezioni fungine sono cresciute dall’ 1 al 7 per cento. Un problema per la biodiversità, ma anche per il riscaldamento globale. La moria o il danneggiamento di alberi causati dai funghi si traducono in circa 230-580 mega tonnellate di CO 2 che non vengono assorbite dalla vegetazione e contribuiscono ad arricchire la cappa atmosferica che ci sta surriscaldando.

Risalendo alla radice del problema, si scopre tuttavia che, seppur involontariamente, le cause sono sempre riconducibili alla nostra specie. I viaggi e il commercio hanno contribuito alla diffusione delle malattie fungine su scala mondiale a partire dalla metà del ventesimo secolo. Per questo, avvertono i ricercatori, la comunità internazionale deve impegnarsi ad aumentare i controlli alle frontiere sui prodotti di origine animale e vegetale (possibile veicolo di malattie) e a stanziare risorse per prevenire l’ulteriore diffusione di nuove infezioni.

(Credit per la foto: Dr. Dennis Kunkel/Visuals Unlimited/Corbis)

mercoledì 25 aprile 2012

Morricone - Arena Verona - 02 - Deborah's theme - YouTube

Forlì, secondo incontro del ciclo "Mutualità e cooperazione"

Elgar: Il sogno di Geronzio / Barenboim Larsson · · Berliner Philharmoniker - YouTube

Cobra Devours Rat - YouTube

Acqua e sole, l'Africa punta sulle rinnovabili - Wired.it

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Acqua e sole, l'Africa punta sulle rinnovabili
Al summit Eu-Onu Energia Sostenibile per tutti, l'Unione Africana individua nell'energia idroelettrica il volano per lo sviluppo del Continente Nero. Un progetto da 65 miliardi di dollari che cerca finanziatori
24 aprile 2012 di Gabriele Pieroni
L’ Africa potrebbe avere una risorsa che non è ancora stata sfruttata. Non si tratta di combustibili fossili, diamanti o piantagioni estensive di frutti tropicali che, come sappiamo, vengono massicciamente esportati per alimentare i consumi occidentali. Ma di una ricchezza locale che potrebbe essere adoperata a vantaggio dello stesso Continente Nero: l’energia idroelettrica.

È quanto messo in luce da Jean Ping, presidente della commissione dell’ Unione Africana, al summit Ue-Onu Energia sostenibile per tutti, tenutosi a Bruxelles nei giorni scorsi. Il progetto dell’Unione Africana, l’ Iniziativa idroelettrico 2020, punta a trovare i finanziamenti per uno sviluppo energetico in grado di adoperare i maggiori fiumi africani come fonte di energia pulita e rinnovabile.

Sono quattro i progetti in cantiere. Il primo interessa l’area di Inga, nella Repubblica democratica del Congo, con un potenziale di 774 TWh l'anno. Il secondo il bacino del Nilo, in Etiopia, con 290 TWh l’anno. Seguono la Fouta Djallon, in Guinea (19 TWh) e il bacino dello Zambesi (38TWh), per un totale di oltre 1100 TWh l’anno. Molto, moltissimo, considerato che l’attuale fabbisogno del continente non supera i 600 TWh all’anno.

Accanto al piano idroelettrico, l’Unione Africana ha lanciato anche Pida, cioè un programma per lo sviluppo delle infrastrutture in Africa basato su quattro pilastri: trasporti, energia, ICT e risorse idriche transfrontaliere. Pida è stato adottato ufficialmente a gennaio 2012 dall'ultima assemblea dei capi di stato e di governo ad Addis Abeba, in Etiopia, ed ora sbarca in Europa per cercare finanziatori. Il vantaggio è che in questo modo, spiega Ping, "il continente avrà un quadro strategico di sviluppo delle infrastrutture studiato per evitare la duplicazione di sforzi e di mezzi".

Il punto focale adesso è quello di trovare i finanziamenti: il programma ha infatti costi assai elevati: si parla di almeno 65 miliardi di dollari. Per il settore dell'energia e il periodo 2012-2020 ci sono 15 progetti, per un costo di 40 miliardi di dollari. Di qui l'invito di Jean Ping ad investire in Africa, oggi più che mai “attraente per i capitali stranieri”, ha concluso il presidente della commissione dell'Unione africana, ricordando che, nel prossimo futuro, il più povero dei continenti avrà una crescita media del 5% e, in termini di popolazione, supererà la Cina nel prossimo secolo.
L’idroelettrico non è la sola fonte rinnovabile che potrebbe aiutare lo sviluppo africano. Recentemente l’attenzione si è concentrata sul solare, considerato che nelle zone equatoriali i raggi del sole formano angolazioni ideali (anche di 90°) per massimizzare l'energia ricevuta. Attualmente il continente africano ospita impianti fotovoltaici della Sustainable Energy Solutions (SES) in Nigeria e in Congo. La tedesca Energiebau Solarstromsysteme ha sviluppato l'impianto fotovoltaico dello United Nations Environment Programme a Nairobi. In Tunisia, Algeria e Marocco la Nur Energy ha istallato recentemente nuovi impianti. Ulteriori strutture fotovoltaiche sono in progettazione da parte della Sunpower Afrique in Togo e da parte del progetto Desertec nella regione sahariana.

