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giovedì 31 maggio 2012

Spinelli: il sogno nel pensiero antico

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Cos'è il fracking e perché non ha causato il sisma in Emilia - Wired.it

Non è in corso nessuna operazione di fracking né altre forme non convenzionali – per esempio l'estrazione del cosiddetto shale gas - di sfruttamento dei giacimenti di gas in Emilia Romagna e nemmeno sul resto del territorio nazionale. La smentita ufficiale arriva da fonti del Ministero dello sviluppo economico, che hanno tenuto a precisare che non sono state rilasciate autorizzazioni per pratiche di questo tipo e che – con ogni probabilità – non verranno rilasciate neanche in futuro.

Con queste parole se ne va d’incanto anche l’ ennesima bufala che è circolata in Rete a proposito del terremoto che ha colpito l’ Emilia. Quella cioè che voleva che questo poco frequente evento sismico fosse stato causato da una serie di operazioni che venivano effettuate nel sottosuolo per conto delle società petrolifere. In particolare l’ira di Facebook si è scatenata contro un progetto, che al momento non è ancora partito, che prevede la realizzazione di un sito di stoccaggio del gas proprio nella stessa area dove in queste settimane si registrano le scosse sismiche più forti.

In particolare, l’impianto dovrebbe essere realizzato a Rivara in provincia di Modena - proprio vicino a San Felice sul Panaro. Esattamente li in mezzo al cratere del terremoto. Sulla realizzazione dell’impianto c’erano state nel corso degli anni una serie di polemiche che avevano visto anche la stessa Regione Emilia Romagna dare parere contrario. Insomma c’erano tutte le condizioni perché il sito si prestasse a ulteriori strumentalizzazioni che, subito dopo le prime scosse dello scorso 19 maggio, sono arrivate. Sul Web sono cominciate a circolare immediatamente suggestioni e articoli che mettevano in correlazione l’evento sismico con l’impianto di stoccaggio che – occorre ribadirlo – al momento ancora non esiste in concreto, ma sta solo sulla carta. Alcuni si sono spinti anche più in là ipotizzando che nel sito fossero state messe in atto alcune tecniche di estrazione del gas e degli idrocarburi, come per esempio il fracking ( fratturazione idraulica), o dello shale gas, che in altre aree del mondo vengono impiegate abitualmente ma che sono state – in alcuni contesti geologici particolari – accompagnate anche da fenomeni significativi, tra cui piccoli terremoti. Ma in cosa consiste il fracking? In parole semplici, si sfrutta la pressione di un fluido, generalmente acqua o gas, per creare e poi propagare una frattura in uno strato roccioso già trivellato e aumentare poi la quantità di idrocarburo estratto da un giacimento.

A nulla è valso, nei giorni successivi alla scossa la smentita da parte della Erg, la società che vuole realizzare l’impianto che, in una nota ufficiale ha ribadito di non aver avviato nessuna  perforazione e “ tanto meno con iniezione di gas”. La follia dei post vaganti ha continuato a dilagare sulla Rete, in una catena “ mi piace-condividi” che va avanti ancora senza sosta e senza alcuna possibile forma di valutazione critica. Al punto che sul tema sono state anche presentate interrogazioni parlamentari e ora si attende la replica del Governo.

Anche davanti alla smentita, comunque il popolo di Facebook ha continuato e ha allargato l’obiettivo: se non si è fatta a Rivara, ma magari questa operazione è stata fatta in qualche altro pozzo della pianura padana. “ Sui circa settemila pozzi presenti in Italia – spiegano fonti autorevoli del Ministero dello sviluppo – non è mai stata autorizzata nessuna tecnica di questo tipo. Ora sono altri i problemi a cui stiamo guardando. Ci preoccupiamo della sicurezza degli impianti soprattutto delle strutture di superficie che potrebbero aver risentito del terremoto. Fortunatamente non sembra ci siano problemi preoccupanti in questo senso”. 

 

La filosofia di Harry Klein - YouTube

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Estoril region. One place thousand sensations - YouTube

