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sabato 31 marzo 2012

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Neuroni specchio, a che punto siamo?

Su “Il Discorso” del 16 gennaio 2012, Vito Digiorgio, parlando di un libro di recente pubblicazione che vede la prefazione di Giacomo Rizzolatti, “Io sono il tuo specchio” (Amrita Edizioni, 2011), così scrive: “La tesi sostenuta nel libro è che questo meccanismo non sia limitato alle azioni fisiche, ma valga anche per la sfera delle sensazioni. I neuroni specchio risuonano anche nelle nostre emozioni”...

E prosegue: “Vedendo la tristezza in un uomo e riconoscendola, anche noi ne facciamo empaticamente esperienza, la proviamo in ugual modo. Si tratta come si può capire di un’argomentazione forte, che ha subito varie contestazioni. Di queste la più nota è quella prodotta da Paolo Pascolo, bioingegnere dell’Università di Udine, che nel 2006 (2008 per la precisione - NdR) ha negato l’esistenza dei neuroni specchio, spiegando come nel cervello umano non ci sia l’evidenza scientifica del verificarsi di questi meccanismi. Il risultato di questa obiezione ha consentito in realtà una serie di sperimentazioni che hanno riconfermato l’esistenza di questi neuroni; l’ultima in ordine di tempo è stata firmata da Marco Iacoboni, docente alla Facoltà di Medicina a Los Angeles, nel 2010”. [1]

Il commento di Digiorgio è estremamente interessante per tre motivi: in primo luogo perché mostra che le mie “contestazioni” non erano poi così campate per aria, se hanno scomodato ricercatori di chiara fama a eseguire nuove sperimentazioni, anche a Los Angeles; in secondo luogo perché “l’obiezione” non è stata (stranamente) citata nelle bibliografie degli sperimentatori, bensì nelle reference di ricercatori non direttamente connessi con il gruppo dei “sostenitori” del neurone specchio; infine perché uno degli autori del libro, Matteo Rizzato (l’altro è Davide Donelli), aveva già argomentato con lo scrivente sul meccanismo dei neuroni specchio, ponendosi in una prospettiva critica. [2]

Poniamo dunque sul tavolo un ragionamento partendo da lontano e cercando, se possibile, di toccare le corde a tutti, siano essi specialisti, divulgatori o semplici entusiasti. Qualunque argomento, come ha sottolineato anche Umberto Eco nel “Pendolo di Foucault”, assume consistenza se è proposto in modo insistente e verosimile, come succede in particolare con l’avvento del consumismo nel campo dell'economia, della neuroeconomia, delle pomate dimagranti e dei miracoli… Rispetto alla legge della domanda e dell'offerta (fame-pane), l’era consumistica ha prodotto un vero e proprio rovesciamento di senso: in molte circostanze è stata infatti l’offerta a generare la domanda. E anche in questo caso, a mio parere, l’offerta ha nutrito le applicazioni e ha dato una certa “consistenza” al modello.

In effetti, nel 1996 è stata scritta una nuova pagina delle neuroscienze, con l’annuncio che nell’area F5 del cervello dei macachi è stata individuata sperimentalmente una popolazione di neuroni aventi speciali caratteristiche. Da un esperimento (peraltro cruento per l’animale) che poteva avere diverse chiavi di lettura ne è stata scelta una specifica: “sono stati trovati i Neuroni Specchio (NS)”. L’entusiasmo che ne è seguito ha creato una sostanziale discontinuità nelle procedure di validazione: in pratica si è dato per scontato che sui macachi siano state eseguite misure inequivocabili che non lasciavano alcuna ombra di dubbio. Se così fosse stato, le mie obiezioni sarebbero subito cadute nel vuoto e così pure anche le voci di tanti altri ricercatori che continuano a porre in dubbio l’esistenza dei neuroni specchio. Comunque dei neuroni specchio si continua a parlare, nei campi più disparati.

La comunità scientifica era forse in attesa di un paradigma semplice per le scienze cognitive? Certo, comportamenti “specchio” quali l’empatia, l’apprendimento, l’imitazione, il linguaggio, parrebbero poter essere spiegati attraverso l’attribuzione di determinate proprietà ad alcuni particolari ammassi neuronali. Ma quel che non torna non è il significato simbolico del neurone specchio: non torna il funzionamento in termini circuitali e bio-elettrici; in parole povere non tornano le scansioni temporali.

Le relazioni tra animali, la competizione per il cibo, la predazione e le tecniche di difesa, ma anche il tennis, il pugilato, la direzione d’orchestra, il canto corale e il contrappunto ecc. vivono grazie alla comprensione dell’intenzione d’azione e non grazie alla mera comprensione dell’azione. Se si legge con attenzione lo studio che ha descritto l'esperimento originario (1996) e si esamina la base dei tempi delle figure riportate, ci si rende conto che è difficile desumere da tale esperimento il passaggio concettuale fra l’intenzione d’azione e la comprensione dell’azione.

La teoria del neurone specchio si sostenne inizialmente grazie al neurone della scimmia che “sparava” sia quando era la scimmia a prendere il cibo, sia quando osservava compiere tale azione da parte dello sperimentatore: è proprio questa frase a essere usata come incipit di molti articoli scientifici. Ma la scimmia osservava o “pensava” a qualcos’altro, come ad esempio a come prendere il cibo con un braccio bloccato. Inoltre, sempre con riferimento all’esperimento citato, la simulazione “automatica” per la comprensione dell’azione "osservata" sarebbe inutile anche dal punto di vista della sopravvivenza (leggasi predatore-preda e tempo di reazione e tempo di reazione psicotecnico).

Come effetto di una qualunque interazione tra l'individuo e l’ambiente esterno (i propri simili, una pietra, i suoni, i paesaggi ecc.) troveremo delle attività cerebrali; al contrario, il cervello sarebbe morto. Associazioni d’idee? Parliamo pure di effetto trigger, ma non di specchio. Non deve dunque stupire che studiando un qualunque fenomeno con la fMRI, piuttosto che con gli elettrodi impiantati, si possano rilevare “attività” registrabili e coerenti. Allora, sono stati “identificati” questi neuroni o piuttosto è stato rilevato un epifenomeno, già delineato da Aristofane, formalizzato dalla Gestalt e che ognuno può notare interrogando se stesso? E’ la stessa domanda che si erano posti anche alcuni ricercatori olandesi come Sebo Uithol e colleghi con un articolo dal titolo significativo: “When Do We Stop Calling Them Mirror Neurons?”

E io vi attribuisco questo significato: se cercando di scoprire le proprietà dei neuroni specchio vi ritroviamo tutte le proprietà possibili e immaginabili, ossia tutte quelle che sotto varie forme le scienze umane, come la psicologia, la sociologia, la neurologia, avevano già classificato, è sufficiente tornare al punto di partenza. Ossia, chiamiamoli neuroni e attribuiamo il significato di specchio a un modello concettuale, tanto per districarsi nella complessità che permea il direttorio mente e cervello. Il termine specchio semmai dovrebbe essere attribuito a una classe di proprietà o anche alle modalità funzionali del cervello e non a una popolazione di neuroni individuabile. E' per questa ragione che, a mio giudizio, in quell’esperimento del 1996 e nei successivi le somme sono state tirate troppo in fretta: lo stesso lavoro di Iacoboni del 2010 lascia ancora aperta la questione. Non è un caso che Biomedical Science Instrumentation nel 2011 riporti una valutazione dubitativa riguardo l’interpretazione dei risultati ottenuti a Los Angeles.