Per rendere davvero produttivo questo tipo di energia, però, mancano personale specializzato, investimenti a lungo termine che abbattano gli elevati alto costi di produzione dell’energia ed una rete elettrica in grado di sfruttare appieno il potenziale del solare. Sebbene qualcosa si stia muovendo - nel 2010 il progetto Solar Valley ha inaugurato ad Addis Abeba una scuola di specializzazione per il fotovoltaico - l’energia idroelettrica resta una strada più praticabile. Con l’augurio che come ha detto il commissario europeo allo sviluppo, Andris Piebalgs, l’energia prodotta divenga l’essenziale punto di partenza “per fornire cure sanitarie, istruzione e cibo a tutti”. “Investire in energia pulita nei Paesi più poveri - ha concluso il commissario – “aiuterà a raggiungere il doppio obiettivo di una crescita sostenibile ed inclusiva, mitigando i cambiamenti climatici”.

(Credit per la foto: Liz Gregg/moodboard/Corbis )

Documento sin título

martedì 24 aprile 2012

Toy Testing - YouTube

Una discriminazione che dura da troppo tempo!

Una discriminazione che dura da troppo tempo!

«Gli sgomberi fanno male, portano via i nostri diritti e la nostra dignità.»

Madalina vive in Italia dal 2000. Ha un lavoro, come addetta delle pulizie, e cerca di allevare i suoi cinque figli. Ma per lei la vita in Italia non è facile, perché è rom.

Madalina ha vissuto in diversi campi molto spesso degradati, senza acqua, fognatura né elettricità. È stata svegliata all'alba dal rumore di una ruspa arrivata per sgomberare il campo; ha visto distruggere la baracca in cui viveva e i pochi beni che la sua famiglia aveva, compresi i libri di scuola dei suoi bambini.

Madalina, come i tanti rom che in Italia vivono nei campi - 40.000 secondo la Commissione straordinaria per la tutela e la promozione dei diritti umani del senato - ha visto la sua condizione addirittura peggiorare dal 2008, quando il governo emise un decreto che ha dato il via alla cosiddetta “emergenza nomadi”.

Grazie ai poteri speciali conferiti da questo decreto infatti le autorità locali e le prefetture, soprattutto quelle di Roma e Milano, hanno elaborato programmi che hanno ancora di più discriminato e segregato migliaia di uomini, donne e bambini. Le autorità hanno sgomberato con la forza e lasciato senza casa centinaia di famiglie; hanno trasferito tante altre in container allestiti in campi sovraffollati, relegati nelle periferie delle città, lontani da servizi, scuole, lavoro e dalla possibilità di riscattarsi dalla povertà e dall'esclusione.

Il 16 novembre 2011 il Consiglio di stato, il più alto organo di giustizia amministrativa in Italia, ha dichiarato illegittimo il decreto governativo del 2008 perché discriminatorio. Tecnicamente tutti gli atti adottati sulla base dei poteri speciali avrebbero dovuto essere considerati nulli.

Eppure non è così. A Roma e Milano, gli sgomberi forzati continuano senza sosta e le autorità sembrano intenzionate a portare avanti i loro piani senza modificarli né assicurarne la coerenza con norme e standard internazionali.

Lo stesso governo italiano, che ha espresso la volontà di superare la fase dell'”emergenza nomadi”, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione per ribaltare la decisione del Consiglio di stato; se il ricorso dovesse essere accolto, il governo avrebbe la possibilità di ripristinare in futuro l'”emergenza nomadi” e priverebbe le famiglie colpite della possibilità di ottenere rimedi efficaci per i danni subiti.

Dichiarare uno stato d'emergenza su basi infondate nei confronti di una minoranza etnica è stato uno scandalo per i diritti umani. L'Italia deve rispettare i diritti delle persone rom!

Chiedi al governo italiano di dare seguito alla sentenza del Consiglio di stato.

Approfondisci  |  Firma l'appello > 

Spettacolare Moscone - Wonderful Blowfly - YouTube

Hang Massive - Once Again - 2011 ( hang drum duo ) ( HD ) - YouTube

lunedì 23 aprile 2012

Davide contro Golia - Cronache del G8 di Genova PROMO - YouTube

Galileo - Giornale di Scienza | Come nascono i nomi dei colori

Szymanowski: Symphony No. 4 / Hamelin · Heras-Casado · Berliner Philharmoniker - YouTube

Paul McCartney 'My Valentine' Con Natalie Portman e Johnny Depp - YouTube

Sir Paul McCartney stupisce ancora. Lo fa con il video del suo recentissimo album Kisses on the Bottom. A interpretare le parole della canzone strappalacrime My Valentine ha chiamato nientemeno che la bellissima Natalie Portman che mostra di saperso esprimere molto bene anche con il linguaggio gestuale dei sordi e Johnny Depp che invece se la cava a strimpellare qualche assolo con la chitarra.