mercoledì 30 maggio 2012

Come funziona il liceo economico e sociale in Francia

via tuttoscuola.com Nel quadro del dibattito in corso sull’educazione economica nell’istruzione secondaria superiore pubblichiamo un interessante contributo della prof.sa Doris Valente, membro del Council of Association of European Economic Education, dedicato al modello francese di Liceo Economico e Sociale. PERCHE' HA SENSO OSSERVARE CON ATTENZIONE IL LICEO ECONOMICO E SOCIALE FRANCESE Il liceo economico e sociale ha il suo baricentro nella cosiddetta “terza cultura” - quella delle scienze economiche e sociali. Lo studente acquisisce conoscenze e competenze per comprendere e analizzare il mondo visto come opera degli uomini con gli strumenti teorici e metodologici propri di alcune scienze sociali (economia, sociologia, scienze politiche, statistica). Lo studente acquisisce contemporaneamente conoscenze e competenze nei campi matematico-scientifico, filosofico e linguistico-letterario. Discipline di insegnamento lycée ES insegnamenti obbligatori comuni Francese (première) storia e geografia (première) lingue straniere 1 e 2 educazione fisica e sportiva educazione civica giuridica e sociale insegnamento obbligatorio di specializzazione scienze economiche e sociali filosofia (terminale) storia e geografia (terminale) matematica scienze (première) Opzioni a scelta ( in alternativa) Economia approfondita Scienze sociali e politiche Traveaux Personnels Encadrés TPE (première) In Francia, il sistema dei licei si articola in tre distinte filiere: la generalista, la tecnologica e la professionale. La filiera generalista prevede tre indirizzi: l’indirizzo scientifico (S), l’indirizzo economico-sociale (ES), il letterario (L). In ogni indirizzo gli studenti devono optare per un approfondimento della disciplina caratterizzante il profilo. I licei sono organizzati in due cicli: · il ciclo di “determinazione” con finalità orientativa, della durata di un anno. Alla fine della classe seconde gli studenti scelgono l’indirizzo successivo. · Il ciclo terminale, che prevede la frequenza di due anni nelle classi première e terminale, differenziate per ciascun indirizzo e la chiusura con la maturità (baccalauréat). Le prove degli esami finali (baccalauréat) sono uniformi sul territorio nazionale e si svolgono in due tempi, alla fine della classe première e della classe terminale. Nella classe seconde gli studenti non hanno ancora scelto l’indirizzo del ciclo terminale e, per orientarsi, frequentano per alcune ore settimanali due discipline a scelta, una delle quali vede l’opzione tra “Sciences économiques et sociales – SES” o “Principes fondamentaux de l’économie et de la gestion”. Le altre opzioni sono molte diversificate (creazioni e attività artistiche, letteratura e società, scienze, biotecnologie, ….) L’anno successivo essi iniziano il ciclo terminale in uno dei tre licei (scientifico, economico-sociale, letterario) nei quali sono presenti insegnamenti obbligatori comuni e di specializzazione, oltre ad un opzione di approfondimenti nelle discipline di specializzazione. La disciplina dominante nell’indirizzo ES è “Scienze Economiche e Sociali (SES)” che consiste in una materia composita con finalità di far acquisire agli studenti una cultura polivalente, grazie ai saperi multidisciplinari di riferimento (Economia, Sociologia, Scienze politiche, Statistica) e ai metodi utilizzati. Nel penultimo anno (classe première) uno spazio è riservato ai cosiddetti TPE (traveaux personnels encadrés), che richiedono lavori di ricerca con l’uso di metodologie didattiche attive, in base al principio che gli studenti debbano essere attori della loro formazione. Tra queste citiamo: l’analisi di documenti in gruppo e individuali, la costruzione di dossier, le inchieste sul territorio, la ricerca di fonti, la riflessione e il dialogo continuo con il professore. Tutti questi strumenti sono considerati utili per affinare nello studente una capacità riflessiva e di presa di distanza critica, necessarie alla costruzione dei suoi saperi. I TPE sono valutati alla fine dell’anno ai fini del baccalauréat (maturità). Nell’ultimo anno del liceo ES (classe terminale) gli studenti devono scegliere un insegnamento obbligatorio di specializzazione tra questi: Opzioni - Economia approfondita - Scienze sociali e politiche Le «Sciences économiques et sociales (SES)» La disciplina SES, grazie ai contenuti e ai metodi previsti e praticati, contribuisce ad un tempo alla formazione del cittadino consapevole e all’acquisizione di conoscenze e competenze teoriche e metodologiche fondamentali per la comprensione del mondo contemporaneo e per l’inserimento nella realtà sociale. . L’insegnamento delle SES: tende ad assicurare l’acquisizione di una cultura generale fondata sul dominio di conoscenze, di strumenti e di metodi di analisi che metta in grado lo studente di saper affrontare in modo rigoroso problematiche economiche e sociali; si appoggia sull’osservazione di fatti economici e sociali; è guidato da ragionamenti teorici; è centrato su saperi accademici delle scienze sociali di riferimento; ha carattere pluridisciplinare. L’osservazione dei fatti, il ricorso a saperi accademici e la pluridisciplinarità, realizzati mediante la complementarietà delle analisi economiche e sociologiche e grazie a un lavoro su tematiche trasversali, sviluppano le competenze necessarie per la prosecuzione degli studi o per l’inserimento professionale nel mondo del lavoro. Alla fine del percorso di studi gli studenti saranno in grado di sviluppare ragionamenti rigorosi nello studio di fatti economici e sociali sapranno intrecciare problematiche e strumenti di analisi delle discipline di riferimento (economia, sociologia, scienze politiche) secondo differenti prospettive teoriche sapranno riflettere criticamente sul senso comune, sulle fonti e sui metodi di analisi Rispondo in modo affermativo alla domanda iniziale per le seguenti ragioni: 1. Il lycée Es ha una buona reputazione ed è al secondo posto dopo il liceo scientifico nelle scelte degli studenti francesi. Ciò è dovuto, in primo luogo, alla polivalenza della sua offerta formativa. La cultura generale polivalente poggia su tre aree disciplinari: le scienze sociali e umane (SES, storia, geografia, filosofia); le lettere e le lingue; la matematica e le scienze della natura. 2. In secondo luogo, il lycée économique et sociale (ES) ha promosso e valorizzato una formazione liceale in un ambito disciplinare presente da tempo nel mondo accademico, ma spesso ignorato nella cultura liceale. 3. Il lycée ES ha accolto un numero crescente di studenti con provenienza sociale mista, contribuendo da un lato a “democratizzare” il liceo e dall’altro ad innalzare il livello di competenze dei giovani francesi. 4. Esaminando l’impianto strutturale del percorso di studi, i programmi e le indicazioni metodologiche sembra che la scelta sia quella di dare pari dignità formativa alle tre culture (quella scientifica, quella letteraria e quella delle scienze sociali). Gli aspetti particolarmente interessanti sono: a. la prospettiva metodologica. Nella lettura dei documenti si percepisce una continua attenzione ad una dimensione di complessità: il suggerimento di partire dai saperi spontanei degli studenti, le proposte di avvalersi di metodologie didattiche attive, l’uso di strumenti teorici propri delle scienze di riferimento e il confronto tra prospettive teoriche differenti sono pratiche idonee all’affinamento di una capacità riflessiva e di presa di distanza critica, aspetti necessari alla costruzione dei saperi da parte degli studenti. b. il taglio pluridisciplinare che viene proposto come metodo. Nella disciplina SES, la proposta di lavorare su tematiche trasversali con la complementarietà degli strumenti di analisi delle diverse scienze sociali (economia, sociologia, statistica, scienze politiche) rende esplicita la trasposizione esterna delle scienze accademiche in coerenti pratiche didattiche. Chi ha preparato il curriculum ha tenuto conto della necessità di trasporre le discipline scientifiche in discipline insegnate ad uno studente di un liceo generalista e non ha semplicemente ridotto i programmi accademici in segmenti più o meno coerenti con le finalità del liceo. c. le metodologie didattiche attive, in particolare nell’ambito dei TPE, sono indicate come scelte irrinunciabili in base al principio che gli studenti debbano essere soggetti attivi per il loro apprendimento. La recente riforma prevede una specializzazione più marcata nell’indirizzo scelto dagli studenti con spazi per gli approfondimenti nelle discipline caratterizzanti. Il liceo economico sociale (ES) offre una formazione generalista che apre ad una pluralità di orientamenti nell’insegnamento superiore. Fonti Le informazioni sono tratte dal sito http://www.education.gouv.fr/ Sulla riforma consultare www.loi.ecole.gouv.fr

Symphony of a Thousand: Gustav Mahler & Sir Simon Rattle 2011 HD Trailer - YouTube

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Smart Dog Makes Its Way on Counter
 

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Zettel. Filosofia in movimento. Sogno

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~200mph Street Race~ ~~SpecTTacular TT~~ - YouTube

martedì 29 maggio 2012

Etta James - At Last - YouTube

deep purple & led zeppelin & eric clapton & london shymphony orchestra - smoke on the water.mpg - YouTube

Chinese Scenes

Dai un'occhiata a questo sito che ho trovato a player.vimeo.com

Lit Motors, Inc. | Rekindle the Excitement

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Check out this website I found at asriran.com

Greenpeace attacca Enel: "bolletta sporca" spedita a 100mila italiani - Wired.it

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Terremoto, le voragini del dopo sisma - Wired.it

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La guida di Wired alla città di Roma - Wired.it

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sabato 26 maggio 2012

Il coito interrotto fa 100mila gravidanze l'anno - Wired.it

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Un timbro sulla foglia per sapere se la pianta è malata - Wired.it

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Preservativi Usa - YouTube

I preservativi, si sa, sono una delle cose più utili e usate mai inventate: proteggono da malattie sessuali ed evitano gravidanze indesiderate, ma la loro storia non è poi così recente. Anzi, la prima testimonianza dell’esistenza dei preservativi risale al 1350 a.C., all’antico Egitto. Negli anni a seguire si sono diffusi sempre più, dall’antica Cina al Rinascimento per arrivare all'americano Charles Goodyear che nel 1870 inventa il processo di vulcanizzazione, alla base della produzione di profilattici. Ma forse neanche nei tempi antichi venivano usati i preservativi per suonare...