Io sono un ingegnere, un bioingegnere per la precisione. Nella mia vita professionale, come ingegnere, ho sempre avuto a che fare con le scienze matematiche, ossia con quelle scienze che poggiando sui numeri fanno sembrare – e sottolineo sembrare – che si possa giungere a soluzioni prive di errore; e che, nell’applicazione dei modelli alla realtà pratica, si possa rifuggire da interpretazioni errate attraverso procedure di calcolo. La scelta delle procedure di calcolo non è però univoca, ma semplicemente di solito ne viene privilegiata una: quella tesa a ridurre semplicemente il distacco tra il calcolo, attraverso il modello, e l’osservazione “strumentata” del fenomeno reale. A sua volta la misura avviene mediante strumenti più o meno complessi che da un lato sono per natura imprecisi, dall’altro sono stati scelti in base ai modelli teorico-interpretativi a priori adottati, pena la non confrontabilità del risultato (numerico) ottenuto col modello, rispetto al rilievo sperimentale. In questo senso le misure sui neuroni specchio parrebbero sincronizzarsi con le scienze esatte.

Come bio(ingegnere) invece sono ogni giorno immerso nei problemi di una disciplina che più di ogni altra intende spiegare la vita come questa si manifesta, la biologia appunto, una scienza che si alimenta di ricerca sperimentale e analisi quantitative – lineari e non – in cui la statistica, scienza dell'inferenza e della probabilità, gioca un ruolo decisivo – ma non necessariamente congruente – e dove la complessità è di casa. Per questo motivo il team del mio Laboratorio è composto oltre che da ingegneri e biologi, da fisici, da neurologi, da neurochirurghi, da neurofisiopatologi, da neuropsichiatri, da psichiatri, da “misuristi”. Inoltre ogni atto del nostro lavoro di ricerca viene trattato secondo il metodo falsificazionista (Popper).

Per completare il ragionamento vale sottolineare che un modello che soddisfa gli esperimenti non è necessariamente un modello corretto, anzi può essere proprio il modello sbagliato. Citiamo un esempio utile per descrivere il giorno e la notte. Il sole che gira attorno alla terra è un modello efficientissimo e dà un risultato coerente con l’osservazione. Ancora oggi, a distanza di centinaia di anni da Tolomeo, usiamo dire: “il sole si alza alle...” E lo si usa pur sapendo che è la terra a girare su se stessa; che poi la terra giri anche attorno al sole questa è ancora un’altra faccenda.

Se è vero che le scoperte scientifiche e la messa in discussione di precedenti teorie partono generalmente da nuove ipotesi teoriche e/o da stimoli applicativi, è proprio grazie a una intensa campagna di ricerche condotte presso il Laboratorio di Bioingegneria dell’Università di Udine a partire dall’autismo, che è sorto un dubbio circa i neuroni specchio: questo dubbio riguarda proprio il ruolo e la stessa esistenza di un sistema “mirror” umano, inteso come Mirror Neuron System. E’ un dubbio che si è radicato rapidamente a partire da osservazioni di natura squisitamente oggettiva (falsificazionista) che ha portato alla necessità di una rilettura analitica dei citati lavori sui macachi dall’88 ad oggi.

Gli studi che dimostrerebbero l'esistenza dei neuroni specchio nei primati e nell'uomo non hanno retto a un controllo incrociato da parte del team sopra menzionato. In particolare ne è risultato che le metodiche di indagine utilizzate dagli scopritori di questi neuroni non sono completamente convincenti. Nel dubbio, alcuni esperimenti sono stati replicati, ottenendo risultati completamente diversi, per non dire opposti. Siccome i nostri studi sono stati pubblicati su riviste internazionali, questa volta specializzate in misure, riteniamo che i nostri risultati debbano essere presi in seria considerazione (Biomed. Sci. Instr. o JEK). Ne discende che perlomeno il dibattito sui neuroni specchio è ancora aperto e il collegamento con l’autismo, come è riportato dal Journal of Electromyography & Kinesiology, è veramente fragile per non dire inconsistente. In generale le incongruenze a nostro giudizio riguardano proprio l'impalcatura della teoria che vuole riconoscere un sistema “a specchio” nell'uomo fondato su di una specifica classe di neuroni e l’uso del paradigma in ogni dove.

Secondo noi l’argomento, invece di restare nell’ambito della ricerca neuroscientifica e strumentale fino a una completa disamina, si è spostato troppo in fretta su altri tavoli, quelli non disturbati dalle attrezzature di laboratorio, in ambienti che congetturano su indizi dimenticando che mille indizi non fanno una prova. In alcuni casi il risultato di questa operazione ha rischiato di “far passare sotto panni scientifici l'ingenua metafisica”; e non mi riferisco ai neuroni specchio in quanto tali ma ai fiumi di significati, anche contrapposti, che ad essi sono stati di volta in volta attribuiti. Infatti attraverso associazioni di idee più o meno metafisiche si arriva a nuovi “assunti” circa la natura dell'uomo, circa il rapporto empatico con gli altri esseri viventi e le varie disfunzioni dell'intelletto cagionate da una sfortunata “rottura degli specchi”, nonché con il “libero arbitrio” (disputa medioevale...) e i problemi dell'anima ove, per i credenti, i neuroni specchio potrebbero rappresentarne la dissoluzione, proprio perché se all'interno dei processi decisionali umani fosse operante un meccanismo del genere, non controllabile razionalmente, resterebbe ben poco alla libertà dell'uomo, alla responsabilità di ciascuno per le proprie azioni individuali, influenzate “ab origine” da un riverbero meccanicistico.

In un successivo articolo entreremo nel vivo dell'analisi, con una review della letteratura scientifica pubblicata a oggi sull'argomento e anticipando i risultati di studi in corso.

Prof. Paolo B. Pascolo
Ordinario di Bioingegneria Industriale
Università degli Studi di Udine

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Esiste la legge elettorale perfetta? - Wired.it

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Il mondo della politica torna a parlare di legge elettorale e già ci sono levate di scudi. C'è chi decreta la fine del bipolarismo, chi chiede a gran voce il ritorno delle preferenze. E le lotte intestine rischiano di spaccare Partito democratico e Popolo delle libertà. Ci sono ottimi motivi per riformare l'attuale legge elettorale (passata alla storia con il soprannome Porcellum), ma già che ci siamo potremmo domandarci: in generale, qual è il miglior sistema di voto? Un sistema elettorale giusto dovrebbe rispondere a dei requisiti semplici e cruciali, per esempio dovrebbe essere:

Democratico: non ci possono essere dittatori, ovvero un singolo individuo che decide per tutti;
Rappresentativo: se tutti preferiscono il candidato Paperino al candidato Pippo, allora l'esito dev'essere a favore di Paperino;
Indipendente dalle minoranze: se tutti preferiscono Paperino rispetto a Pippo, l'esito non deve cambiare se per caso cambiano altre preferenze per i candidati minori (del tipo se Pippo è a sua volta considerato migliore di Topolino, o viceversa).

Requisiti fin troppo semplici e ovvi, su cui possiamo trovarci pacificamente quasi tutti d'accordo. Ma qual è il sistema di voto migliore per soddisfarli tutti e tre? Nessuno. No, non è un lamento qualunquista: è la classica affermazione della teoria dei giochi nota come teorema di impossibilità di Arrow. Lo dimostrò l'economista Kenneth Arrow nel 1951, proprio mentre cercava di trovare un sistema elettorale ottimale - ricerca che gli fece vincere il premio Nobel per l'economia nel 1972.