OK Go - Skyscrapers - Official Video - YouTube

domenica 22 aprile 2012

Twitvid

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Pink Floyd - Keep Talking (HQ Audio) - YouTube

Alice keys e Arturo Sandoval - YouTube

Claudio Roditi & Arturo Sandoval - YouTube

Istituto Italiano di Tecnologia

via iit.it

Wonderful Africa Chill Out Music - YouTube

Lauren Thalia Turn My Swag On - Britain's Got Talent 2012 audition - International version - YouTube

Alexander Grigoriev (Alexander Grigoriev) - YouTube

Epicuro: filosofia, opere e teoria del piacere - Scuola online e lezioni - Oilproject

Epicuro: filosofia, opere e teoria del piacere

inserita il: 21/04/2012

categoria:

Filosofia antica

relator: Jacopo Nacci

Lezione a cura dello Staff di Oilproject

Descrizione

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Epicuro (Samo, 341 a.C. – Atene, 271 a.C.) è maestro a Mitilene, a Lampsaco e ad Atene, dove rimane fino alla morte. Di lui ci rimangono diversi scritti tra i quali la lettera a Erodoto, che tratta di fisica, e la lettera a Meneceo, che tratta di morale. La scuola di Epicuro era il suo stesso giardino; basata sull’amicizia e sulla solidarietà, alla scuola potevano partecipare anche le donne e gli schiavi.

La filosofia di Epicuro si compone di canonica, ovvero teoria della conoscenza, fisica ed etica.
Il criterio di verità è costituito da tre facoltà dell’anima: 1) le sensazioni, 2) le anticipazioni e 3) le emozioni. Le sensazioni e le anticipazioni sono criteri teoretici del vero e del falso, le emozioni sono criteri di scelta e rifiuto e riguardano la morale. L’errore può dimorare nell’opinione, che è vera solo se confermata dai sensi.

La fisica di Epicuro è materialista e meccanicista, e riprende l’atomismo da Democrito. La differenza sostanziale tra la fisica di Epicuro e quella di Democrito sta nel fatto che gli atomi di Epicuro sono soggetti a parenklisis, o clinamen, una variazione di traiettoria casuale, non sottoposta alla necessità. Al meccanicismo sfugge anche l’azione umana, che è dunque libera o guidata dalle passioni.

L’etica epicurea è un edonismo, ovvero identifica il bene con il piacere, non dinamico ma stabile: la felicità è atarassia, assenza di dolore morale, e aponia, assenza di dolore fisico.

Video lezione

sabato 21 aprile 2012

Erykah Badu - Your Mind (Live) - YouTube

Erykah Badu - Other Side Of The Game - YouTube

George Benson, Diana Krall and Erykah Badu - YouTube

Route 66 - Natalie Cole, Diana Krall - YouTube

Oscar Peterson Trio - "Satin Doll" - 1989 - YouTube

Oscar Peterson & Count Basie - Slow Blues - YouTube

Chet Baker live in Isernia 1981 - "Just Friends" (Exclusive - Very Rare Live Version) - YouTube

Pat Metheny - As It Is (DVD version) - YouTube

Pat Martino Trio with John Scofield - Sunny - YouTube

Makers, protagonisti della Terza Rivoluzione Industriale - Wired.it

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Lo aveva detto Chris Anderson, direttore di Wired Us, in un saggio di più di due anni fa, è una specie di mantra in questa edizione del Salone del Mobile e nel mondo del design, e ora lo dice anche l’ Economist: siamo nel pieno della Terza Rivoluzione Industriale, e suoi protagonisti sono i makers, quelli che se hanno un'idea, la realizzano direttamente. La trasformazione è già in atto perché è cominciata con la digitalizzazione dell'industria.

Questa settimana il magazine inglese dedica all'argomento la copertina e un lungo servizio. Con Anderson e gli altri condivide questa visione: verso la fine del 1700 siamo passati dalle singole persone chine sui telai, alle fabbriche tessili che contavano centinaia di lavoratori; verso l'inizio del 1900 è arrivato Henry Ford ed è cominciata la produzione di massa; ora che le tecnologie stanno convergendo e che molto è a portata di un click, si chiuderà il cerchio, in un certo senso. Ovvero: “ le industrie del futuro si focalizzeranno sulla personalizzazione di massa, e potrebbero assomigliare più alle piccole case con i telai che non alle catene di montaggio della Ford”.