martedì 22 maggio 2012

sabato 19 maggio 2012

Modifiche alla legge Basaglia, si riaprono i manicomi? - Wired.it

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Oppure.me, la Chatroulette degli universitari - Wired.it

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mercoledì 16 maggio 2012

Bruckner: Symphony No. 9 / Rattle · Berliner Philharmoniker / Live from Taipei - YouTube

I suicidi non sono aumentati per la crisi - Wired.it

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Davvero la crisi sarebbe la causa di questa strage? Il 2012 sarà ricordato come l’anno dei suicidi o forse ce lo stanno dipingendo così? I dati, se si reputano affidabili le 38 morti dichiarate, parlano chiaro: nel 2012, ogni giorno ci sono 0,29 suicidi per motivi economici, contro lo 0,51 del 2010 e lo 0,54 del 2009. Nessuna epidemia suicida in corso, almeno finora. Per valutare davvero la situazione, si dovrà aspettare. “ Ogni anno in Italia si verificano circa tremila casi di suicidio, con punte di quasi quattromila casi nei primi anni Novanta”, osserva Stefano Marchetti, responsabile dell’ultima, recentissima, indagine dell’ Istituto nazionale di statistica (Istat) su suicidi e tentativi di suicidio in Italia, relativa all’anno 2010: “ Ogni gesto estremo, come quelli che le cronache recenti raccontano, nasconde una tragedia umana e impone il massimo rispetto. Ma è difficile affermare, a oggi, che vi sia un aumento statisticamente significativo dei suicidi dovuto alla crisi economica. Temo che si stiamo facendo affermazioni forti, senza robuste evidenze scientifiche”. Può sembrare cinico snocciolare numeri e percentuali, ma è l’unico modo per separare i fatti dalle impressioni. Dicevamo: 38 suicidi per motivi economici dal 1 gennaio all'8 maggio 2012. Purtroppo sono la punta dell’iceberg rispetto al fenomeno generale. Nel 2010, per esempio, l’Istat ha contato 3.048 suicidi, di cui 187 per motivi economici, “ in base a quello – specifica Marchetti – che viene indicato dalle forze dell’ordine come il presunto movente”. Se si escludono i suicidi per motivi d’onore (18 in tutto), quello economico è, per assurdo, il movente meno preoccupante di tutti. Quasi una persona su due (1.412) ha deciso di farla finita a causa di una malattia (per 4 su 5 di origine psichica). La seconda causa di suicidio è affettiva: 324 persone si sono tolte la vita per questioni di cuore, quasi il doppio rispetto a chi l’ha fatto per il conto in banca. E quasi in un caso su tre non è stato possibile individuare il movente del gesto. Questo per dire che debiti, tasse, difficoltà economiche possono sì indurre a compiere una follia, ma la piaga sociale dei suicidi è molto più vasta e complessa di come appare dai mezzi d’informazione. Guardiamo agli anni passati, per vedere se la crisi ha colpito davvero. Nel 2008, i suicidi per ragioni economiche sono stati 150, su un totale di 2.828 casi. Nel 2009, sono stati 198 su 2.986 casi. Se si prende solo il dato numerico questo significa che sono aumentati del 24,6% tra 2008 e 2010, ma anche che sono diminuiti del 6 per cento tra 2009 e 2010. Rispetto al totale, questi atti rappresentano il 5,3% di tutti i suicidi nel 2008, il 6,6% nel 2009 e il 6,1% nel 2010. La variazione percentuale, insomma, appare minima. Dopo di che, è innegabile che le difficoltà economiche o la mancanza di un lavoro possano gettare nella disperazione. Secondo il recente rapporto dell’ Eures Ricerche Economiche e Sociali, intitolato Il suicidio in Italia al tempo della crisi sarebbero in aumento i suicidi tra i disoccupati (362 nel 2010, contro 357 nel 2009 e una media di 270 nel triennio precedente), con un +40% tra 2008 e 2010. I più a rischio sarebbero proprio loro, quelli che hanno perso il lavoro o non riescono a trovarlo, seguiti da imprenditori e liberi professionisti. Tuttavia occorre cautela prima di emettere sentenze. In Germania, la cui economia tiene, il numero dei suicidi è quasi doppio rispetto all’Italia e in Finlandia, dove la qualità della vita è molto più alta, i suicidi sono quattro volte superiori ai nostri. Nella Grecia sull’orlo del collasso ci sono poco più della metà dei suicidi rispetto all’Italia e può sembrare paradossale, ma il paese nel quale la situazione economica è più drammatica è anche quello dove si verificano meno suicidi in tutta Europa ( qui si trovano un po’ di tabelle). È giusto affrontare il problema, ma interpretare la situazione attuale come una drammatica emergenza legata alla crisi è una forzatura. Ed è pericoloso, perché il fenomeno dei suicidi è a forte rischio emulazione. Questo sì, è scientificamente provato. “ Studi epidemiologici internazionali dimostrano con certezza che le notizie dei suicidi da crisi economica, se presentate in modo sensazionalistico, inducono altri suicidi, innescando un pericoloso ‘effetto domino ’”, dice Claudio Mencacci, direttore del dipartimento di Neuroscienze dell’Ospedale Fatebenefratelli di Milano: “ Le persone che compiono questi gesti estremi sono nella grande maggioranza dei casi entrate da tempo nel tunnel della patologia psichica, prevalentemente depressiva, che toglie la possibilità di trovare soluzioni alternative. I gesti estremi possono essere scatenati da fatti contingenti che esasperano una situazione economica già complessa, ma s’innescano in personalità da tempo fragili e vulnerabili che non hanno avuto la possibilità di chiedere aiuto per la loro sofferenza psichica”. L’appello rivolto a chi governa è che potenzino i servizi di salute mentale, in questo periodo di recessione. Perché c’è tanta gente che non sa a chi chiedere aiuto, ma non solo per motivi economici. (Credit per la foto: Getty Images)

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lunedì 14 maggio 2012

Il manifesto del nuovo realismo

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Fantasmi, cinque dimore da brivido - Wired.it

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Potere ai geek. Ecco come cambiare il mondo - Wired.it

