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domenica 15 aprile 2012

Per un umanesimo planetario - Il Sole 24 ORE

Non posso resistere alla tentazione di proporre a Edgar Morin i temi del nostro Manifesto per la cultura. L'idea di riattivare il circolo virtuoso tra conoscenza, ricerca, arte, tutela e occupazione trova piuna consonanza nel suo ultimo libro, La via. Per l'avvenire dell'umanitDa cosa partire per ridefinire il benessere collettivo mettendo al primo posto i valori della conoscenza e della cultura? Oggi – risponde Morin – i mai necessaria una confluenza tra diverse riforme. Una riforma educativa che permetta di affrontare in tutta la loro complessit problemi fondamentali delle persone in un tempo radicalmente nuovo come l'era planetaria. Sono i problemi che ho indicato nel mio libro I sette saperi necessari all'educazione del futuro: la natura complessa della conoscenza e il suo rapporto con l'incertezza, l'unitio-psico-antropologica della condizione umana, il pianeta Terra come destino comune dell'umanitl'etica della comprensione... Sono problemi che oggi richiedono una nuova formazione, anzitutto, dei formatori: la connessione fra la cultura umanistica (filosofia, letteratura, poesia, arti), le scienze dell'uomo e le scienze naturali per elaborare nuovo umanesimo, un umanesimo planetario, e per dare vita a un nuovo Rinascimento. E poi il superamento dell'attuale organizzazione del sapere, frammentato in tanti ambiti disciplinari unidimensionali che non comunicano fra loro, attraverso un pensiero complesso, capace di concepire la multidimensionaliti tutti i problemi importanti che si pongono con l'affermarsi vorticoso dell'era planetaria.
L'Italia articolarmente affetta da uno dei mali denunciati nel libro: la burocratizzazione. Quali sono i suoi disvalori per il sapere e la scuola? E quali invece i valori da coltivare per contrastarla? La necessiti deburocratizzare la vita sociale va di pari passo con quella di valorizzare la responsabilit la solidarietI processi di burocratizzazione estendono al mondo dell'educazione la logica anonimizzante, frammentatrice e gerarchizzante della tecnica. Dev'essere rigenerato il valore della missione educativa, si deve ritrovare quell'Eros che, come diceva Platone, l requisito fondamentale per saper insegnare. E si deve promuovere il valore dell'unitel pensiero coinvolto nel processo educativo, che oggi soffre gravemente di due mali: il male della disgiunzione tra i problemi e tra i saperi, e il male del riduzionismo. Cosa pensare allora dell'uso delle nuove tecnologie? Oggi i "nativi digitali" sviluppano capacitognitive che se opportunamente indirizzate potrebbero anche avverare il sogno di John Dewey di una educazione democratica, volta a formare individui critici attenti ai reali problemi comuni. Le nuove tecnologie sembra che portino una maggiore propensione al problem solving e alla socializzazione, e si basano su un senso di gratuitontrario agli atteggiamenti egoistici o autointeressati. Sono del tutto d'accordo – risponde Morin –. Oggi i mai necessario saper combinare la presenza concreta dell'educatore, del formatore, con le straordinarie possibilitognitive offerte da Internet, Google, Wikipedia, eccetera. Per raggiungere questo obiettivo ecessaria quella riforma del pensiero di cui abbiamo parlato, perchccorre saper unire, connettere, combinare fonti del sapere che rimangono frammentate e separate. Con lo sviluppo della tecno-scienza e della societell'informazione, diventa cruciale la sfida di quella che in varie occasioni ho chiamato la democrazia cognitiva. Con Internet si rmai formata una sorta di gigantesco sistema neurocerebrale semi-artificiale, in espansione progressiva, del quale tutti siamo parte attiva. Non abbiamo soltanto un problema di strumenti educativi nuovi e pienti, ma anche un problema di comprensione e di insegnamento di una nuova condizione umana, nella quale esseri umani e sistemi artificiali sono fortemente interconnessi tra loro in una nuova societnificata. Nonostante rischi notevoli per la libertersonale, Internet crea beni cognitivi comuni e apre la possibiliti fruire democraticamente di beni culturali fino a ora riservati a un'te: beni d'immagini artistiche, beni musicali, beni letterari. Le riforme cognitive e educative che noi auspichiamo possono realizzarsi, almeno in parte, utilizzando le vie della rete. Esse sono in grado di contribuire alla costituzione di beni cognitivi e culturali comuni per la societondo in gestazione, che siamo chiamati ad aiutare a nascere, per diventarne cittadini.
Il nostro Manifesto sottolinea che saperi umanistici e ricerca scientifica non vanno intese come antagoniste. Si nche visto che i ragazzi che sviluppano pratiche artistiche (pittura, musica, recitazione) raggiungono risultati migliori anche nelle materie scientifiche. La cultura umanistica e scientifica hanno le medesime fonti storiche (dalla civiltreca al Rinascimento), obbediscono alle stesse regole fondamentali della dialogica argomentativa e della discussione critica, hanno lo stesso ideale etico della conoscenza della veritMa, a partire dall'800, vi tata la grande disgiunzione, per cui ognuna delle due culture possiede ormai le sue istituzioni, le sue modalitrganizzative, i suoi esperti. E questa istituzionalizzazione delle due culture ha moltiplicato i saperi frammentati, chiusi su se stessi, monodimensionali, producendo la figura dell'"esperto", produttore di un sapere calcolatore e strettamente specializzato. Tuttavia le profonde metamorfosi delle scienze fisiche, cosmologiche, biologiche nel corso del '900 hanno creato le condizioni di una "rivoluzione paradigmatica", con la crisi del paradigma di separazione e di riduzione proprio della scienza classica e la gestazione ancora incompiuta di un paradigma di complessitcumplexus: cie ntrecciato). Per questa strada, la scienza ha ritrovato le questioni fondamentali che si poneva la cultura umanistica e nella conoscenza complessa della scienza nuova l'uomo iapparso come essere fisico-bio-antropologico-sociale. Cos divenuto possibile non solo il dialogo fra le due culture, ma lo stesso superamento della loro grave rottura, che ondizione indispensabile per produrre un sapere che sia all'altezza della sfide del nostro tempo. La vera cultura di cui abbiamo bisogno na cultura della complementarite non pila disgiunzione, una cultura della dialogica tra homo prosaicus e homo poeticus, tra homo faber e homo ludens, tra homo oeconomicus e homo imaginarius.

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