Cosa significa? Pensiamo al grande sviluppo delle stampanti 3D e a quello che ormai possono creare semplicemente sovrapponendo strati di materiale. A un designer digitale presto potrebbero bastare pochi gesti per dare forma alle sue idee. Che si trovi in un piccolo villaggio in Africa o nel suo garage in qualche grande città. Con il vantaggio che Internet offre: collaborare a distanza con altri progettisti in qualsiasi momento. Troppo futuristico? Forse, anche in realtà se la stampa 3D viene già usata per produrre componenti hi-tech di jet militari e apparecchi acustici, come ricorda l' Economist. Che immagina un domani in cui non ci dovremo più disperare per un pezzo di ricambio di un oggetto andato fuori produzione.

Ovviamente le possibilità messe in gioco dai nuovi sistemi di produzione e dai nuovi materiali sono solo una parte della storia. Interessante non è solo come le cose verranno costruite, ma anche (se non soprattutto) dove. Perché nei nuovi sistemi il costo della manodopera incide sempre meno. L' Economist fa l'esempio, esplicativo, dell' iPod: la prima generazione di questi gingilli costava 499 dollari, di cui 33 andavano a coprire il lavoro manuale. Il costo dell'assemblaggio finale, in Cina, era di soli 8 dollari.

Il fenomeno non si limita alla produzione di oggetti tecnologici e sembra esserci un trend in corso che vede il ritorno della produzione nei paesi in cui si trovano le aziende. Il motivo è che chi vende vuole rispondere sempre più velocemente alle esigenze di chi compra, e certi prodotti sono così sofisticati che ideatore e realizzatore devono lavorare nella stessa stanza.

Boston Consulting Group, multinazionale di consulenza di management e business, prevede che nelle aree dei trasporti e dei computer, come nell'industria metallurgica e meccanica, entro il 2020, gli Stati Uniti costruiranno in casa dal 10 al 30% di ciò che ora importano dalla Cina.

Il passaggio, per quanto lento, non sarà indolore, come è stato per la Prima e per la Seconda Rivoluzione Industriale. Il problema non sarà per i consumatori, ma per gli imprenditori che non adegueranno il loro sistema di produzione. I governi saranno portati a proteggere le imprese esistenti piuttosto che le idee emergenti, e daranno più peso all'industria manifatturiera che alle società di servizi, scrive il magazine. Ma la linea di demarcazione tra i due settori è sempre meno netta e i politici dovrebbero preoccuparsi di soprattutto di offrire buone scuole e leggi chiare, uguali per tutti gli imprenditori.

(Credit per la foto: crazyoctopus@flickr)

Il rumore della tua vita - Wired.it

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DAILY WIRED NEWS CULTURA
Il rumore della tua vita
I suoni non solo ci aiutano a definire lo spazio in cui viviamo, ma servono al nostro equilibrio. Chi resiste al silenzio assoluto? Sicuramente non la Barbara di Wired.it
20 aprile 2012 di Barbara Lazzari
Non so voi, ma io vivo in un condominio formato da tre palazzi che si affacciano internamente su un unico cortile. Questo vuol dire che tutte le domeniche mattina, quando uno dovrebbe dormire in totale serenità si finisce con l’essere svegliati alle 9 del mattino dai ragazzi del secondo piano che per darsi la carica ascoltano hip hop a palla e nel frattempo pogano contro il muro. O almeno così sembra dai rumori sordi che fanno. Il silenzio dura poco. La famigliola al primo piano si prepara per la messa delle 11 intonando qualche canto. La mamma alla tastiera, il babbo alla chitarra, i bimbi sul divano a fare il coro. Poi con l’avvicinarsi dell’ora di pranzo il cortile si affolla delle voci dei telegiornali, il rimbombo diviene confusione, puro rumore.

Non c’è modo di dormire in questo condominio. I tappi gialli li ho provati ma il mio orecchio li risputa fuori inorridito. Isolare acusticamente la stanza sarebbe troppo costoso, l’unica soluzione praticabile sarebbe lamentarsi pubblicamente, ma farei la parte dell’ acida rompiscatole e sono troppo giovane per questo ruolo. Finisce che mi alzo anche io e partecipo alla sonorizzazione condominiale ascoltando The Big Chill o.s.t. a tutto volume.

E capisco che la musica così è tutta un’altra cosa. Chissà perché i nostri rumori non ci danno mai noia. Tranne forse quelli, naturalissimi, che potrebbero scapparci in bagno. E come li risolviamo? Coprendoli con rumori più forti, come una radio o con un aggeggio che si chiama Sound Princess, invenzione di quei perversi dei giapponesi che una volta azionato riproduce un fortissimo rumore di acqua che scorre: l’imbarazzo è risolto.

Sono rumori naturali anche i gemiti di alcuni tennisti eppure a molti danno fastidio, e allora ci si guarda il torneo con Wimbledon NetMix e la De Brito diverrà miracolosamente silenziosa.