© Edizioni Condé Nast SpA - P.zza Castello 27-20121 Milano Cap.Soc. 2.700.000 EURO IVCF e P.IVA - Reg.Imprese TRIB. MILANO N. 00834980153 SOCIETÀ CON UNICO SOCIO via daily.wired.it Nella gallery trovate la lista di libri, film, posti da vedere, personalità interessanti e da seguire su Twitter, consigliati per i geek. Secondo la prospettiva di Mark Henderson, autore di The Geek Manifesto . Se state leggendo Wired.it è magari perché anche voi pensate in positivo, ovvero siete convinti che il mondo si possa cambiare - in meglio - grazie a scienza e tecnologia. Vi sentite anche voi un po’ geek e credete in questi valori: scetticismo, razionalità e importanza delle prove scientifiche? Bene, il futuro potrebbe essere nelle vostre mani. L’unica cosa che dovete fare è unirvi e marciare. Detto così sembra un motto anni Sessanta, ma con il tam tam dellle piattoforme online il Movimento dei geek può davvero contribuire a cambiare le cose in modo piuttosto diretto, battendosi con le armi più pulite a nostra disposizione: neuroni e senso critico. Per sanare le finanze dei nostri paesi, rivoluzionare la politica, ridurre il crimine e migliorare istruzione e sanità basterebbe che I nostri governanti sostituissero i loro sistemi con un altro metodo, quello rigorosamente scientifico basato su dati, prove e analisi oggettive. E allora sta a noi batterci perché questo succeda. Ce la possiamo fare. Mark Henderson, per 12 anni a capo della redazione scientifica di The Times in Gran Bretagna, ha ora scritto The Geek Manifesto – Why Science Matters per spiegare - dati e vittorie concrete nero su bianco - come i geek possono cambiare il mondo. Ciò che veramente conta è la scienza. “I geek sono pronti. I nostri paesi hanno bisogno di noi”, dice. Lo abbiamo intervistato. Molti sono rimasti all’immagine degli occhialoni, che anzi oggi fanno anche moda… Ma chi sono I geek? Cosa significa questo termine? "Geek era un termine usato per marginalizzare le persone curiose dotate di entusiasmo e sete di conoscenza, che avevano fede nell’evidenza come metodo di inchiesta. Geek si può definire come una curiosità al limite dell’ossessione, e può essere un bene perché è il segnale che c’è qualcuno che ha profondamente a cuore qualcosa. La cosa interessante è che negli ultimi cinque anni e forse più i geek hanno veramente cominciato a drizzare il capo e a celebrare il proprio interesse per la scienza e per la scoperta di come funzioni il mondo. Pensiamo ad alcuni trend dalla cultura popolare in Gran Bretagna: Brian Cox è seguito da 4 milioni di telespettatori in tv parlando di fisica quantistica, mentre Ben Goldacre, il paladino de La cattiva scienza, ha una colonna sul Guardian dove espone pubblicamente tutti gli abusi della scienza, dai media che riportano storie assurde ai venditori di medicine alternative. Tutte cose che fanno arrabbiare i geek, per questo ha avuto tanto successo". Chi potrebbe candidarsi a essere il Brian Cox italiano? "Anche in Italia avete persone che hanno passione e abilità di comunicare la scienza. Pagina successiva 1 2 3 4

Potere ai geek. Ecco come cambiare il mondo - Wired.it

© Edizioni Condé Nast SpA - P.zza Castello 27-20121 Milano Cap.Soc. 2.700.000 EURO IVCF e P.IVA - Reg.Imprese TRIB. MILANO N. 00834980153 SOCIETÀ CON UNICO SOCIO via daily.wired.it Nella gallery trovate la lista di libri, film, posti da vedere, personalità interessanti e da seguire su Twitter, consigliati per i geek. Secondo la prospettiva di Mark Henderson, autore di The Geek Manifesto . Se state leggendo Wired.it è magari perché anche voi pensate in positivo, ovvero siete convinti che il mondo si possa cambiare - in meglio - grazie a scienza e tecnologia. Vi sentite anche voi un po’ geek e credete in questi valori: scetticismo, razionalità e importanza delle prove scientifiche? Bene, il futuro potrebbe essere nelle vostre mani. L’unica cosa che dovete fare è unirvi e marciare. Detto così sembra un motto anni Sessanta, ma con il tam tam dellle piattoforme online il Movimento dei geek può davvero contribuire a cambiare le cose in modo piuttosto diretto, battendosi con le armi più pulite a nostra disposizione: neuroni e senso critico. Per sanare le finanze dei nostri paesi, rivoluzionare la politica, ridurre il crimine e migliorare istruzione e sanità basterebbe che I nostri governanti sostituissero i loro sistemi con un altro metodo, quello rigorosamente scientifico basato su dati, prove e analisi oggettive. E allora sta a noi batterci perché questo succeda. Ce la possiamo fare. Mark Henderson, per 12 anni a capo della redazione scientifica di The Times in Gran Bretagna, ha ora scritto The Geek Manifesto – Why Science Matters per spiegare - dati e vittorie concrete nero su bianco - come i geek possono cambiare il mondo. Ciò che veramente conta è la scienza. “I geek sono pronti. I nostri paesi hanno bisogno di noi”, dice. Lo abbiamo intervistato. Molti sono rimasti all’immagine degli occhialoni, che anzi oggi fanno anche moda… Ma chi sono I geek? Cosa significa questo termine? "Geek era un termine usato per marginalizzare le persone curiose dotate di entusiasmo e sete di conoscenza, che avevano fede nell’evidenza come metodo di inchiesta. Geek si può definire come una curiosità al limite dell’ossessione, e può essere un bene perché è il segnale che c’è qualcuno che ha profondamente a cuore qualcosa. La cosa interessante è che negli ultimi cinque anni e forse più i geek hanno veramente cominciato a drizzare il capo e a celebrare il proprio interesse per la scienza e per la scoperta di come funzioni il mondo. Pensiamo ad alcuni trend dalla cultura popolare in Gran Bretagna: Brian Cox è seguito da 4 milioni di telespettatori in tv parlando di fisica quantistica, mentre Ben Goldacre, il paladino de La cattiva scienza, ha una colonna sul Guardian dove espone pubblicamente tutti gli abusi della scienza, dai media che riportano storie assurde ai venditori di medicine alternative. Tutte cose che fanno arrabbiare i geek, per questo ha avuto tanto successo". Chi potrebbe candidarsi a essere il Brian Cox italiano? "Anche in Italia avete persone che hanno passione e abilità di comunicare la scienza. Pagina successiva 1 2 3 4

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giovedì 10 maggio 2012

Mauro Dorato. Il tempo presente

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Libero arbitrio e visione scientifica del mondo: BrainFactor intervista Mario De Caro

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Libero arbitrio e visione scientifica del mondo: BrainFactor intervista Mario De Caro.PADOVA – Prosegue oggi a Padova il congresso di Neuroetica, quest'anno focalizzato sulle “Neuroscienze fra spiegazione della vita e cura della mente”. Ieri Adina Roskies, John-Dylan Haynes, Alfred Mele, insieme a Mario De Caro, Giuseppe Sartori e Michele di Francesco hanno riflettuto ampiamente sul concetto di “libero arbitrio”. Sul tema, BrainFactor ha intervistato Mario De Caro, professore di Filosofia morale all'Università Roma Tre.

Neuroetica 2012 si è aperto con un suo intervento su “libero arbitrio e visione scientifica del mondo”. In che relazione stanno fra di loro?