Arrow ha dimostrato che qualsiasi sistema di voto semplice a cui partecipino più di due partiti non può soddisfare tutte e tre le condizioni di cui sopra. Non importa quanto raffinata o arzigogolata sia la legge elettorale, si violerà per forza una delle tre condizioni di cui sopra. In particolare, dato per assodato che nessuno (si spera) voglia una dittatura, questo significa che inevitabilmente le elezioni possono portare a far vincere un candidato che non piace alla maggioranza degli elettori.

Il caso più banale è ben noto. Immaginiamo di avere due candidati simili fra loro, Pippo e Pluto, tra i quali si divide il voto, e un terzo candidato, Paperino. Presi uno alla volta, in una competizione a due, sia Pippo sia Pluto batterebbero senza problemi Paperino. Ma quando si mettono tutti e tre insieme, Pippo e Pluto si devono dividere i voti di chi non vuole Paperino: sebbene quindi la maggioranza preferisca Pippo o Pluto rispetto a Paperino, Paperino si trova a vincere le elezioni.

Questo meccanismo inoltre favorisce il cosiddetto voto tattico, facendo sì che convenga per esempio rovesciare tutti i voti sul più forte dei due candidati simili anche se, a priori, ne preferiremmo un altro. Turarsi il naso e votare chi conviene, invece di chi vogliamo davvero.

Fin qui niente di nuovo. Ma il teorema di Arrow è molto insidioso. Nel 2010 in Inghilterra, proprio nella speranza di evitare questi problemi, il partito dei Liberal Democrats insistette e ottenne un referendum per cambiare radicalmente la legge elettorale. Il sistema che volevano introdurre era il cosiddetto alternative vote: invece di fare una singola crocetta sul candidato preferito, il votante avrebbe messo i candidati in ordine di preferenza. Se nessun candidato ha la maggioranza assoluta come prima preferenza, si tolgono le prime preferenze per il candidato di minoranza assoluta e si vanno a contare le seconde preferenze, etc. fino a trovare una maggioranza assoluta.

Secondo i promotori del referendum, questo sistema avrebbe corretto le storture (voto tattico e dispersione dei voti) del sistema elettorale normale, in quanto ogni votante avrebbe potuto dare onestamente le sue preferenze e, se il candidato preferito non avesse avuto speranze di vincere, si sarebbe contata la seconda alternativa. Per la cronaca, il referendum ha perso e nel Regno Unito è rimasto il sistema maggioritario secco, ma anche se avesse vinto, il teorema di Arrow avrebbe annientato le buone intenzioni dei proponenti.

Per capire perché, il matematico Donald Saari, dell'Università della California, fa un semplice esempio. Immaginiamo di avere 15 persone che devono decidere se bere latte (L), vino (V) o birra (B). Per decidere, scrivono su un foglietto le bevande nell'ordine in cui le preferiscono.

Contando solo i voti della bevanda preferita in assoluto, come in un'elezione normale, il latte sembra essere il vincitore, con sei voti contro 4 e 5. Questo però scontenta molto la maggioranza degli elettori, che chiaramente mette il latte per ultimo. Se usassimo l' alternative vote? Il voto preferito di minoranza (il vino, con 4 voti) verrebbe scartato e si conterebbero le seconde preferenze. Avremmo così 6 voti per il latte e 5+4=9 per la birra. Ma è il risultato migliore? Non sembra chiaro: solo 5 persone lo mettono come prima preferenza, e ben 6 lo mettono per ultimo.

In realtà, se si vanno a guardare le preferenze, il vincitore morale dovrebbe essere il vino! Infatti questo non è mai ultimo: è il preferito in 4 casi e secondo in 11. Come tale è la scelta che scontenta meno persone. Eppure nessuno dei due sistemi elettorali lo farebbe vincere.

Questo ha portato Saari a concludere che “ i risultati di un'elezione dicono di più sulla legge elettorale che sui desideri degli elettori”. Infatti è quasi sempre possibile trovare un sistema di voto apparentemente onesto e giustificabile capace di far vincere qualsiasi candidato, a prescindere dalle preferenze dei lettori.

Esiste una via d'uscita da questo scenario? Sempre secondo Saari, la migliore legge elettorale è il cosiddetto metodo Borda, dal nome del francese che lo concepì nel 1770. Oggi viene usato pochissimo - precisamente in Slovenia, Kiribati e Nauru. Con questo metodo, alla preferenza viene associato un punteggio: per esempio 2 punti al primo, 1 punto al secondo e 0 al terzo. Sommando poi tutti i punti, si trova il risultato dell'elezione. Con questo metodo, sommando i punti, nel nostro esempio il vino avrebbe vinto di gran lunga, con 19 punti contro 14 per la birra e 12 per il latte. Ma non è solo un giocattolo: Saari ha analizzato per esempio i sondaggi elettorali delle elezioni presidenziali statunitensi del 2000 - e con questo metodo, contando anche le preferenze dei votanti per Ralph Nader, Al Gore avrebbe vinto le elezioni, non George Bush.

Purtroppo però anche il metodo Borda soccombe al solito teorema di Arrow: anche questo metodo può generare risultati falsati (anche se è più difficile dimostrarlo). Inoltre conviene molto il voto tattico: se c'è un candidato che non ci dispiace troppo rispetto al nostro preferito, ma che è particolarmente temibile, conviene metterlo ultimo per farlo perdere.

Ma c'è un'alternativa radicale: il cosiddetto voto a punteggio o range voting. In questo caso non si fanno più scalette di preferenze, ma semplicemente si assegna a ogni candidato un punteggio, diciamo da zero a dieci. Un po' come si fa per i voti dei tuffi alle Olimpiadi. Alla fine, vince chi ha la maggiore somma dei punti.

Può sembrare molto simile al metodo Borda, ma c'è una differenza fondamentale: questo è l'unico metodo che può violare il demoniaco teorema di Arrow! Il teorema infatti si applica solo a tutti i sistemi di voto che impongono di assegnare un ordine di preferenza tra i candidati. Ma qui due o più candidati possono avere lo stesso punteggio, e posso assegnare il punteggio che voglio: 0 a tutti o 10 a tutti, al limite. Inoltre il voto a punteggio permette all'elettore di esprimere pienamente la sua opinione: per esempio, non dando nessun punteggio a un candidato su cui non ha opinione, o dando punteggi egualmente alti (o bassi) a candidati che reputa egualmente degni o indegni.

In pratica anche qui ci sono delle trappole, tra cui il solito voto tattico, aggravato dalla circostanza che ogni scheda elettorale può avere un peso molto diverso (se 9 persone danno 1 punto a Pippo e 0 a tutti gli altri, e io do 10 punti a Paperino e 0 a tutti gli altri, vince Paperino anche se nessun altro lo voleva). Inoltre ha delle proprietà considerate ripugnanti dagli studiosi di scienze politiche, come il fatto che un candidato che non è il preferito di nessuno ma che viene più o meno valutato decentemente da tutti può facilmente vincere un'elezione. E in effetti per ora, Olimpiadi a parte, nessuno lo usa.

Il voto a punteggio ha però agguerriti sostenitori online, specialmente tra i geeks - per esempio un matematico del Mit, Warren D. Smith, ha creato un esaustivo sito di propaganda per il voto a punteggio dove spiega fino allo sfinimento i vantaggi matematici del metodo. Smith sostiene che simulazioni al calcolatore indicano che il voto a punteggio è comunque, in circostanze realistiche, il più resistente, ovvero quello dove il risultato finale soccombe meno al voto tattico, nonché in media quello che dà un risultato più corrispondente alla volontà degli elettori.