Vi infastidisce il collega che picchia sulla tastiera come stesse scrivendo una lettera carica d’odio? Comprategli il silenziatore di Thanko, lo aiuterà anche a tenere le mani al caldo nei mesi invernali.

Al pub c’è troppa confusione, musica altissima, non si riesce a parlare? Potevate stare a casa, ma visto che vi piace avere gente attorno portatevi dietro le acoustic spheres, vi godrete comode e magnifiche conversazioni tête-à-tête senza dare troppo nell’occhio.

In cerca del silenzio perfetto hanno inventato la stanza anecoica, ma l’effetto che fa è talmente innaturale che nessuno è mai resistito lì dentro più di 45 minuti.

Siamo esseri rumorosi che vivono nel rumore altrui, basterebbe solo un minimo di educazione. Invece so già che con il caldo estivo e le finestre aperte tutto il giorno, sentirò parola per parola i litigi della coppia al quarto piano. Mi godrò la nonna urlante che redarguisce i bambini al silenzio, la signora in balcone al telefono con la figlia e le sfide notturne di karaoke di quelli all’ultimo piano. Alla faccia di quelli che dicono che a Milano la gente non ti dà confidenza.

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Xna, il dna artificiale per una vita alternativa - Wired.it

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DAILY WIRED NEWS SCIENZA
Xna, il dna artificiale per una vita alternativa
Il dna e l’rna non sono le uniche molecole biologiche in grado di duplicarsi ed evolversi. I biologi sono sempre più bravi nel creare polimeri genetici sintetici. Gli ultimi arrivati sono gli Xnas. Che permetteranno di modificare e ridistribuire dati evolutivi e ereditari
20 aprile 2012 di Martina Saporiti
La biologia che conosciamo, quella su cui si basa la vita sulla Terra, ha un alfabeto ben definito. Ci sono le lettere (detti nucleotidi) che formano le parole (cioè i geni) racchiuse nel vocabolario (il genoma), ovvero le lunghe stringhe del dna e dell' rna. Queste, per quanto ne sappiamo, sono le due uniche molecole biologiche capaci di immagazzinare informazioni e trasmetterle attraverso un processo di duplicazione. Non è detto, però, che siano state le protagoniste della vita primordiale, né che non sia possibile sintetizzarne di altro tipo. Lo dimostra Vitor Pinheiro del Medical Research Council di Cambridge, in Gran Bretagna, che in uno studio su Science spiega come assemblare nuovi acidi nucleici: gli xna (xeno-nucleic acids) con le stesse caratteristiche e funzionalità di dna e rna.

Gli xna sono varianti della ricetta molecolare originale: hanno uno scheletro costituito dalle stesse basi azotate (adenina, guanina, citosina e timina) e dai cosiddetti gruppi fosfato, ma non usano gli stessi zuccheri. Al posto del deossiribosio del dna e del ribosio dell’rna, infatti, possono incorporare uno di 6 zuccheri differenti. E nonostante questo cambiamento, riescono lo stesso a immagazzinare informazioni e a trasmetterle. In più, uno dei 6 xna, quello con lo zucchero anidroxilitolo, chiamato hna, è capace di evolversi in laboratorio.

Il lavoro dell’équipe di Pinheiro rientra in un filone di ricerca che tenta sia di individuare forme di vita alternative a quelle terrestri ( esobiologia) sia di risalire alle prime molecole biologiche con capacità informative apparse sulla Terra. Una delle ipotesi più accreditate a riguardo vede protagonista il tna, un acido nucleico con zucchero treosio, anche se secondo alcuni è una molecola troppo complessa per poter essere considerata l’ antenata dei moderni dna e rna. Lo stesso discorso vale per gli xna, che tuttavia possiedono alcune caratteristiche che li rendono un preziosi per i ricercatori interessati a esplorare le potenzialità, in campo medico, industriale e biotecnologico, dei polimeri genetici sintetici.

Quali caratteristiche? Innanzi tutto la capacità di replicarsi. Attraverso un apparato enzimatico creato ad hoc dai ricercatori in laboratorio, la sequenza di lettere degli xna viene copiata in una sequenza complementare di dna che, a sua volta, servirà da stampo per assemblare un nuovo filamento di xna uguale a quello di partenza. Il processo è piuttosto efficiente e per alcuni tipi di xna arriva addirittura al 99,6% di accuratezza. Il fatto che questi acidi nucleici sintetici riescano a duplicarsi è di fondamentale importanza: solo in questo modo, infatti, l’ informazione può passare di generazione in generazione.

