DAILY WIRED NEWS POLITICA
La memoria storica della rivoluzione egiziana
Sono un gruppo di giornalisti, cameramen e attivisti, si firmano Mosireen e stanno raccogliendo tutto il materiale video sulla rivoluzione del Cairo
29 novembre 2011 di Alessandra Cardinale
Ci sono diversi modi di fare una rivoluzione. Gli egiziani ne hanno dato prova in questi nove mesi, dalla caduta di Hosni Mubarak alle prime elezioni libere iniziate il 28 novembre e che termineranno nel marzo 2012. Ci sono ragazzi e ragazze che combattono in prima linea, 42 di loro hanno perso la vita negli ultimi scontri con la polizia e più di 3mila sono stati feriti; altri credono nell’occupazione del territorio e hanno piantato una decina di tende in piazza Tahrir, simbolo ed epicentro della rivoluzione, dove vivono, mangiano e dormono da undici giorni; centinaia di migliaia di manifestanti presidiano pacificamente la piazza, appendono striscioni contro il governo militare in carica e urlano slogan contro il Generale Hussein Tantawi, capo delle forze militari; infine, decine di milioni di persone si stanno recando ai seggi, nonostante code infinite e attese snervanti, e anche per loro si parla di rivoluzione.
Poi ci sono quelli di Mosireen. Il nome Mosireen nasce dall’unione di due parole arabe, Egitto e determinazione. Sono 25 ragazzi, il più giovane ha sedici anni e il più anziano 27. Cameramen, giornalisti, attivisti politici, vengono da esperienze diverse ma hanno un unico obiettivo: creare una memoria storica della rivoluzione che, come gli ultimi fatti ci dimostrano, gode di ottima salute. L’idea è nata a febbraio, in piena rivoluzione, quando hanno deciso di unirsi e fondare un media center no-profit che ha sede in un appartamento vicino a piazza Tahrir. “ Scendiamo in strada e filmiamo quello che succede”, racconta con un forte accento british Omar Richard Hamilton, 27 anni, cameramen: “ dopo l’editing mettiamo in Rete qualche video mentre tutti gli altri andranno a formare un archivio”. Un archivio che nelle ultime settimane è stato utile anche alle televisioni egiziane che non sono riuscite a arrivare nelle zone più calde degli scontri e hanno acquistato le immagini da Mosireen. “ E’ successo spesso che qualche network televisivo ci abbia contattato perché non aveva materiale sufficiente. La nostra idea di base però non è quella di fare business con i media ma quella di creare una memoria di quello che è successo e sta ancora succedendo in Egitto”.
I video delle aggressioni e degli abusi della polizia egiziana sono i più cliccati. Da alcuni giorni Mosireen ha deciso di mettere in piedi un piccolo cinema all’aperto proprio a piazza Tahrir dove vengono proiettati alcuni di questi video. “ Siamo aperti a chiunque voglia inviarci del materiale video e fotografico. In questo senso il citizen journalism può fare veramente molto”. Sul sito di Mosireen, la cui sede in queste ore si è temporaneamente trasferita in un appartamento aperto ai rivoluzionari che si trova al nono piano di un palazzo a Tahrir, arrivano congratulazioni e sostegno da tutto il mondo.
Pagina successiva
Nessun commento:
Posta un commento