A meno di seguire un'alternativa apparentemente pazzesca, che è la lotteria dei voti. Ovvero, si vota normalmente, con una crocetta sul candidato preferito, e poi si estrae a caso una scheda dall'urna, che nomina il vincitore. Più è votato un candidato, più è probabile che venga estratto, e in questo senso è un metodo del tutto onesto e rappresentativo. In questo caso ogni voto strategico perde di senso: il modo migliore per sperare che il proprio candidato vinca è votare, semplicemente, per il proprio candidato. Ovviamente però, un colpo di fortuna può far eleggere un candidato di assoluta minoranza.

Follia? Può darsi, ma almeno uno studioso di legge, Akhil Reed Amar a Yale, lo ha discusso seriamente. Isaac Asimov ipotizzò un sistema simile in un racconto di fantascienza, diritto di voto (" franchise") del 1955, dove l'intelligenza artificiale Multivac seleziona ogni anno un'unica persona come elettore. Einstein è stato smentito quando diceva che “ Dio non gioca a dadi”: chissà se un giorno saremo costretti ad ammettere che affidarci al caso è il miglior modo di far funzionare la democrazia.

(Credit per la foto: Corbis Images)

La formula del gatto sul Web - Wired.it

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l kawaii, l’abbiamo detto, è una cosa Giapponese. Ma qui siamo oltre: qui siamo a una società di telecomunicazioni che usa video di YouTube con gatti come spot per un servizio innovativo, per sfidare i colossi della telefonia mobile. E sempre per lo stesso motivo: perché qualsiasi testimonial è se stesso, un attore famoso è se stesso, e al massimo può incarnare un po’ del nostro desiderio di immedesimarci nei suoi panni; invece il gatto, soprattutto se autonomamente divertente e plastico, è tutti noi, è il nostro beniamino, è quello che rivediamo cento volte quando siamo a casa ubriachi con gli amici.

Ci sono pochi posti dove la storica diatriba cane/gatto si manifesta in tutta la sua sostanza come la socialità in rete. Qui, scorporati dai casi singoli e dalla conoscenza specifica dei padroni, cani e gatti riescono a esibire differenze profonde innegabili. Pensate ai cani celebri della rete. Ripensateci. Ecco, ora forse vi è venuto in mente qualcosa, ma niente di eclatante: qualche video che avete visto, qualche momento buffo, o forse una galleria di foto del chihuahua di Mickey Rourke, ormai scomparso da qualche anno. Ma i cani rientrano nel novero delle bestie, e di bestie in rete ce ne sono tante, con pelo, pinne, squame, penne. I gatti hanno proprio un’altra natura.

D’altro canto il meccanismo è semplice. Che cosa caratterizza un cane? Ci sono la fedeltà, il senso di responsabilità, l’attaccamento, la disposizione al sacrificio, il ripercorrere con rassicurante ripetitività sempre lo stesso tratto di giardino fino a consumare l’erba, e descrivere un sentiero spoglio dedicato alla costanza quotidiana. Questi sono i cani, eroi dei terremoti e delle slavine, amici e assistenti dell’uomo per la voglia di giocare. Ma chi di noi può o vuole associarsi ai lati positivi del cane? Nessuno. Per prima cosa si rischierebbe di incensarsi eccessivamente, e secondariamente si trasmetterebbe un senso di noia parrocchiale che già nella vita fisica risulterebbe stucchevole: nel catalogo di etichette individuali che sono i profili della rete, l’effetto sarebbe quello di parente stretto di Ned Flanders, il vicino di casa di Homer Simpson. Attenzione, sia chiaro, qui non stiamo riproducendo uno di quei meccanismi di schieramento su cui si originano le fiammate dei forum ormai da alcuni decenni, per cui uno scrive "I cani sono solo servili e petulanti", e gli insulti con i padroni di gatti si dipanano per diversi giorni. Stiamo parlando di come le caratteristiche tipiche, evidenti, stereotipate dei due animali da compagnia più diffusi siano profondamente diverse, e quelle del cane risultino molto difficilmente spendibili come metafora, reale o attribuita, del carattere di una persona.

Il gatto gode di una serie di caratteristiche fisiche e culturali che lo rendono semplicemente perfetto sia in sé che come avatar.
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Moria delle api, ecco come agiscono i pesticidi [foto] - Wired.it

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Il fenomeno è noto come sindrome da spopolamento delle api. Più semplicemente: le api scompaiono, ce ne sono sempre di meno. Misteriosa ancora la causa (o le cause) della drastica diminuzione di questi insetti preziosi per l’ impollinazione di piante da fiore, ma anche di molte coltivazioni e di piante da frutto come mandorli, meli, mirtilli. A gettare un po' di luce sulla vicenda sono ora a due studi, pubblicati su Science, che esaminano l’effetto dei pesticidi su questi animali.

Nel novero dei responsabili, infatti, insieme ai cambiamenti climatici, alle colture ogm, all’ inquinamento elettromagnetico e ad agenti patogeni naturali, c’erano anche gli insetticidi usati per proteggere le coltivazioni da ospiti indesiderati. Di quale colpa imputare i pesticidi – in particolare i neonicotinoidi, una classe introdotta sul mercato tra gli anni '80 e '90 e oggi diffusa in tutto il mondo, che agisce sul sistema nervoso degli insetti – ancora non si era certi.

Per stabilirlo e per comprendere l’effetto di queste sostanze su api e bombi (anch’essi colpiti da una drammatica riduzione di numero negli ultimi anni, soprattutto nel Nord America), è un gruppo di studio guidato da Penelope Whitehorn dell’ Università di Stirling, (Regno Unito). I ricercatori hano esposto alcune colonie di Bombus terrestris a una dose di imidacloprid comparabile a quella normalmente usata dagli agricoltori. Successivamente, hanno portato queste colonie ed altre non esposte all’insetticida in un campo chiuso, dove gli insetti potessero volare liberamente alla ricerca di polline per sei settimane.

All’inizio e alla fine dell’esperimento i ricercatori hanno pesato ognuno degli alveari dei bombi (nella misurazione è incluso il peso degli insetti, della cera, del miele e del polline) per determinare la crescita della colonia. Queste analisi hanno mostrato che, rispetto alle colonie di controllo, quelle trattate sono ingrassate poco – tra l’8 e il 12 per cento in meno – il che suggerisce che una quantità inferiore di cibo è arrivata a destinazione. Le colonie trattate, inoltre, hanno prodotto circa l’85 per cento in meno di nuove api regine. Questo ultimo dato, secondo gli studiosi, è particolarmente importante perché la nascita delle api regine si traduce automaticamente nello stabilirsi di nuovi alveari l’anno seguente. Questa riduzione di regine può voler dire fino all’85 per cento in meno di nuovi nidi.

La spiegazione sembra arrivare dalla Francia, dall’ Istituto nazionale per la ricerca agricola (Inra) di Avignone. Qui un équipe di ricercatori guidati da Mickaël Henry hanno taggato alcune api per seguirne gli spostamenti, equipaggiandole con piccoli microchip Rfid sul dorso. In questo modo potevano tracciarne i percorsi da e verso l'alveare.
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Neutrini più veloci della luce: si dimette il fisico dell'esperimento - Wired.it

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Nessuno ha mai avuto il coraggio di parlare di Nobel per la fisica, ma tutti sapevano che, se le misure del fisico Antonio Ereditato fossero state confermate, il prezioso riconoscimento sarebbe finito proprio sulla scrivania dello scienziato italiano. Purtroppo per Ereditato le cose sono andate tutte nel verso sbagliato e, quello che poteva essere un sogno, si è trasformato in un vero e proprio incubo. Il fisico italiano, che già inizialmente si era scontrato con lo scetticismo della comunità scientifica mondiale, è stato tradito sia dai suoi numeri, quelle misure mascherate da superneutrini, sia dai colleghi che lui stesso coordinava nell’ esperimento Opera. Una serie di colpi talmente duri che lo hanno portato a rassegnare le dimissioni da portavoce di Opera.

