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sabato 9 giugno 2012

I peggiori esperimenti scientifici - Wired.it

© Edizioni Condé Nast SpA - P.zza Castello 27-20121 Milano Cap.Soc. 2.700.000 EURO IVCF e P.IVA - Reg.Imprese TRIB. MILANO N. 00834980153 SOCIETÀ CON UNICO SOCIO via daily.wired.it Non ci sono solo i piani inclinati di Galileo, i cani di Pavlov, i prismi di Newton e le rane di Galvani. Le grandi scoperte raccontano solo una parte della storia, perché la scienza è fatta anche di capitoli decisamente meno gloriosi, come ricorda John Horgan su Scientific American. Pagine che però, al pari delle grandi intuizioni e dei grandi esperimenti, vanno ricordate, per tenere a mente, se ce ne fosse bisogno, tutta quella scienza (se così vogliamo chiamarla) che non ha prodotto risultati, ma che anzi è stata capace di commettere atti disonesti, immorali. Orrori veri e propri. Quelli che Horgan chiama gli Ugliest Experiments, gli esperimenti più brutti della storia della scienza. In cima alla lista ci sono quelli dello statunitense Walter Jackson Freeman II, soprannominato The Lobotomist in un documentario del 2009, anche se non si tratta di esperimenti quanto di veri e propri barbarici interventi. Freeman, infatti, raggiunse la quota di 25 lobotomie al giorno su pazienti con problemi psichiatrici, eseguendo un totale di circa 5000 interventi nel corso della sua carriera. La pratica della lobotomia era stata messa a punto da Antonio Egas Moniz negli anni Trenta - nel 1949 aveva ricevuto per questo il premio Nobel – e prevedeva la perforazione del cranio e il successivo danneggiamento dei lobi frontali con iniezioni di alcool o meccanicamente tramite un strumento appuntito. Freeman mise a punto una variante della tecnica, nota come lobotomia transorbitale, che spesso abbinava a trattamenti di elettroshock. Fu sempre convinto di aver aiutato i suoi pazienti, anche se qualcuno morì sotto i ferri e altri pagarono degli alti prezzi, come accadde a Rosemary Kennedy, sorella di John Fitzgerald Kennedy, che dopo l’intervento sviluppò difficoltà linguistiche, regredì a uno stato infantile a livello cerebrale ed ebbe bisogno continuo di assistenza. Mentre Freeman collezionava lobotomie, gli Stati Uniti si macchiavano di uno dei più atroci esperimenti che la storia ricordi. Succedeva in Guatemala, con il Public Health Service che autorizzava l’infezione volontaria e intenzionale di oltre 1300 persone con i patogeni della sifilide e di altre malattie veneree. Prostitute, prigionieri, malati mentali e soldati servivano da cavie umane per studiare l’efficacia della penicillina, anche se in alcuni casi l’antibiotico non venne neanche somministrato. Nello stesso tempo, in Alabama l’orrore si ripeteva, con l’ esperimento Tuskegee: neri malati di sifilide lasciati consapevolmente senza trattamento antibiotico, per studiare il decorso naturale della malattia. Americana, ancora, è la pagina scritta da Robert Heath, psichiatra alla Tulane University di New Orleans dal 1949 al 1980 e convinto sostenitore del potere della stimolazione elettrica per curare i disturbi mentali. O per modificare i comportamenti sessuali, come provò su un omosessuale con problemi di depressione, storia di epilessia e consumo di stupefacenti. Lo arruolò nei suoi studi, inserì un elettrodo in una regione del cervello associata al piacere e fece in modo che il ragazzo potesse autostimolarsi, premendo il bottone di un dispositivo portatile. Heath poi procurò una prostituta al ragazzo per dimostrare come l’impianto avesse modificato il suo comportamento sessuale. Nell’infausta lista di Horgan c’è spazio anche per Castle Bravo, il test nucleare made in Usa, che il 1 marzo 1954 venne condotto nell’atollo di Bikini, nelle isole Marshall. L’ ordigno nucleare ebbe una potenza mille volete maggiore delle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki, e il fallout radioattivo colpì l’equipaggio di un peschereccio giapponese con 23 persone a bordo, diffondendosi anche nelle isole abitate distanti più di cento miglia. A quanto pare la contaminazione radioattiva della popolazione delle isole Marshall, dovuta all’azione dei venti, era stata prevista, eppure il test venne fatto proseguire lo stesso. Fin qui capitoli di una storia passata. Horgan però include nella sua lista anche pagine di un’epoca più recente, chiamando in causa la somministrazione di psicofarmaci a bimbi e adolescenti avvenuta nell’ultimo ventennio negli Stati Uniti, che lui stesso chiama un “enorme trial clinico che coinvolge milioni di bambini”. E che potrebbe, secondo alcuni, aver fatto più danni che benefici: negli ultimi anni, infatti, l’impennata nella prescrizione di psicofarmaci si è accompagnata a un aumento consistente di ragazzi sotto i 18 anni assistiti per problemi mentali. Ma per i lettori di Scientific American la lista andrebbe allungata e includere, per esempio, lo Stanford Prison Experiment e il Monster Study. Il primo risale al 1971 e aveva lo scopo di studiare il comportamento delle persone quando queste sono identificate solo in base all’appartenenza a un gruppo, un ruolo, in questo caso quello delle guardie o dei carcerati. L’incontrollabilità dello studio, con effetti di violenza comparsi già dal secondo giorno dall’inizio dell’esperimento, costrinse i ricercatori alla sospensione del test. Il Monster Study invece, condotto da uno psicologo dell’Università dello Iowa alla fine degli anni Trenta, ma tenuto a lungo segreto, riguardò lo studio della balbuzie su 22 bambini orfani, alcuni dei quali venivano lodati per le loro capacità linguistiche, altri invece mortificati e banditi come balbuzienti. Alcuni di loro pagarono quell’esperimento con problemi di linguaggio a vita.

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