Cartesio ancora svincolava la mente (che per lui era la stessa cosa dell’anima) dallo studio scientifico. E il libero arbitrio, per lui, era una proprietà della mente, intesa appunto come entità immateriale. Ma con la scienza moderna progressivamente la mente viene vincolata alla materia. Ma in questo modo il libero arbitrio diventa una facoltà problematica, tanto che Kant vi fonda una antinomia della ragione pura. E ancora oggi siamo qui a discutere come collocare il libero arbitrio nel mondo fisico, retto dalle ineludibili leggi naturali. Molte teorie filosofiche del libero arbitrio contraggono impegni ontologici rispetto a com’è fatto il mondo: per alcune, affinché il libero arbitrio sia possibile il mondo deve essere deterministico, per altre deve essere indeterministico.

Che tipo di contributo può dare la scienza a tali discussioni?

E' la scienza che può aiutarci a capire quale delle due teorie è giusta. Kant, al contrario, aveva un’idea del libero arbitrio che lo collocava nel mondo dei noumeni, che è inaccessibile alla ricerca scientifica. Oggi invece molti pensano che, sia in generale sia rispetto al tema del libero arbitrio, tra scienza e filosofia deve esserci un costante scambio. Ma forse persino Kant che anche nella scienza si parla di indeterminismo (e non solo nel mondo dei noumeni): perciò, con i dati oggi disponibili, forse non sarebbe arrivato a teorizzare una “antinomia” nei termini di un contrasto fra l'idea di libertà e le leggi di natura.

Il libero arbitrio sembra essere un tema molto attuale ed è quasi paradossale che siano proprio le neuroscienze a riproporci questioni che sono state la cifra distintiva delle dispute medioevali e prima ancora dei Padri della Chiesa...

Libero arbitrio è un termine obsoleto perché postula l’esistenza della speciale facoltà mentale dell’arbitrio – un retaggio della filosofia medioevale.  Comunque tra il dibattito sul libero arbitrio in ambito teologico e quello in ambito naturalistico ci sono interessanti affinità strutturali. L’idea di libertà infatti è la stessa: la capacità di autodeterminarsi potendo fare diversamente da come si fa di fatto. Quello che cambia sono solo le minacce all'idea di libertà dell'umano: nell'una discussione le proprietà divine, nell'altra le leggi della natura. Ma la “minaccia” è simile. E sono simili anche alcune le soluzioni prospettate: ad esempio, lo stesso Duns Scoto può essere considerato un “libertario indeterminista” e prima di lui Epicuro e Lucrezio.

Quale rapporto vede oggi possibile fra neuroscienze e filosofia?

Il rapporto non può che essere a due sensi. E la filosofia può aiutare a chiarificare i fondamenti di questa scienza. Del resto anche Galileo, Darwin ed Einstein in parte erano filosofi. Ma la domanda interessante è: che cosa può fare oggi la filosofia per le neuroscienze? Le neuroscienze hanno a che fare con concetti importanti: l’indagine sulla responsabilità morale e sul libero arbitrio è oggi influenzata da ciò che ci dicono le neuroscienze e ora una mole di dati sta irrorando le discussioni secolari se non millenarie su questi temi.

Ma alla filosofia, alla fine dei conti, cosa importa sapere come funziona il cervello?

Interessa molto. Come scrivevo domenica scorsa sul Sole 24 Ore, da una parte è vero, per esempio, che il problema del libero arbitrio non può essere risolto dalle sole neuroscienze, perché l'analisi concettuale è presupposto indispensabile dell’indagine; ma è anche vero che le neuroscienze possono comunque portare un contributo molto importante alla chiarificazione di alcuni aspetti di tale problema.

Da professore di Filosofia, come valuta la risposta della filosofia italiana al "richiamo" delle neuroscienze?

Per gran parte del Novecento, la filosofia si è mostrata in buona parte impermeabile alla scienza. Con Federico Enriques c’era stato, a inizio secolo, un tentativo molto autorevole di riflettere filosoficamente sulla scienza, ma il trionfante idealismo ne aveva impedito ogni diffusione. Nel secondo dopoguerra la situazione iniziò a cambiare con Ludovico Geymonat e i suoi allievi, ma culturalmente dominavano altre tradizioni, come la fenomenologia, l'esistenzialismo, il marxismo, il neotomismo. Negli ultimi tre decenni tuttavia, le giovani generazioni di studiosi di Filosofia (molto più consapevoli del dibattito anglosassone delle generazioni precedenti) hanno finalmente imposto anche da noi la filosofia analitica e la filosofia della scienza, come forme del tutto legittime della ricerca filosofica.

In ambito forense sta passando il concetto che “se è colpa del mio cervello non è colpa mia”. Non le sembra un poco riduttivo? Banalmente: il mio cervello di chi altri è se non mio?

In questo frangente scontiamo un retaggio dualistico, dove “Io” è contrapposto a “il mio cervello”. Meglio distinguere invece tra stati psicotici e stati normali. In questo contesto è interessante la posizione di Derek Pereboom, fra i relatori del convegno, teorizzatore della tesi secondo la quale la mancanza di libero arbitrio ci porta a concludere che la concezione retributivistica della pena è sbagliata e che si dovrebbe concepire invece la pena come una “quarantena”, durante la quale il reo deve essere curato.

In una battuta: fra scienze e filosofia, cosa sceglie?

La scienza da sola non basta... Ma nemmeno la filosofia.

Mario De Caro è professore associato di Filosofia morale all'Università Roma Tre. Ha insegnato all'Università dell'Aquila, al Saint Mary's College di Notre Dame nell'Indiana e dal 2000 insegna anche alla Tufts University in Massachusetts, occupandosi di filosofia morale, teoria dell'azione, filosofia della mente e neuroetica. E' stato Visiting Scholar al Massachusetts Institute of Technology e Fulbright Fellow alla Harvard University. E' presidente della Società Italiana di Filosofia Analitica e membro del Comitato Esecutivo della Consulta Filosofica Italiana e del Committee on Academic Career Opportunities and Placement della American Philosophical Association. È inoltre membro di comitati scientifici di riviste internazionali e referee per diverse case editrici. Ha pubblicato numerosi articoli e saggi in cinque lingue ed è autore, fra gli altri, dei seguenti volumi: “Dal punto di vista dell'interprete” (Carocci 1998), “Il libero arbitrio” (Laterza 2004), “Azione” (Il Mulino 2008) e “Cosa vuol dire essere liberi?” (Laterza, in preparazione).