La decisione di Ereditato arriva, infatti, dopo la presentazione di una mozione di sfiducia nei suoi riguardi da parte di alcuni membri della collaborazione. La mozione non è passata, ma la tensione del team era diventata talmente ingestibile che Ereditato ha ritenuto opportuno dimettersi per mancanza di un “sostegno adeguato”. E ora, di nuovo, i riflettori sono tutti puntati su di lui. Oltre il danno, le dimissioni, la beffa dell’ennesima fuga di notizie che questa volta riguarda la sua rinuncia al ruolo di portavoce di Opera.

“No comment”, sono le uniche parole che Ereditato concede alla stampa. Un “no comment” che ribadisce più volte a tutte le domande che riguardano il suo incarico, le sue dimissioni e quelle maledette misure che lo hanno contrapposto a un colosso della scienza, Albert Einstein.

Le dimissioni del fisico italiano, di origine napoletana, hanno però un significato ben più profondo per il futuro della collaborazione Opera. Significano probabilmente che la caccia al superneutrino passerà in secondo piano e che ora il team ritornerà a lavorare principalmente sugli obiettivi iniziali. “L’Infn auspica che la collaborazione Opera possa ritrovare unità e nuova leadership nel perseguire il suo primario obiettivo specifico, quello di osservare la comparsa di neutrini di nuovo tipo a partire dai neutrini di tipo mu provenienti dal Cern (oscillazioni dei neutrini)”, commenta Antonio Masiero, vicepresidente dell’ Istituto Nazionale di Fisica Nucleare. Questo però non significa che la questione verrà definitivamente archiviata e dimenticata.

“Ricordiamo che ulteriori e definitive misure della velocità dei neutrini – sottolinea Masiero - saranno effettuate al Gran Sasso da quattro esperimenti (tra i quali lo stesso Opera) quando il Cern invierà un nuovo fascio di neutrini a pacchetti alla fine del mese di aprile”.

Nello smontare le misure di Ereditato i laboratori del Gran Sasso hanno contribuito tanto.
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venerdì 30 marzo 2012

EnemyGraph: monitora i tuoi nemici su Facebook [test] - Wired.it

Condé Nast

©Edizioni Condé Nast S.p.A. - P.zza Castello 27 - 20121

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SOCIETÀ CON SOCIO UNICO

Crea un tuo profilo alternativo su Facebook, dove elencare le cose che odi. Altro che "aggiungi agli amici". Ora puoi aggiungere i nemici, grazie a EnemyGraph, una nuova applicazione da attivare sul social network sviluppata da Dean Terry, un professore dell'università del Texas. Il servizio, che sulla carta vuole essere la nemesi di Fb, ti consente di elencare pagine fan o persone che serenamente odi per monitorarne le attività e vedere chi, al contrario di te, apprezza ciò che tu detesti. Lo sviluppatore non ha nascosto i suoi intenti vagamente provocatori e ha dichiarato di aspettarsi il ritiro della sua app da parte dei legali di Zuckerberg. L'origine della creazione di questa app andrebbe cercata addirittura nella polemica sul tasto "non mi piace", di cui spesso si discute quando si fa della filosofia spiccia applicata a Facebook: il social network vuole solo sentimenti positivi e censura tuttò ciò che abbia un karma negativo? Ma i nemici non sono parte stessa della vita (reale e in Rete) e il buonismo non è, alla fine, un difetto? Ecco cosa vuole dimostrare EnemyGraph, consentendovi di stilare le vostre liste nere.

La nuova applicazione ha riscontrato molto interesse e in Rete se ne discute parecchio, ancora una volta più su un piano teorico che strettamente pratico. Abbiamo cercato di provarla, ma non funziona benissimo. EnemyGraph ci sottopone a navigazione lentissima (sia su Chrome sia su Firefox), estenuanti attese e blocchi continui che mettono a repentaglio il lato divertente della faccenda.

Vittime ancora del famoso buonismo, abbiamo cercato di aggiungere alcune pagine alle nostre liste dell'odio: la pioggia e lo stramaledetto Justin Bieber. La prima suggeritaci direttamente dalla nostra ingenuità, l'altro dalla lista delle 25 entità più detestate dagli utenti di EnemyGraph. Una volta aggiunta una pagina possiamo votare quanto la aberriamo e spiegare perché con un breve commento. La pagina verrà inserita nel nostro elenco. Poi il gioco si interrompe, perché la app collassa su se stessa e non ci fa proseguire. Più interessante, invece, la possibilità di aggiungere alla black list utenti fisici di Facebook, quelli che Zuckerberg vuole che siano tuoi amici a ogni costo. Qui in redazione abbiamo provato ad aggiungerci a vicenda (non ci odiamo per davvero - ne sei proprio sicuro, Philip? ndr) per dirci che ci detestiamo ma anche in questo caso, dopo lunga attesa su una pagina che non si voleva caricare, la app si è bloccata di nuovo e non ci è consentito proseguire.

Sulla carta, EnemyGraph dovrebbe anche offrire una funzione "Dissonance report" che dovrebbe inviare una notifica agli utenti quando un conoscente virtuale fa "Like" o diventa amico di qualcuno nella nostra lista nera. Per i problemi tecnici di cui vi dicevamo, non ci è stato possibile testarla. La cosa più divertente, che ci è ancora una volta stata impedita, è comunque l'elezione, tra ciò che abbiamo inserito nella classifica del peggio, dell' arcinemico, il mostro supremo, l'immagine del negativo, la cosa peggiore del mondo. Per l'attesa e il rodimento, per quanto ci riguarda, al momento noi di Wired.it ci mettiamo EnemyGraph stessa.

BMI, al via Sicode

GENOVA - La ricerca Italiana in prima linea nel nuovo progetto Europeo "Sicode", finanziato nell'ambito del programma "Future and Emerging Technologies" e dedicato allo sviluppo delle interfacce cervello - macchina (Brain Machine Interfaces, o BMI), a beneficio di quanti si trovano in una condizione di paralisi e di problemi motori. Il via oggi all'Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) di Genova.

Il consorzio Europeo degli istituti di ricerca coordinato da IIT si riunisce oggi per il primo incontro di avvio di un programma scientifico che perfezionerà l’ingegneria dei dispositivi cerebrali collegati alle macchine, approfondendo la comprensione del funzionamento del cervello durante il movimento del corpo. Le BMI sono oggi considerate la miglore soluzione per consentire a portatori di handicap motori, dovuti ad esempio a paralisi in seguito a danni alla colonna vertebrale o ictus, di tornare a muoversi. Finanziato nell’ambito del programma "Future and Emerging Technologies" (FET) della Commissione Europea, il progetto vedrà l’Italia ricoprire un ruolo di primo piano, con il coordinamento scientifico affidato a Stefano Panzeri del Center for Neuroscience and Cognitive Systems (IIT@UniTn) e il coinvoglimento della Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste (Sissa); parteciperanno inoltre il Max Planck Institute for Biological Cybernetics di Tubinga e l’Università di Zurigo.