Ma dove c’è ereditarietà c’è evoluzione, e gli xna non fanno eccezione.
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"Capo di Buona Speranza, Sud Africa La maggior parte sud-occidentale Point of Africa." - (©) AIRPANO.COM - Project by Oleg Gaponyuk

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Cina, 60 ° Anniversario Military Parade - cinesi donne soldato (HD) - YouTube

Il relativismo contemporaneo filosofia inevitabile e virtuosa - Corriere.it

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«Nel campo di coloro che cercano la verità non esiste nessuna autorità umana e chiunque tenti di fare il magistrato viene travolto dalle risate degli dèi». È questo il messaggio epistemologico di Albert Einstein. Lo stesso di quello di Karl Popper: «Tutta la nostra conoscenza rimane fallibile, congetturale. Il vecchio ideale scientifico dell' episteme - della conoscenza assolutamente certa, dimostrabile - si è rivelato un idolo. L'esigenza dell'oggettività scientifica rende ineluttabile che ogni asserzione della scienza rimanga necessariamente e per sempre allo stato di tentativo. Non il possesso della conoscenza, della verità irrefutabile, fa l'uomo di scienza, ma la ricerca critica, persistente e inquieta della verità». Tutta la ricerca scientifica, in qualsiasi ambito essa venga praticata - in fisica e in economia, in biologia e in storiografia, in chimica come nella critica testuale - si risolve in tentativi di soluzione di problemi, tramite la proposta di ipotesi o teorie da sottoporre ai più severi controlli al fine di vedere se esse sono false. Cerchiamo, insomma, di falsificare, dimostrare false le nostre congetture per sostituirle, se ci riusciamo, con teorie migliori, vale a dire più ricche di contenuto esplicativo e previsivo. Ciò nella consapevolezza che, per motivi logici, non ci è possibile dimostrare vera, assolutamente vera, nessuna teoria: anche la teoria meglio consolidata resta sempre sotto assedio.

La realtà è che evitare l'errore è un ideale meschino; se ci confrontiamo con problemi difficili è facile che sbaglieremo; conseguentemente, razionale non è un uomo che voglia avere ragione, ma è piuttosto un uomo che vuole imparare: imparare dai propri errori e da quelli altrui. Ancora Popper: l'errore commesso, individuato ed eliminato è il debole segnale rosso che ci permette di venir fuori dalla caverna della nostra ignoranza. Dunque, nello sviluppo della ricerca scientifica, non ogni teoria vale l'altra e, di volta in volta, accettiamo quella teoria che ha meglio resistito agli assalti della critica. Il fallibilismo, in breve, è la via aurea che, in ambito scientifico, consente di evitare sia il dogmatismo sia l'arbitrio soggettivistico.

Ora, la storia delle vicende umane, come anche la realtà dei nostri giorni, ci mostra una Terra inzuppata di sangue versato in nome di concezioni etiche legate a differenti prospettive filosofiche e religiose. Partendo dall'esperienza, ripete Max Weber con John Stuart Mill, si giunge al politeismo dei valori. E con ciò siamo nel mezzo delle questioni connesse al relativismo etico. Certo, è falso sostenere che tutte le etiche sono uguali. «Ama il prossimo tuo come te stesso» è un principio ben diverso da quello dove si grida «occhio per occhio dente per dente», o da quello leninista per cui «la morale è in tutto e per tutto soggetta agli interessi della lotta di classe del proletariato», talché «non bisogna accarezzare la testa di nessuno: potrebbero morderti la mano. Bisogna colpirli sulla testa senza pietà».

Maurits Cornelis Escher, «Encounter» (1944). Escher (Leeuwarden, 17 giugno 1898 – Laren, 27 marzo 1972) è stato un incisore e grafico olandese. È conosciuto per le sue litografie e mezzetinte che tendono a presentare costruzioni impossibili, esplorazioni dell’infinito e spazi a motivi e geometrie indefinite e variabili.