Intervista di Marco Mozzoni

Tutti i diritti riservati (C) BRAINFACTOR 2012

mercoledì 9 maggio 2012

Men Tiger Shark - A Fighting - YouTube

Analisi transazionale: linee generali di un modello per la mediazione - Articoli di psicoterapia

via opsonline.it "Analisi transazionale: linee generali di un modello per la mediazione", tratto in data 07-05-2012 da Obiettivo Psicologia. Formazione, lavoro e aggiornamento per psicologi
http://www.opsonline.it/index.php?m=show&id=28760

Che filosofia sarebbe senza contemporaneità? – Il Fatto Quotidiano

via ilfattoquotidiano.it La filosofia non può eludere il confronto con la contemporaneità senza rischiare di rimanere vittima di quell’ossessione identitaria (espressione di Th. W. Adorno), con cui ha convissuto per secoli. In altri termini, la filosofia non poté rinunciare al confronto, per esempio, nell’epoca di Aristotele, con la tragedia, perché in quello stesso periodo la tragedia era il genere più ‘popolare’; lo stesso dicasi per il Kierkegaard e della prima parte di Aut aut, dedicata al Don Giovanni di Mozart, un’opera che, nella stessa misura del suo autore, in quel contesto storico poteva ben considerarsi come un’icona di straordinaria popolarità. Vi è addirittura una corrente della filosofia tedesca del Settecento che si definì Popularphilosophie (filosofia popolare), senza che questo abbia significato abdicare in linea di principio alla funzione di ‘critica della ricerca filosofica’. Uno dei miei filosofi prediletti,Walter Benjamin, ne ‘L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica’, stabilisce un confronto critico con la radio, la fotografia, il cinema, forme di espressione che, invece, altri snobbavano in quanto arti di massa. Nella contemporaneità, un fenomeno sociale, di costume (anche con aspetti degenerativi inquietanti) come il calcio può meritare l’attenzione della filosofia per motivi analoghi a quelli che attirarono l’interesse di Aristotele nei confronti della tragedia. Tant’è vero che un filosofo tedesco della religione e della morale, Bernhard Welte, ha dedicato a questo sport un piccolo volume, come l’autore del celebre ‘L’amore e l’Occidente’, Denis de Rougemont e lo stesso Jean Paul Sartre – grande appassionato di calcio – in una sezione della sua ‘Critica della ragione dialettica’. Quando la filosofia rinuncia pregiudizialmente a questo genere di confronto finisce con il cadere nella ‘tentazione identitaria’, rimanendo sempre uguale a se stessa, quasi sospesa in un limbo, al di fuori della storia e dei problemi reali. Una rinuncia fatale, per i suoi effetti sul sociale: l’ossessione identitaria a livello teorico è affetta dallo stesso tipo di ossessione che possiamo riscontrare anche in ambiti come l’economia e in quei rapporti sociali che rifiutano ogni apertura alle differenze. Il confronto ineludibile con la contemporaneità – ho ben presente le penetranti analisi del sociologo ungherese Franz Furedi – non significa ovviamente accettazione conformistica di tutto ciò che nella nostra epoca si afferma. Il confronto presume semplicemente una presa d’atto iniziale non vincolante, una presa d’atto che può trasformarsi rapidamente, ove il caso lo imponga, in un severo giudizio critico, in una rigorosa presa di distanza. Questa è la filosofia, questa è sempre stata e sempre lo sarà, a meno di snaturarsi in un conformismo dolciastro o in un rifugio ‘passatista’, fuori del tempo. Cerco di tenermi ugualmente distante da queste due concezioni, entrambe aberranti.

martedì 8 maggio 2012

Gruber: Frankenstein!! / Gruber · Berliner Philharmoniker - YouTube

Il gioco della morte e la sottomissione all'autorità - YouTube

TREMENDO ATTACCO DI UNA BELVA FEROCE!!!!! - YouTube

Produttività Vision Future (2011) - YouTube

Guarda come tecnologia del futuro aiuterà le persone a sfruttare meglio il loro tempo, la loro attenzione, e rafforzare le relazioni, mentre fare le cose sul posto di lavoro, casa e in movimento.

Power Francers and D-Bag - "Pompo nelle Casse" - YouTube

Human Planet - Web exclusive series trailer - BBC One - YouTube

No Light - Vincitore del 1Film 3D Animation Challenge 2011 da QAS :) - YouTube

lunedì 7 maggio 2012

Fedeli in visita a Monkey Temple - Kathmandu - YouTube

I♥myBrain

Dai un'occhiata a questo sito che ho trovato a it.ilovemybrain.org L' idea IL PROGETTO CONTRO IL PREGIUDIZIO iLoveMyBrain.org è una campagna internazionale di comunicazione e di sensibilizazione sociale contro lo stigma e il pregiudizio che esiste sui disturbi mentali. Speriamo in questo modo, diffondere una nuova visione di questi disturbi con il fine di creare coscienza sugli effetti negativi della sigmatizzazione e delle attitudini nei confronti delle persone che li soffrono, pero prima di tutto aiutare queste persone a incontrare un modo per superarli. IL TABÚ DEI DISTURBI! Continuano esistendo molti stigmi che influenzano le persone che soffrono di questi disturbi. Al contrario di quello che si pensa normalmente, le persone che patiscono un disturbo mentale grave sono solitamente tranquille, la maggiorparte delle volte preferiscono stare sole e hanno difficoltà a comunicare con gli altri. Il diagnostico di un disturbo mentale risveglia sospetti e paure da parte della persona stessa, della sua famiglia e della società in generale. Avendo chiaro ciò che implica questo malessere psicologico, potrà essere vinto con accettazione, informazione e comprensione. L'informazione sul diagnostico è imprescindibile, i professionali sono le persone che vi possono aiutare a capire e spiegarvi come affrontare queste situazioni. È il momento che inizi a farti ascoltare e a capire te stesso. È la tua immaginazione, è la tua verità, tu lo senti e gli altri no, spiegalo e smettila con il segreto, ti aiuterà a riprendere il controllo su di lui. Stima la tua NESSUNO È PERFETTO! Filosofia per capirsi Ogni tanto i problemi psicologici passano inosservati, questi provocano malessere e difficoltà nella vita diaria di ognuno di noi. Lo stile di vita atuale, pieno di caos e confusione, provoca stress e discrimina incorrettamente le persone che soffrono di qualche malessere psicologico. 1 di 3 presone soffre un disturbo mentale durante la sua vita, anche se tutti passiamo per difficoltà dalle quali riusciamo a uscire in modo indipendente. AUTOSTIGMA VS AUTOSTIMA: Il tuo autoestigma impedisce involucrarti nella società, ti complica le relazioni interpersonali e fa in modo che ti isoli nella tua solitudine. Accetta te stesso tale come sei, l'autostima è il valore che bisogna coltivare; giorno per giorno, valorare le cose positive che puoi fare e quelle che hi già fatto, quello che dici e quello che pensi. La fiducia in noi stessi fa si che diamo una immagine positiva alla società. Per ottenerla dobbiamo creare sentimenti di comprensione verso noi stessi e verso le persone che ci circondano. Conoscere il potere e l' utilità che abbiamo per la società e sopratutto distruggere illa paura alla pazzia. La tua pazzia è i toui pensieri, le tue sensazioni, le tue emozioni e le tue passioni. Non averne paura! Aver cura di sè significa capire i tuoi sentimenti e empatizzare con gli altri. Rispettare il tuo corpo dentro e fuori, avere una vita tranquilla e salutare. Valorare ciò che senti, ciò che pensi e ciò che fai, condividendolo con gli altri, ti farà sentire utile, migliorerà la tua autostima e sopratutto la tua salute mentale. Non dobbiamo dimenticare che tutti condividiamo le stesse paure Migliorare la tua autostima vuol dire aver cura della tua salute e della tua vita in generale. I tuoi meriti son tuoi e di nessun altro. COME RICONOSCERE I SINTOMI La presenza di un comportamento o di sintomi, che nella maggiorparte dei casi sono accompagnati da malessere o comunque interferiscono nell'attività della persona, sarebbe ciò che chiamiamo soffrire di un disturbo mentale, Ciò è ingiustamente considerato come anormale, giacché sono sintomi comuni nei momenti di sofferenza psicologica di qualsiasi persona. I sintomi appaiono sotto diversi aspetti: nel pensiero (o sintomi cognitivi) si presentano con l' alterazione della memoria o dell'attenzione, deliri di grandezza, egocentrismo, pensieri ossessivi e invasivi, pensieri circolari, sensazione di esser perseguitato e osservato, etc... Nelle emozioni e nel comportamento: tristezza, nervosismo, ansia, isolamento sociale, sfiducia, dipendenze, trascurare il benessere fisico, etc... E nella sensazione di sentirsi perseguito, la percezione di suoni e odori estranei, allucinazioni, sensazione di movimenti automatici del proprio corpo, formicolii cutanei, etc... È cero che non è comune che appaiano tutti questi sintomi in una persona, però la continau presenza di uno di loro puo indubbiamente creare dei disturbi. Il diagnostico di schizzofrenia si delibera generalmente quando compaiono sintomi dei tre tipi accompagnati da angoscia psicologica. È importante che la stessa persona, li identifichi,li comprenda e ne parli con le persone care; così starà tenendo cura della sua salute mentale!