Le interfacce cervello - macchina sono sistemi in grado di “leggere” gli impulsi provenienti dal cervello e tradurli in movimenti effettuati da periferiche quali gli arti robotici artificiali. "Il progetto – ha dichiarato oggi in una nota Stefano Panzeri dell’Istituto Italiano di Tecnologia – cambierà il paradigma relativo alla progettazione delle BMI: fino a oggi veniva presa in considerazione solo la connessione tra i neuroni deputati al movimento e l’oggetto esterno, quale un arto artificiale, senza tenere conto delle variabili di stato che influenzano i processi cerebrali, come gli stati di allerta, attenzione e motivazione. Ma il cervello è un sistema altamente complesso e solo prendendolo in considerazione nel suo insieme è possibile realizzare delle interfacce in grado di interpretare correttamente tutte le sfumature dei segnali ricevuti, dando così alle protesi a cui sono connesse la capacità di eseguire esattamente i movimenti desiderati".

Il progetto vedrà la partecipazione di un team interdisciplinare, che includerà neuroscienziati, matematici e ingegneri, per rispondere alla complessità insita nella ricerca di base e nella progettazione di sistemi che coinvolgono specialità così diverse tra loro. "La ricerca – aggiunge Vincent Torre, docente alla Sissa - si divide in due fasi, diverse ma complementari: innanzitutto cercheremo di comprendere quale sia l’attività elettrica del sistema nervoso in assenza di stimolazioni, ovvero studieremo quale sia la sua attività spontanea che da un punto di vista informatico rappresenta il rumore del sistema; la seconda fase del progetto consiste nella progettazione e realizzazione di BMI di nuova generazione capaci di leggere correttamente l’attività elettrica del cervello in prospettiva di poter contribuire a ridare una reale autonomia di movimento a chi è affetto da gravi handicap motori".

L’Istituto Italiano di Tecnologia (IIT) è una Fondazione di diritto privato istituita congiuntamente dal Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca e dal Ministero dell'Economia e Finanze, con l'obiettivo di promuovere l'eccellenza nella ricerca di base e in quella applicata e di favorire lo sviluppo del sistema economico nazionale. Lo staff complessivo di IIT conta circa 900 unità. L’area scientifica è rappresentata da circa 550 persone, di cui quasi il 25% è costituito da stranieri provenienti da più di 35 paesi di tutto il mondo, e circa il 15% da “cervelli italiani rientrati”. Il 25% circa dello staff è composto da giovani studenti di dottorato. La produzione di IIT vanta circa 65 brevetti e più di 2000 pubblicazioni.

Nella sede di Genova collaborano i dipartimenti di Robotica (“Robotica, Cervello e Scienze Cognitive” e “Robotica Avanzata”), le facility “iCub” e “Pattern Analysis & Computer Vision”, i dipartimenti orientati alle Scienze della Vita (“Neuroscienze e Tecnologie del Cervello”, e “Scoperta e Sviluppo Farmaci”) e le facility di Nanobiotecnologie (“Nanochimica”, “Nanofisica” e “Nanostrutture”). La Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati (Sissa) offre 13 corsi di dottorato nei campi della fisica, della matematica e delle neuroscienze e promuove la ricerca avanzata in un ambiente internazionale. Con 247 studenti attualmente iscritti, di cui il 30% donne e il 36% stranieri di 30 diverse nazionalità, vanta oltre 900 studenti già avviati alla ricerca scientifica.

Ultimo aggiornamento ( Giovedì 29 Marzo 2012 13:41 )

Ti Sorrido Mentre Affogo - Caparezza (Official Video) - YouTube

Non mi interessa essere capito, mi interessa ESSERE... capito?

Download film Interferenza di Elettroni

Manhattan, New York, USA. Helicopter flight. Aerial photography by Oleg Gaponyuk - AIRPANO.RU

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giovedì 29 marzo 2012

Photo-dna, un "timbro" digitale per la caccia alle violenze in Rete - Il Sole 24 ORE

Milioni di immagini pornografiche che ritraggono bambini vittime di violenza, facilmente scambiabili on line ma difficilmente oscurabili. l'altra faccia di Internet, che associa milioni di possibili utenti a persone senza scrupoli nascoste dall'anonimato. Per scovarle, la Polizia postale pua contare anche su Photo-dna, una tecnologia di corrispondenza delle immagini, capace di consentire un notevole passo in avanti nella lotta alla agli abusi su minori in Rete.

Arma tecnologica per monitorare il web
Si tratta infatti di un software in grado di creare una firma univoca per un'immagine digitale, alla stregua di un'impronta digitale, coshe questa possa essere confrontata con le "firme" di altre immagini, trovando rapidamente sul web le copie di una foto specifica. Sviluppata da Microsoft research e Dartmouth college, Photo-dna mette oggi in grado molti provider di servizi online di ricercare, segnalare ed eliminare alcune delle peggiori immagini di violenze su bambini presenti su Internet. Grazie a un accordo tra la stessa software house e la nostra Polizia postale e delle comunicazioni, la tecnologia ntrata ora a far parte - a titolo gratuito - delle "armi tecnologiche" a disposizione delle forze dell'ordine, rendendo piile tracciare eventuali tentativi di pedopornografia online e creare collegamenti tra le segnalazioni dei servizi online e le indagini degli inquirenti per accelerare l'identificazione delle vittime degli abusi. Piplice anche "setacciare" l'enorme numero di immagini sequestrate dagli investigatori, ampliando il numero di casi seguiti dalla Polizia postale.

10mila immagini sotto osservazione
Per avere un'idea del fenomeno pedopornografia on line e dell'importanza di una adeguata tecnologia di contrasto, basta scorrere i risultati operativi del Nucleo postale. Grazie anche al sistema Cets (Child exploitation tracking system), il sistema di tracciamento contro la pedopornografia, oggi integrata con la tecnologia Photo-dna, spiega Antonio Apruzzese, direttore della Polizia postale e delle comunicazioni, siamo stati in grado di coordinare oltre 10.000 indagini, che hanno assicurato l'arresto di 422 sospetti, la denuncia di 7.584 persone e 6.548 perquisizioni. Solo in Italia, abbiamo poi oscurato 179 siti web, e inserito nella black list 1.086 siti pedopornografici, mentre i siti web monitorati sono oltre 360 mila.

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La pena di morte nel 2011 - YouTube

Hans Pfitzner: "Palestrina" - Prelude to Act II / Nelsons · Berliner Philharmoniker - YouTube

PI: ACTA, deciderà il Parlamento Europeo

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Roma - 21 voti a favore, 5 contrari, 2 astensioni. La Commissione europea per il Commercio Internazionale ha così respinto la proposta presentata in Parlamento dal Commissario Karel De Gucht, per sottoporre il testo del famigerato Anti-Counterfeiting Trade Agreement (ACTA) al vaglio della Corte di Giustizia del Vecchio Continente.

Immediato il plauso da parte delle varie organizzazioni per la tutela dei diritti digitali. Gli attivisti di La Quadrature Du Net hanno sottolineato come il rifiuto espresso dai parlamentari d'Europa eviti uno stallo di 18 mesi nel dibattito pubblico relativo alla contestata adozione del trattato globale anti-contraffazione.

In altre parole, la proposta di De Gucht - affidare al più alto organo giudiziario il compito di stabilire se il trattato rischi di ledere in qualsiasi maniera i diritti fondamentali dei cittadini comunitari - avrebbe potuto di fatto congelato il dibattito su ACTA, una mera strategia politica per avviare una fase di stallo in attesa della Corte di Giustizia.
il testo di ACTA verrà ora votato dall'intero Parlamento d'Europa nel prossimo mese di giugno. Sempre secondo gli attivisti, una eventuale bocciatura andrebbe a poggiare la pietra tombale sul trattato per l'estensione globale della tutela della proprietà intellettuale e industriale.

"I trucchetti della Commissione sono stati evitati", ha chiosato Jérémie Zimmermann, portavoce de La Quadrature Du Net. Il parlamentare britannico David Martin è ora al lavoro per un documento che dovrebbe fare da base per la decisione del prossimo giugno. La petizione online per l'abolizione di ACTA ha raggiunto quota 2 milioni di firme.