Dunque, tutte le etiche sono diverse, ma ce n'è una migliore delle altre? C'è, insomma, un qualche principio etico che, razionalmente fondato, possa valere erga omnes ? Si tratta di un'inevitabile domanda che, tuttavia, non pare possa avere una risposta positiva. Simile risposta positiva non può darsi se vale quella che si chiama «legge di Hume», la quale stabilisce l'impossibilità logica di dedurre asserti prescrittivi da asserti descrittivi. È questa, per usare un'espressione di Norberto Bobbio, una legge di morte per ogni tentativo di giustificazione razionale di qualsiasi sistema etico. La scienza sa, l'etica valuta. Molto può fare la ragione nell'etica, ma la cosa più importante che essa può fare in ambito etico sta nel farci comprendere che l'etica non è scienza. Esistono spiegazioni scientifiche e valutazioni etiche: non esistono spiegazioni etiche. Da tutta la scienza non è estraibile un grammo di morale. I princìpi etici si fondano su scelte di coscienza e non sulla scienza. Pluralismo di valori, dunque scelta; scelta, dunque libertà; libertà dunque responsabilità. Inevitabile la scelta, perché inevitabile il relativismo inteso esattamente quale esito della non fondabilità razionale di qualsiasi principio etico. In un simile orizzonte la «legge di Hume» si configura come la base logica della libertà di coscienza, mentre la presunzione di essere in possesso di fundamenta inconcusse del proprio sistema etico genera facilmente fondamentalisti inquisitori, i quali si sentiranno divorati dallo zelo di imporre agli altri il «Vero» e il «Bene», magari a costo di lacrime e sangue. È davvero difficile dar torto a Hans Kelsen quando scrive che «il relativismo è quella concezione del mondo che l'idea democratica suppone». E non va dimenticato che la società aperta è aperta al maggior numero di idee e ideali diversi e magari contrastanti, ma che è, appunto, aperta e non spalancata; essa, pena il suo autodissolvimento, è chiusa a tutti gli intolleranti e ai violenti - animata, come è, da quel decreto umanitario che stabilisce che «non c'è nessun uomo che sia più importante di un altro uomo». Ma, e qui l'interrogativo si impone, che cosa sarebbe questa nostra « cum-scientia » umanitaria, che cosa sarebbe in altri termini l'Occidente senza il messaggio cristiano? E se da un punto di vista fattuale appare inconsistente la posizione di quanti sostengono che del fiume della nostra storia il cristianesimo sarebbe nulla più che un affluente insignificante e non una sua poderosa sorgente, sorprende l'insistenza di tanti intellettuali cattolici i quali pensano che sia la ragione, al di fuori della Rivelazione, a stabilire, in maniera ultima e definitiva, ciò che è Bene e ciò che è Male. Ma quale ragione, la ragione di chi, è in grado di approdare a simili «assoluti terrestri»? Non è questa una forma di neopelagianesimo, dove il messaggio di Cristo viene trasformato, dal più al meno, in uno strofinaccio dell'argenteria di Aristotele, di Grozio o di Locke?

Blaise Pascal: «Nulla in base alla pura ragione è di per sé giusto, tutto muta col tempo» - e tutti i nostri «lumi» potranno solo farci conoscere che «noi non troveremo né la verità né il bene». E, allora, Pascal è un «fideista» perché disprezza la ragione o è un iper-razionalista consapevole dei limiti della ragione? E non è proprio in un mondo lacerato dalla disperazione, alla ricerca di un bene o senso assoluto non costruibile da mani umane, che risplende il messaggio cristiano nel suo più profondo significato sia esistenziale che politico per la storia dell'Occidente? D'altro canto, per il cristiano solo Dio è assoluto e tutto ciò che è umano è storico, contestabile, perfettibile, insomma non assoluto. La fede cristiana - che, essendo appunto fede, viene abbracciata e va testimoniata, proposta e non imposta - libera l'uomo dall'idolatria, anche dall'idolatria di una ragione concepita come Dea-Ragione. La ragione non è quella prostituta di cui parla Lutero, ma non è nemmeno quella dea davanti alla quale seguitano a inginocchiarsi i seguaci - laici e cattolici - delle svariate forme di fondamentalismo razionalistico. La ragione, piuttosto, è una preziosa lanterna, da tenere sempre accesa, necessaria per la correzione dei nostri errori; indispensabile perché le nostre scelte vengano compiute a occhi aperti, vale a dire con l'intelligenza delle loro conseguenze; e capace di scrutare quei limiti di se stessa, senza la cui consapevolezza popoleremmo la Terra, come insegnano tragiche esperienze del passato e del presente, di idoli mostruosi assetati di sangue.

Dario Antiseri

venerdì 20 aprile 2012

L'ALLARME DELL' UNIONE EUROPEA SULLE TEMPESTE SOLARI DEL 2013 - YouTube

L'hacker siriano che difende i dati dei dissidenti - Wired.it

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L'hacker siriano che difende i dati dei dissidenti
Si chiama Dishad Othman ed è il cyber-eroe delle rivoluzioni arabe: ha partecipato a quella egiziana, tunisina e libica e ora lotta per il suo paese. La nostra video intervista
19 aprile 2012 di Vittoria Iacovella

Ci dà appuntamento per la prima volta in un pub di Beirut. Dlshad Othman è il cyber-eroe delle rivoluzioni arabe, ha partecipato a quella egiziana, tunisina e libica e ora lotta per il suo paese.
E’ siriano, della minoranza curda, rifugiato in Libano perché ricercato in patria a causa della sua attività sul web. Un’aria bohèmienne. Ordiniamo delle birre, la musica è alta. Nel primo approccio cerco di essere discreta. Temo non voglia parlare apertamente della sua attività di ribelle, web-attivista dissidente. So che è rischioso quello che fa, immagino tema in ogni momento di essere arrestato o sequestrato. Sta mettendo il dito nell’occhio del Grande Fratello di Damasco. E’ fuggito dalla Siria nella quale ha vissuto fino alla scorsa estate, arrestato nel 2008 ora è ricercato. Gli spiego che mi piacerebbe intervistarlo e fargli fare delle foto, ma posso organizzarmi per garantirgli l’anonimato.

