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sabato 29 ottobre 2011

Docenti, ricercatori e studiosi in difesa del valore della Costituzione Italiana: firma la bozza d’appello | Phenomenology Lab

Un pericolo grande minaccia in questo momento la nostra comunità nazionale. Se ci arrischiamo a denunciarlo pubblicamente, in un modo e con mezzi che non sono quelli del nostro mestiere – e cioè la ricerca, la formazione e l’informazione – è perché non ci pare che ce ne sia ancora sufficiente consapevolezza. Scorgiamo segni di questo pericolo in alcune dichiarazioni pubbliche di esponenti politici, in particolare quelle che urtano manifestamente contro alcuni articoli della nostra Costituzione. Fin dal 1988 la Corte costituzionale ha detto in modo netto che “i principi supremi” della Carta non possono essere “sovvertiti o modificati nel loro contenuto essenziale neppure da leggi di revisione costituzionale” e che i diritti inviolabili dell’uomo non sono “sopprimibili neanche dalla maggioranza e neanche dalla unanimità dei consociati” perché “patrimonio irretrattabile della persona umana”. Ignorare questi principi è rischiare la distruzione degli elementari presupposti etici o pre-politici di uno Stato di diritto.

Senza alcuni elementari presupposti, il principio di maggioranza non basta a tutelare il cittadino da ogni sorta di abusi e arbitri di chi detiene il potere, come dimostra la tragica esperienza dei totalitarismi del secolo scorso, e dei regimi populistici e autoritari che si prolungano in questo secolo. Chiunque dovrebbe riconoscere questo fatto, a prescindere dalle sue posizioni o simpatie politiche.

Se chiamiamo “etici” questi presupposti, è perché essi, giunti a chiara formulazione come principi dopo l’esperienza tragica del secolo scorso, sono principi universali che vincolano al rispetto dell’eguale dignità e degli eguali diritti di ogni persona. In quanto recepiti nella Costituzione, questi principi vincolano ogni futura legislazione al rispetto di questo criterio, e quindi tutelano ciascuno di noi nei confronti di ogni abuso o arbitrio che possa esserci inflitto da chiunque eserciti il potere.

Secondo la nostra Costituzione (Art. 2) “La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo”. Ma il primo articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (che corrisponde in effetti nei suoi due punti fondamentali all’Art. 3 della nostra Costituzione), recita che “Tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti”.

Dietro questa formulazione leggiamo i due principi che definiscono in campo morale e civile la modernità, da Kant paragonata all’età della ragione, all’età adulta degli esseri umani, alla loro maturità morale. I due principi sono (1) il principio di autonomia della persona, che non è per natura o nascita soggetta alla volontà di nessuna altra persona; ogni persona – in quanto soggetto di convinzioni, valori, scelte e azioni – è riconosciuta godere di dignità non inferiore a quella di nessun’altra; (2) il principio di eguaglianza di fronte alla legge di tutte le persone, che questa loro autonomia possono esercitare soltanto nei limiti stabiliti dai codici civile e penale.

I principi di autonomia e di eguaglianza sono in effetti impegni obbliganti per ogni futuro legislatore in materia, rispettivamente, di libertà civili e di giustizia. Proprio per introdurre limitazioni oggi incostituzionali nella sfera delle libertà civili (in materia di fine vita, di espressione, di stampa, di opinione e coscienza) e nella sfera della giustizia (impunità di chi ricopre incarichi istituzionali anche relativamente a reati commessi non nell’esercizio di tali incarichi) si suggeriscono revisioni della Costituzione che potranno vanificare precisamente i fondamenti pre-politici del nostro Stato, posti a garanzia del suo essere e restare uno Stato di diritto.

Tacere di fronte alla minaccia che grava sopra questi fondamenti è in qualche modo rendersene complici. Il silenzio, il conformismo, l’indifferenza sono l’altra faccia della sopraffazione dell’argomentazione razionale attraverso la violenza dei toni e delle parole, la volgarità dei gesti o il soffocamento del dibattito pubblico nell’incongruo linguaggio dell’odio e dell’amore. Ma se vengono da chi ha un ruolo nella formazione dei giovani attraverso la scuola e l’università, e più in generale dell’opinione pubblica attraverso la scienza, l’arte e la cultura, indifferenza e silenzio sono segni di irresponsabilità anche di fronte alle generazioni future: contribuiscono a restringere sempre più il margine di libertà e le speranze di giustizia di chi seguirà.

Invitiamo dunque tutti coloro che sentono la loro parte di responsabilità nella costruzione del comune avvenire a rafforzare con la loro adesione, e soprattutto con la loro libera voce, questa denuncia del grave pericolo che siano distrutte le basi di una società civile degna del nome. E con esse le speranze delle nostre madri e dei nostri padri e l’avvenire dei nostri figli.

Chiunque, concordando con le preoccupazioni alle quali s’è qui inteso dar voce, volesse sottoscrivere l’appello, è sufficiente inserisca a suo commento NOME e COGNOME, E-MAIL, PROFESSIONE (es. Stefano Cardini, cardesio67@yahoo.it, giornalista, Arnoldo Mondadori Editore), per mezzo della maschera in fondo a questa pagina. L’appello è una bozza alla quale nelle prossime settimane s’intende dare massima diffusione. Ogni commento in calce da parte di chi intenda sottoscriverlo, volto a migliorarla o integrarla, è benvenuto.

Grazie

(La Redazione del Phenomenology Lab)

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This entry was posted on giovedì, dicembre 24th, 2009 at 20:17 and is filed under Pensando a ciò che accade..., Temi di ricerca, etica, ontologia sociale. You can follow any responses to this entry through the RSS 2.0 feed.

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