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La Via lattea ospita 10 miliardi di pianeti abitabili - Wired.it

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2012 L'Ultima Profezia, History Channel 2011 - YouTube

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Si laurea in Filosofia a 89 anni - Corriere del Veneto

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VERONA - Una vita dedicata allo studio della letteratura, all’insegnamento dei classici greci e latini. Una passione, quella per l’umanistica, che ha mantenuto anche una volta ritirata dal mondo della scuola dove ha lavorato come insegnante e preside. Così, Meira Moyse, nata sull’isola di Cherso (Croazia) 89 anni fa quando era territorio del Regno d'Italia, ha deciso nel 2006 di iscriversi nuovamente all’università, esattamente sessant’anni dopo aver conseguito la prima laurea, in Lettere antiche all’università di Padova. «Allora lavoravo già - racconta Meira - i bidelli mi vendevano gli appunti e andavo a Padova solo per fare gli esami. Questa volta ho potuto frequentare le lezioni». E così si è laureata pienamente «in corso», con 110 e lode, prima nella triennale di Filosofia e poi, nella magistrale di Scienze Filosofiche all’Università di Verona. Oggetto della sua tesi di laurea, Francesco Patrizi, filosofo platonico vissuto a Cherso nel sedicesimo secolo (quando l'isola era territorio della Repubblica di Venezia), suo lontano antenato. La biografia della neolaureata racconta molto della storia contemporanea. Compiuti gli studi magistrali nella Dalmazia allora italiana, diventa esule in seguito alla presa del potere da parte del maresciallo Tito. Dopo essersi rifugiata in Friuli, si trasferirà a Verona a seguito del suo matrimonio. «Ho deciso di iscrivermi all’università per darmi un progetto di vita nella mia terza età - racconta - mi ha aiutata a tenere la mente in esercizio. Un’esperienza che consiglio a tutti».

D.O.

Himalaya au Village Vacances Valcartier

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mercoledì 28 marzo 2012

Galileo - Giornale di Scienza | Popcorn scoppiettanti di salute

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L'Europa è per le donne

Nell’ambito delle iniziative promosse dal Parlamento Europeo "L’Europa è per le donne" l’Associazione Italiana Donne Inventrici e Innovatrici presenta la conferenza sul tema:  La Donna nella societa` della conoscenza tra Ricerca – Innovazione – Impresa
Martedí 27 marzo 2012 alle ore 10 presso la Sala delle Bandiere, Via IV Novembre 149, Roma.

Per registrarsi inviare una email a: info@itwiin.it

 

 

IL PROGRAMMA

  9,30 – 10,00    Registrazione partecipanti

 

10,00 – 10,30   ITWIIN e come visualizzare e valorizzare la

                          creatività delle donne – Rita Assogna, Presidente ITWIIN

 

10,30 – 11,30  Il ruolo delle donne tra ricerca, innovazione e impresa

                          per contribuire allo sviluppo economico europeo.

                          Ricerca – Imprenditoria, due mondi separati:

                          Come facilitare l'incontro?

                          Come valorizzare e proteggere l’innovazione tramite IPR ?

                          (Intellectual Property Right)

 

Relatrici

                          Fernanda Irrera

                          Dip. di Ingegneria dell'Informazione, Elettronica e Telecomunicazioni

                            Università "La Sapienza" di  Roma - Chair del Italy Chapter IEEE-EDS

                            Delegata Sapienza nel consorzio IUNET-NanoElectronics

 

                          Mara Gualandi

                          APRE, NCP/Esperta naz.le Scienza nella Società, 7°Progr.  Quadro

 

                          Maria Pia Bucchioni

                          Presidente della Fondazione ITS per le Nuove Tecnologie per il Made in Italy – comparto servizi alle imprese

 

 11:30 – 13:00   Le itwiinners (le vincitrici del Premio ITWIIN /EUWIIN) e la loro

                         esperienza.

Partecipano

                         Roberta Martinetti  

                           A.Q/A.R. manager  Fin - Ceramica  Faenza S.p.A

 

                         Emanuela Ughi

                         Dip. Matematica e Informatica - Università di Perugia

 

                          Alessandra Fierabracci

                           Laboratori di Ricerca Osp. Pediatrico Bambino Gesù di Roma

 

Modera          Elisa Manacorda

                         Direttrice di “Galileo”

 

vai al sito galileoedit.it

Più che nelle noci, nel cioccolato o nella frutta: è nei popcorn la più alta concentrazione di polifenoli, gli antiossidanti naturali che contrastano la diffusione dei radicali liberi nell'organismo. Nei chicchi di granturco soffiati, infatti, secondo uno studio dei ricercatori della University of Scranton (Pennsylvania, Usa) presentato a San Diego al meeting annuale dell’American Chemical Society, questi polifenoli sono più concentrati rispetto a frutta e verdura.
Per la prima volta i ricercatori, coordinati da Joe Vinson, hanno calcolato il totale dei polifenoli contenuti nel popcorn, scoprendo che in questo la concentrazione di antiossidanti è paragonabile a quella delle noci, ed è fino a 15 volte superiore a quelle delle tortillas integrali. Secondo lo studio infatti, il contenuto totale di polifenoli in una porzione di popcorn può raggiungere i 300 mg rispetto ai 160 di una porzione di frutta e ai 114 mg di una di mais dolce. Quantità pari a circa il 13 per cento della dose giornaliera raccomandata.
Inoltre, spiegano i ricercatori, una porzione di popcorn fornisce il 70 per cento del fabbisogno quotidiano di cereali integrali. “I popcorn rappresenterebbero una merenda ideale”, afferma Vinson, “l’unico snack costituito al 100 per centro da cereale integrale. Tutti gli altri cereali, anche quando li chiamano integrali, sono in realtà lavorati e amalgamati con altri ingredienti; il termine 'integrale' significa soltanto che una percentuale superiore al 51 per cento del prodotto è il cereale intero”.
Il condizionale usato dal ricercatore è dovuto a quelle aggiunte che trasformano una merenda sana in una scorta di grassi e calorie: l’olio, il burro o una spolverata abbondante di sale.

Galileo - Giornale di Scienza | Come stai? Te lo dice il cerotto

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L'Europa è per le donne

Nell’ambito delle iniziative promosse dal Parlamento Europeo "L’Europa è per le donne" l’Associazione Italiana Donne Inventrici e Innovatrici presenta la conferenza sul tema:  La Donna nella societa` della conoscenza tra Ricerca – Innovazione – Impresa
Martedí 27 marzo 2012 alle ore 10 presso la Sala delle Bandiere, Via IV Novembre 149, Roma.

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IL PROGRAMMA

  9,30 – 10,00    Registrazione partecipanti

 

10,00 – 10,30   ITWIIN e come visualizzare e valorizzare la

                          creatività delle donne – Rita Assogna, Presidente ITWIIN

 

10,30 – 11,30  Il ruolo delle donne tra ricerca, innovazione e impresa

                          per contribuire allo sviluppo economico europeo.

                          Ricerca – Imprenditoria, due mondi separati:

                          Come facilitare l'incontro?

                          Come valorizzare e proteggere l’innovazione tramite IPR ?