Mi dice che non c’è problema, che posso dire il suo nome e cognome, mostrare la sua faccia perché lui ormai non si nasconde più. Dlshad Othman parla con voce calda e tono calmo, sorride. Vorrei regalargli una vocale da mettere tra le prime lettere di quel nome impronunciabile e lo scruto, cercando un soprannome da appioppargli. Ci rivediamo la sera successiva, nel centro di Beirut, e da lì prendiamo un taxi per andare a casa sua. Per precauzione, chiede all’autista di lasciarci in una via un po’ lontana dalla destinazione. Percorriamo quasi al buio e sotto la pioggia gli ultimi 500 metri che ci separano dal suo appartamento. L’ascensore è rotto. Sette, otto piani a piedi, non finiscono più. Accoglie me e il fotografo in un appartamento freddo e spoglio nella periferia moderna della città. Un divano arancione, una stufa a gas, il muro bianco macchiettato dall’umidità. E’ un ex bambino che amava smanettare al computer, ora al suo gioco virtuale sono appese la libertà e la vita di molte persone. Gli chiedo chi sia il suo nemico principale. Mi fissa, sa che vengo da Roma, e sorride: la società italiana Area Spa cui si aggiunge la statunitense Blue Coat.

Queste hanno venduto al regime il sistema operativo che usa per spiare, intercettare e controllare tutti. Sono moltissime le compagnie informatiche che forniscono ai governi i mezzi per controllare e reprimere le opposizioni. Se ne è parlato poco tempo fa all’interno di un’importante inchiesta fatta da Bloomberg news. Ha creato Virtus Linux, un sistema per criptare e proteggere tutti i dati e ora lo sta diffondendo a tutti quelli che ne hanno bisogno, specialmente oppositori e giornalisti. Si muove su Linux e Ubuntu, è open source. In una chiavetta usb grande qualche millimetro hai tutto il sistema necessario a un computer virtuale in cui puoi salvare documenti, files di ogni genere, inviare mail, chattare con messenger o skype.

Molti siriani vengono in Libano con un visto turistico e fanno un training di quattro giorni con lui per capirne bene il funzionamento. Per chi non può muoversi ci sono le istruzioni o il tutorial online. Un gran lavoro. Combatte ogni giorno una rivoluzione sanguinosa, le sue armi sono il laptop e il telefono cellulare con la rubrica vuota. Mi confessa di sapere a memoria più di cinquecento nomi e numeri. “ Sono nel luogo più sicuro, nel quale nessuno può entrare, la mia testa”.

intervista e montaggio di Vittoria Iacovella
immagini Francesco Alesi

Grotte di Ajanta ..... Maharastra - YouTube

Le Grotte di Ajanta (अजिंठा लेणी), Maharashtra, India sono 29 scavate nella roccia monumenti rupestri che risalgono al secondo secolo aC. Le grotte sono dipinti e sculture considerati capolavori di arte buddhista sia religiosa (che raffigurano le storie Jataka), così come affreschi che ricordano i dipinti Sigiriya in Sri grotte Lanka.The sono stati costruiti in due fasi a partire da circa 200 aC, con il secondo gruppo di grotte costruite intorno al 600 dC.
Dal 1983, le grotte di Ajanta sono un patrimonio mondiale dell'UNESCO. Le grotte si trovano nello stato indiano del Maharashtra, vicino a Jalgaon, appena fuori dal villaggio di Ajinṭhā (20 ° 31'56 "N 75 ° 44'44" E). Le grotte sono solo circa 59 chilometri dalla stazione ferroviaria Jalgaon (su Delhi - Mumbai, la linea ferroviaria delle ferrovie Centrale, India), e 104 chilometri da Aurangabad (Da Ellora Caves 100 chilometri) Le Grotte di Ajanta sono stati scolpiti nel 2 ° secolo aC out. di ferro di cavallo a forma di roccia lungo il fiume Waghora. Sono stati utilizzati dai monaci buddisti come sale di preghiera (chaitya grihas) e monasteri (viharas) per circa nove secoli, poi improvvisamente abbandonato. Sono caduti nel dimenticatoio fino a quando furono riscoperte nel 1819. Il 28 aprile 1819, un ufficiale britannico per la Presidenza Madras, John Smith, mentre era a caccia della tigre, scoperto per caso l'ingresso ad uno dei templi rupestri Cave (n. 9) in profondità all'interno del sottobosco. Esplorare quella grotta in primo luogo, da tempo una casa a niente di più uccelli e pipistrelli e una tana per altri, più grandi, gli animali, il capitano Smith ha scritto il suo nome a matita su una delle pareti. Ancora debolmente visibile, registra il suo nome e la data, aprile 1819.
Poco dopo questa scoperta, le Grotte di Ajanta è diventato famoso per il loro ambiente esotico, imponente architettura, arte storica, e lungo la storia dimenticata
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