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Costa Concordia, i prossimi passi
Continua la ricerca dei dispersi. E ci si chiede: che fare di una nave da oltre 100mila tonnellate? Come impedire che diventi un disastro ambientale?
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17 gennaio 2012 di Chiara Di Martino
Una nave lunga quasi 300 metri e larga oltre 35, inclinata su un lato di circa 75-80° a poche centinaia di metri dall’Isola del Giglio: la Costa Concordia, 114.500 tonnellate, è attualmente incagliata sul fondale e ieri mattina, a causa di un leggero vento di Libeccio alzatosi nella notte, si è spostata di circa nove centimetri. Immediato lo stop dei soccorsi, ripreso soltanto nel pomeriggio, quando sono state segnalate alcune chiazze che si pensavano di combustibile “ leggero”. I mezzi anti-inquinamento del ministero dell’Ambiente sono intervenuti con panni assorbenti e materiale di contenimento per prevenzione, ma il liquido si è rivelato non essere carburante. Rispetto al contenuto del serbatoio (poco meno di 2.400 tonnellate), quindi, non sono stati segnalati sversamenti. Di là dall’impatto sull’ambiente in un territorio con grande ricchezza naturalistica, quello che ora ci si chiede con urgenza è: quali sono i passi per rimuovere la pesante struttura e ridurre al minimo i danni?
Sono tutti al lavoro: la Costa Crociere ha dato mandato ad alcune società di studiare un modo per rimuoverla sollevandola con palloni d’aria e, una volta rimessa in galleggiamento, trainata da rimorchiatori. “ In generale, quando si vuole liberare una nave dalla condizione di incaglio – spiega Salvatore Miranda, direttore del Dipartimento di Ingegneria Navale all’Università di Napoli Federico II - un’operazione immediata è scaricare pesi sicché la nave, diventando più leggera, tenda ad emergere liberandosi dall’incaglio. Nel caso purtroppo avvenuto, siamo in presenza di una nave che, probabilmente, in seguito ad un incaglio con notevole falla in carena, si è capovolta. Un aspetto fortemente critico è assicurare, oltre alla galleggiabilità, la stabilità dell’unità per poterla rimorchiare. Nel caso specifico questa esigenza potrebbe presentare condizioni molto critiche”. Quale destino per la nave e quali i tempi? “ Allo stato credo sia difficile fare previsioni; personalmente credo che, purtroppo, la soluzione porterà alla demolizione in loco dell’unità. Quanto ai tempi, per il recupero del carburante, create le necessarie sistemazioni di aspirazione – conclude il professore Miranda - , siamo nell’ordine delle settimane; per l’eventuale recupero del mezzo si richiedono mesi”.
Previsione molto vicina a quella effettuata da Emilio Fortunato Campana, direttore dell’Insean, Istituto di Ricerca nel settore dell’ingegneria navale e marittima del Consiglio Nazionale delle Ricerche - Dipartimento Energia e Trasporti. “ C’è ancora una possibilità residua che la struttura venga recuperata – chiarisce Campana – e per questo, tecnicamente, non si può ancora parlare di relitto. Ma più resta in acqua e più questa possibilità si allontana, anche perché ricostruirne l’impianto elettrico potrebbe non convenire dal punto di vista economico.
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