Italian Scientists, Professionals and Scholars in UK and Europe

9 aprile 2012
Easter update, with surprise: Via-acadeMyCit Come annunciato alla fine dell’anno scorso, questo Aprile abbiamo cominciato ad aggiornare le informazioni sulla lista dell’eccellenza italiana raccolta dalla Via-academy nel sito dei TopItalianScientists (TIS). Con l’aggiunta di circa 70 nomi, la lista raccoglie ora quasi 2600 persone, un numero che sottolinea la dimensione dell’eccellenza scientifica ed accademica italiana nel mondo. La quale continua a crescere nonostante i tagli ai fondi per la ricerca e la cultura perpetrati dagli stessi politici che pervicacemente attaccano la cultura e l’eccellenza italiana, ma nel contempo usavano soldi pubblici per comprarsi titoli accademici.

Risulta interessante rilevare che ben 20 dei nuovi TIS appartengono all’area di computer science. Quest’osservazione introduce un argomento che genera un forte dibattito dentro e fuori la Via-academy: la suddivisione dell’eccellenza scientifica (o accademica in senso lato) nelle varie discipline ed aree specifiche del sapere umano. L’ANVUR ha deciso di valutare la ricerca italiana sulla base di due filtri di suddivisione: uno corrispondente alle 14 macro-aree definite dal CUN, ed uno molto fine che comprende tutte le subject categories (oltre 600) individuate dalla ISI WebofSciences (WoS). Queste categories sono state usate da ISI WoS anche per identificare gli scienziati maggiormente citati al mondo (ISI highly cited) che in Italia ha stimolato la creazione della prima lobby di alto livello scientifico, il Gruppo2003. Dal 2008 il dati per gli highly cited non son stati aggiornati e l’intero esercizio is now discontinued, come annunciato dalla stessa ISI. Un’altra suddivisione tutta italiana del sapere viene fatta dal Ministero (MIUR) negli oltre 300 Settori Scientifici Disciplinari (SSD) che, pur rivisti e ridotti di numero, costituiscono il riferimento per l’esercizio di valutazione VQR2004-2010 dell’ANVUR. L’anno scorso abbiamo pubblicato un TIS Report dedicato all’argomento e recentemente Luca Boscolo ha pubblicato un lavoro in collaborazione con psicologi italiani riguardo a vari SSD della loro area. Tuttavia io personalmente ritengo che la risorsa della lista TIS deve rimanere senza divisioni disciplinari, anche se ciascun nome viene associato ad una o due aree scientifiche che abbiamo definito su basi empiriche internazionali. Questo per sottolineare un aspetto fondamentale della scienza moderna – la interdisciplinarietà.

Dopo aver discusso con vari colleghi e fatto varie prove, lanciamo oggi un nuovo servizio di collegamento fra la lista dei TIS ed il database di Google Scholar, decisamente valido riguardo alla interdisciplinarietà del sapere. Si chiama Via-acadeMyCit (presente anche nel banner del sito Via-academy) e consente di ottenere in modo automatico gli h-index per tutte le persone che si registrano, con valori basati sulle pubblicazioni selezionate dagli stessi autori nel servizio MyCitations di Google Scholar. Consiste quindi in un collegamento fra il sito TIS della Via-academy e MyCitations di Google Scholar. Si potrebbe criticare la procedura che abbiamo messo a punto come un ennesima perdita di tempo per una registrazione online. Tuttavia abbiamo notato che molti colleghi ci continuano a chiedere aggiornamenti sul loro profilo sulla base di dettagliate ricerche che hanno fatto loro stessi, con conseguente dispendio di tempo. Il collegamento Via-acadeMyCit, una volta fatto, non porterà via altro tempo e costituisce un servizio gratuito

Un algoritmo può scrivere meglio di un giornalista? - Wired.it

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Sul sito di gadget nerd Thinkgeek vendono una t-shirt con scritto “ Go away or I will replace you with a very small shell script” , ovvero “ Vattene prima che ti sostituisca con un minuscolo programmino”. Una minaccia ironica rivolta alle occasioni in cui il monotono lavoro di qualche rompiscatole potrebbe essere svolto (con meno spese e lamentele) da un semplice software. Stavolta però a sudare freddo ci siamo noi, qui, dietro le tastiere. Tentazioni luddiste a Wired? Sì, perché ci sono algoritmi che stanno diventando capaci di sostituire un giornalista. Due compagnie americane, la Narrative Science a Chicago e la Automated Insights a Durham, North Carolina, hanno sviluppato dei programmi che scrivono automaticamente articoli giornalistici a partire da dati grezzi.

La storia parte da Kristian Hammond, un informatico che vanta un dottorato a Yale. Nel 2009, Hammond e un collega, Larry Birnbaum, si trovano a insegnare a un corso per una scuola di giornalismo della Northwestern University. Gli studenti, un inusitato mix di giornalisti e informatici, se ne escono con un programmino chiamato Stats Monkey. Gli davi in pasto una scheda tecnica di una partita di baseball, e in pochi secondi generava un articolo sportivo completo di immagini, titoli, didascalie e perfino rimandi corretti alla storia del baseball. Niente che possa finire sul New Yorker, ma più che sufficiente per riempire le pagine dei quotidiani locali con le partitelle dei dilettanti.

