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sabato 9 giugno 2012

A rischio distruzione trent'anni di ricerche su piante OGM - Le Scienze

L'esecuzione di un'ordinanza del Ministero dell'Ambiente - sollecitata dalla Fondazione Diritti Genetici di Mario Capanna - rischia di mettere fine a una sperimentazione trentennale su ulivi, ciliegi e kiwi geneticamente modificati a cura dell'Università della Tuscia. Ma le ragioni del provvedimento, che impone la distruzione delle piante, non hanno un fondamento scientifico, e in Italia e all'estero ci si mobilita per salvare la ricerca (red)

 IL TESTO DELL'APPELLO AI MINISTRI CLINI E CATANIA
Se martedì prossimo l'Università degli Studi della Tuscia darà seguito a un'ordinanza del Ministero dell'Ambiente, trent'anni di ricerca lunga e costosa, finanziata con i soldi pubblici, e che ha avuto come obiettivo lo studio di coltivazioni geneticamente modificate (ulivi, ciliegi e kiwi) andranno in fumo. La segnalazione arriva dal blog La Valle del Siele, di Giordano Masini, che ricostruisce puntualmente come si è arrivati a una decisione che lascia a dir poco perplessi.

La ricerca in campo era stata autorizzata già nel 1982 e l'impianto era stato regolarmente autorizzato nel 1998-1999 per dieci anni. Nel 2009, Eddo Rugini, professore alla Facoltà di agraria dell'Università degli studi della Tuscia e titolare della ricerca, aveva chiesto una proroga a Regione Lazio e Ministero dell'Ambiente. Il motivo, come ricorda Masini sul blog, è semplice: le piante arboree hanno bisogno di tempo per mostrare risultati apprezzabili. La proroga, però, sulla base delle leggi vigenti, che vietano la sperimentazione in campo aperto, non è stata concessa. Ma il professore e il suo ateneo non si sono arresi: hanno chiesto a regione e ministero di riconsiderare l'intera materia, in modo da adottare un provvedimento che consenta di proseguire l'attività sperimentale iniziata tanto tempo fa. Una decisione del genere permetterebbe di arrivare a risultati concreti e eviterebbe un spreco di denaro e risorse pubbliche. 

E in questa situazione di limbo si arriva a maggio 2012, quando la Fondazione Diritti Genetici, presidente Mario Capanna, chiede a regione e ministero di sanare questa situazione pericolosa

per le coltivazioni vicine non geneticamente modificate. Detto, o meglio chiesto, fatto. Martedì potrebbe essere l'inizio della fine per i campi GM dell'ateneo viterbese.

Tuttavia, come spiega Rugini su La Valle del Siele, i ciliegi transgenici (che sono portinnesti), prima di essere stati sottoposti a manipolazione genetica erano completamente sterili (cioè non producevano nemmeno un granulo di polline perché triploidi) e tali sono rimasti allorché divenuti transgenici, per cui non c'è alcuna possibilità di diffusione di polline e quindi non necessitano di protezione. Gli ulivi (transgenici per la riduzione della mole dell'albero e quelli modificati per aumentare la resistenza a malattie fungine) non hanno prodotto finora alcun fiore e purtroppo nemmeno quest'anno fioriranno, a causa di un ringiovanimento delle piante subìto durante la permanenza in vitro. Le uniche piante che fioriscono e che producono polline sono quelle appartenenti all'actinidia maschio (il kiwi) alle quali annualmente vengono eliminati i fiori prima della loro schiusura.

Insomma, la domanda sorge spontanea: ci sono ragioni fondate dal punto di vista scientifico che giustifichino la distruzione della coltivazioni studiate dal professor Rugini, interrompendo una ricerca decennale fatta con i soldi pubblici?  

E poi c'è anche la beffa. Oltre alla dismissione del campo, infatti, la Fondazione Diritti Genetici ha infatti chiesto di partecipare alla raccolta sul campo di «informazioni utili per capire le interazioni tra OGM e ambiente esterno». Insomma, trent'anni di lavoro sugli organismi geneticamente modificati finirebbero nelle mani del loro peggior nemico.

La mobilitazione a favore degli ulivi (e delle ciliege, e dei kiwi) geneticamente modificati è già partita. Negli Stati Uniti, «Biofortified», rivista on line  che si occupa di biotecnologie, ha lanciato una sottoscrizione a sostegno di Rugini. In Italia, si può sottoscrivere questo appello on line, che chiede alle «autorità competenti, a cominciare dal Ministro dell'Ambiente Corrado Clini e delle Politiche Agricole Mario Catania» di evitare la distruzione di trent'anni di ricerca pubblica.


 


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