                          (Intellectual Property Right)

 

Relatrici

                          Fernanda Irrera

                          Dip. di Ingegneria dell'Informazione, Elettronica e Telecomunicazioni

                            Università "La Sapienza" di  Roma - Chair del Italy Chapter IEEE-EDS

                            Delegata Sapienza nel consorzio IUNET-NanoElectronics

 

                          Mara Gualandi

                          APRE, NCP/Esperta naz.le Scienza nella Società, 7°Progr.  Quadro

 

                          Maria Pia Bucchioni

                          Presidente della Fondazione ITS per le Nuove Tecnologie per il Made in Italy – comparto servizi alle imprese

 

 11:30 – 13:00   Le itwiinners (le vincitrici del Premio ITWIIN /EUWIIN) e la loro

                         esperienza.

Partecipano

                         Roberta Martinetti  

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                         Emanuela Ughi

                         Dip. Matematica e Informatica - Università di Perugia

 

                          Alessandra Fierabracci

                           Laboratori di Ricerca Osp. Pediatrico Bambino Gesù di Roma

 

Modera          Elisa Manacorda

                         Direttrice di “Galileo”

 

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"Dispositivi che possono muoversi con te”. È uno degli slogan che si legge sul sito di mc10, spin-off dell'Università dell'Illinois a Urbana-Champaign. E va preso molto alla lettera, perché i loro strumenti elettronici possono essere più che indossati: possono essere persino tatuati. Prendiamo l'ultimo arrivato, presentato il 26 marzo al 243esimo National Meeting & Exposition dell'American Chemical Society (in corso in questi giorni a San Diego): si tratta di una sorta di seconda pelle elettronica che può essere stesa su una piccola superficie del corpo, proprio come un tatuaggio temporaneo. Per fare cosa? Per esempio per monitorare alcuni parametri fisiologici e trasmetterli, wireless, in tempo reale sia sul cellulare del diretto interessato sia al computer di un medico, se necessario. Questo è infatti ciò che promette John Rogers (tra i migliori scienziati del 2011 secondo Nature) e il suo team di ricercatori, che dal 2005 lavora a circuiti stretch e integrabili nel corpo umano.

In effetti, se c'è una cosa che Rogers e colleghi sanno fare è costruire circuiti elettronici su supporti ultrasottili, pieghevoli e deformabili. Il materiale di partenza è sempre il silicio, ma i piccolissimi chip sono disposti in uno speciale disegno ondulato su di un supporto elastico che permette al dispositivo di seguire ogni piccolo movimento della pelle.

I sistemi presentati ora a San Diego sono, in fin dei conti, una sorta di cerotti, ma dello spessore di appena 30 micron (un micron è un milionesimo di metro, come un capello), in grado di aderire perfettamente all'epidermide (grazie alla forza di van der Waals). Il cerotto è trasferito sulla pelle proprio come si fa con un tatuaggio temporaneo per bambini. Rispetto ai modelli precedenti, che duravano qualche ora, questi possono essere protetti da una speciale sostanza spray da usare dopo l'applicazione, e continuano a funzionare per oltre una settimana; in più lasciano traspirare la pelle, permettono la sudorazione e possono essere lavati.

In una piccola area possono essere contenuti migliaia di nano-sensori di vario tipo: punti di interfaccia con l'organismo che possono essere sensibili a particolari molecole, alla temperatura, allo stato di idratazione e persino all'attività elettrica del cervello. I tipi di nanostrumenti che potrebbero incorporare sono potenzialmente infiniti. In effetti, questi ultimi prototipi non sono stati pensati solo per monitorare dei parametri, ma anche per modificarli: per esempio potrebbero sia monitorare l'attività muscolare, sia stimolarla. Funzione che in futuro potrebbe trovare applicazione nella riabilitazione e nella fisioterapia, come nella cosmesi.

Un'altra delle possibili applicazioni è rivolta agli strumenti medicali di ultima generazione destinati a essere impiantati nel corpo, come gli stent coronarici. Rogers sta già studiando il modo di usare la pelle elettronica come rivestimento esterno di questi cateteri, in modo che funzionino da sensori per il monitoraggio fisiologico (per esempio cardiaco) durante e post operazione.
via wired.it

Galileo - Giornale di Scienza | Il cioccolato rende più snelli?

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L'Europa è per le donne

Nell’ambito delle iniziative promosse dal Parlamento Europeo "L’Europa è per le donne" l’Associazione Italiana Donne Inventrici e Innovatrici presenta la conferenza sul tema:  La Donna nella societa` della conoscenza tra Ricerca – Innovazione – Impresa
Martedí 27 marzo 2012 alle ore 10 presso la Sala delle Bandiere, Via IV Novembre 149, Roma.

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IL PROGRAMMA

  9,30 – 10,00    Registrazione partecipanti

 

10,00 – 10,30   ITWIIN e come visualizzare e valorizzare la

                          creatività delle donne – Rita Assogna, Presidente ITWIIN

 

10,30 – 11,30  Il ruolo delle donne tra ricerca, innovazione e impresa

                          per contribuire allo sviluppo economico europeo.

                          Ricerca – Imprenditoria, due mondi separati:

                          Come facilitare l'incontro?

                          Come valorizzare e proteggere l’innovazione tramite IPR ?

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Relatrici

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                          Maria Pia Bucchioni

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 11:30 – 13:00   Le itwiinners (le vincitrici del Premio ITWIIN /EUWIIN) e la loro

                         esperienza.

Partecipano

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                         Emanuela Ughi

                         Dip. Matematica e Informatica - Università di Perugia

 

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Chi è convinto che mangiare spesso cioccolato faccia inesorabilmente ingrassare dovrà ricredersi: i consumatori abituali sono in genere più magri di chi invece si concede il peccato di gola solo di tanto in tanto. È quanto sostiene un gruppo di ricercatori guidati da Beatrice A. Golomb della University of California di San Diego in uno studio pubblicato su Archives of Internal Medicine.
Per capire che relazione ci fosse tra consumo di cioccolato e l’indice di massa corporea (IMC) gli scienziati hanno arruolato un gruppo di 972 persone tra uomini e donne, senza diabete, alti livelli di colesterolo o malattie cardiovascolari. I ricercatori hanno quindi chiesto loro di compilare un questionario riguardo le loro abitudini alimentari e la frequenza con cui mangiavano cioccolato, registrando per ognuno anche l’indice di massa corporea. Correlando poi le abitudini “golose” all'IMC i ricercatori hanno scoperto che chi mangia più cioccolato – in termini di frequenza e non di quantità - è in genere anche più magro. E questo a prescindere dal fatto che si trattasse di persone che assumevano una quantità moderata di calorie o erano fisicamente più attive delle altre.
La correlazione trovata dai ricercatori – piccola, ma comunque significativa - sembrerebbe quindi avvallare l’ipotesi che il cioccolato sia un alimento neutro dal punto di vista calorico, che non pesa, letteralmente, sull’IMC. Anzi, ne favorirebbe addirittura l’abbassamento. Questo potrebbe in parte essere dovuto agli effetti benefici di alcuni nutrienti contenuti nel cioccolato, che oltre a essere ricco di zucchero e grassi, contiene infatti anche antiossidanti come le catechine, come riporta la Bbc. L’idea proposta dai ricercatori è che il consumo frequente di questi nutrienti benefici possa quindi contrastare l’accumulo di grasso derivante dall’assunzione delle calorie derivanti dal cioccolato. Anche se per comprendere meglio gli effetti metabolici di questo alimento servirebbe uno studio clinico randomizzato, come spiegano gli scienziati.
“Quanto abbiamo scoperto si aggiunge a un insieme di nozioni che suggeriscono come la composizione delle calorie, e non solo il loro numero, sia importante per determinare l’impatto finale sul peso di una persona. Nel caso del cioccolato è una buona notizia, sia per quelli che lo mangiano di frequente, sia per quelli che vorrebbero iniziare a farlo” ha concluso Golomb.