Era solo baseball, ma uno dei presenti alla presentazione di Stats Monkey, Stuart Frankel, capì che era l'inizio di una miniera d'oro. Chiese a Hammond e Birnbaum se era possibile andare oltre: scrivere un programma che generasse storie da qualsiasi insieme di dati, storie che si potessero vendere. I tre fondarono Narrative Science e costruirono un team composto sì da programmatori - per affinare il software e renderlo adatto a qualsiasi tipo di dati - ma anche da giornalisti professionisti che fanno da meta-scrittori. Questi scrivono gli innumerevoli template linguistici: schemi di frasi prefabbricati, che poi il software riempie coi dati e incolla insieme. Basta poi dire al software di sfruttare più un certo tipo di frasi rispetto a un altro, ed ecco che cambia il taglio dell'articolo. Narrative Science dichiara che “ non è più difficile, per noi, creare un articolo irriverente e scanzonato rispetto a un asettico lancio d'agenzia”. Come il cliente preferisce, e il risultato è inquietantemente umano.

All'inizio Narrative Science (e la concorrente Automated Insights) si è focalizzata sulla scrittura di report automatici di sport e finanza. Il motivo è semplice: quasi tutto quello che c'è da dire al riguardo ha a che fare con un bel po' di dati grezzi (gol segnati, azioni che crollano, eccetera) che un computer può condensare e raccontare. Ma a mille ce n'è di dati da narrar. Le aziende hanno imparato da tempo che raccogliere dati è fondamentale per comprendere e migliorare il proprio business: peccato che poi vi affoghino, incapaci di dare un senso a migliaia di monotone tabelle e grafici. I software invece possono leggere i dati senza annoiarsi e analizzare i trend chiave. Gli algoritmi di scrittura automatica poi compilano automaticamente un report tanto leggibile quanto impeccabilmente corretto, che restituisce significato ai dati raccolti, e che i manager possono comprendere. Questo tipo di reporting automatico, ancora più del giornalismo, potrebbe diventare in futuro il core business di aziende come Narrative Science.

E non ci sono solo dati numerici da raccontare. Per esempio, il software di Narrative Science è in grado di leggere milioni di tweet che riguardano un personaggio, di analizzare automaticamente se sono di plauso o critica (quella che i linguisti computazionali chiamano sentiment analysis, analisi del sentimento: qualcosa che si fa anche in Italia) e di generare un conciso, leggibile report su cosa dice di un dato personaggio la twittersfera. Basato su una mole di dati che un giornalista umano non potrebbe neanche iniziare a raccogliere: in questo i software di scrittura automatica hanno un vantaggio decisivo.

Anche le guide gastronomiche sono a rischio obsolescenza: sfruttando la flessibilità del software di Narrative Science, uno dei meta-scrittori del loro team ha creato un bot capace di leggere varie recensioni di ristoranti sul Web, carpirne gli aspetti chiave, e macinare dozzine di articoletti del tipo “ Dove mangiare italiano ad Atlanta”.

Automated Insights, ritornando allo sport, ha lanciato invece il sito Stat.us. Anche questo sfrutta Twitter, ma all'opposto: aggrega dati sportivi da varie fonti, li analizza e li smista, creando account Twitter automatici (uno per ogni squadra di football, basket etc.) che aggiornano i fan su ogni battito d'ali della squadra preferita. È addirittura possibile generare una lista di account Twitter personalizzata per la propria squadra di fantacalcio. Stat.us è il figlio naturale dello Statsheet Network, sempre di Automated Insights, una collezione di 345 siti di news, uno per ogni squadra del campionato di basket NCAA, tutti generati in modo interamente automatico.

E per i geek che non guardano partite, ma giocano avventure attaccati a sedia e cuffie? Narrative Science sta per lanciare articoli personalizzati basati su session di World of Warcraft. Immaginate di partecipare a un'epica battaglia su WoW e di poter leggere (e condividere con gli amici) un bell'articolo che racconta la vostra avventura, come se aveste avuto un giornalista di guerra embedded tra le vostre file.

L'obiettivo a breve termine del giornalismo automatico è infatti un mondo in cui ognuno di noi è accompagnato da un reporter invisibile, che ci aiuti a dare senso ai dati a cui veniamo incontro. Ricevere un'analisi del sangue che, invece di essere un'oscura serie di numeri interpretabile solo da uno specialista, sia un rapporto leggibile e chiaro sulla vostra salute, completo di indicazioni su cosa fare per migliorare. O un articolo sull'andamento del vostro conto in banca, limpido e ricco di consigli.

Dal punto di vista del giornalismo vero e proprio, i report automatici per ora sono al massimo il punto di partenza per il data journalism, in cui poi il giornalista umano deve infilare la necessaria interpretazione. Ma Kristian Hammond non si accontenta, e vuole rendere Narrative Science capace di interpretare i dati con intelligenza. Idealmente il software dovrebbe leggere i dati, scovare correlazioni o pattern interessanti, ponderarli e infine scrivere un articolo su quello che ha scoperto. E visto che esistono già software capaci di ragionare e raggiungere conclusioni profonde dai dati, è solo questione di tempo prima che accada.

È davvero il caso di mandare a casa i giornalisti in carne, ossa e taccuino? Per ora gli algoritmi vengono usati per raccontare cose che altrimenti nessun essere umano o quasi prenderebbe in considerazione. Vivacizzare dati aziendali, aggiornare amici e parenti sulle partitelle delle squadre dei ragazzi, scrivere tonnellate di report su dati che altrimenti nessuno frugherebbe. Scott Frederick, il Ceo di Automated Insights, ha dichiarato che “non ci interessa togliere il lavoro ai giornalisti umani. Semmai, vogliamo che possano lavorare sulle cose che veramente vogliono. A nessuno interessa scrivere ogni settimana un aggiornamento sul mercato immobiliare in tutte le 42mila contee degli Stati Uniti, ma questo è quello che il nostro software può fare”. Kristian Hammond e i suoi colleghi a Narrative Science invece non vedono nessun motivo per non competere direttamente. “ Gli esseri umani sono incredibilmente complessi, ma alla fine anche loro sono macchine. Nel giro di 20 anni, non ci sarà nessun'area in cui Narrative Science non potrà scrivere articoli [...] Fra 15 anni, il 90% delle news sarà scritto da un computer”. Quando gli hanno chiesto se un algoritmo avrebbe vinto il Pulitzer fra 20 anni, Kristian però non era d'accordo. Perché secondo lui accadrà già fra cinque anni.

Ma il vero rischio per i lettori è paradossalmente nella capacità del giornalismo automatico di seguire il loro gusto fin troppo bene. Immaginate di avere news personalizzate a seconda delle vostre opinioni politiche, o dei vostri gusti estetici: un quotidiano che adatta la scrittura dei suoi articoli a ciascun lettore, sfruttando i dati che disseminate su motori di ricerca e social network. Questo ovviamente cullerebbe il nostro cervello, dandoci in pasto cose sicuramente gradevoli, ma lasciandoci in una bolla ovattata dove non riceveremmo mai opinioni e giudizi discordi da quelli che ci aspettiamo già. Alla fine potremmo ridurci a leggere uno specchio automatico di noi stessi, incapace di espandere davvero la nostra mente. Questo, forse, è un motivo per continuare a tenere le nostre dita umane sulla tastiera. Quelle di ciascun cittadino.