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sabato 28 gennaio 2012

L'Opinione delle Libertá

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“La crisi della nostra epoca (non mi stancherò mai di ripeterlo) è la crisi della capacità di ascoltare”: con queste parole il grande filosofo torinese Enrico Castelli Gattinara concludeva una lettera ad Ernesto Grassi, già nel lontano aprile 1959. A distanza di oltre mezzo secolo nulla è cambiato: se il Logos, la Parola è la Rivelazione di Dio nella Storia, è solo in una ritrovata capacità di ascolto, in un silenzio che diventa il centro dell’esistenza, che il cristianesimo trova la propria essenza, la sua ragione di attualità, anche nel Terzo Millennio.
È grazie al lavoro generoso e continuo di don Raffaele Pettenuzzo, direttore della collana “Scienze umane, filosofia e teologia” dello Studio Teologico del Seminario Arcivescovile di Benevento (dove insegna teologia e filosofia), edita dalla Libreria Editrice Vaticana, che ci viene riproposto il pensiero di questo filosofo la cui attività ha illuminato il XX secolo, diffondendo la riflessione filosofica italiana a livello mondiale.
Qualche settimana fa è stato presentato a Roma il terzo volume dell’excursus teoretico su Enrico Castelli, che segue a distanza di poco più di un anno i primi de: “Il demoniaco nell’arte fiamminga” e “La filosofia dell’arte sacra e il tempo perduto”.
Il nuovo libro è intitolato: “Perdita e ritorno della testimonianza”. La prima presentazione di questo libro in realtà è avvenuta già lo scorso novembre presso la Biblioteca del Senato. Non si tratta certamente di un libro di facile lettura: il pensiero di Castelli si esprimeva spesso per aforismi e paradossi, e farne una esposizione sistematica seguendone cronologicamente i percorsi, mettendolo contemporaneamente a confronto con l’esposizione del pensiero dei grandi filosofi e teologi d’oltralpe con cui Castelli ha intrattenuto diuturni e fecondi rapporti per la durata dell’intera vita, rende il compito ancora meno agevole.
In questo terzo volume, più che nei due precedenti, l’Autore si sofferma sullo sviluppo biografico dell’opera di Castelli, perché la riflessione sulla testimonianza costituisce il nucleo più attuale del pensiero castelliano, per comprendere la portata del quale non è possibile prescindere dal dato biografico.
Soprattutto, il rapporto tra mito e testimonianza, demitizzazione, sacro e profano, storia sacra e storia del sacro, tempo della tecnica (si badi bene: della “tecnica”, non della “scienza”. E questa profonda differenza concettuale sia Castelli che don Pettenuzzo la spiegano molto bene) e tempo dell’ascolto non sarebbero pienamente comprensibili nella loro portata se non messi in rapporto con i congressi nazionali ed internazionali cui Castelli ha partecipato e soprattutto con i Congressi Internazionali di Studi Umanistici prima, e con i “Colloqui Romani” organizzati da lui fino alla sua morte, avvenuta nel 1977.
È particolarmente significativo che il pensiero di Castelli ci venga riproposto oggi, che più che mai il nostro mondo pare avere smarrito del tutto il senso profondo del divino. Nel mondo d’oggi professare una fede sembra sempre più un residuo del passato, e d’altra parte la nostra è anche l’epoca dei fondamentalismi religiosi da un lato, e del proliferare delle sètte dall’altro: una fra le miriadi di contraddizioni che Castelli aveva già individuato e le cui conseguenze nefaste aveva previsto.
La profondità del pensiero di Castelli – che lo mise a contatto con personaggi dello spessore di Papa Pio XII, Papa Paolo VI, Jacques Maritain, Ugo Spirito, per citare solo alcuni tra i molti - ci deve aiutare a ritrovare il senso autentico del suo messaggio principale, che don Raffaele Pettenuzzo sottolinea con grande precisione ed incisività: la nostra società, quella della tecnica il cui frastuono copre il kerygma, è vittima di un processo di laicizzazione male intesa, a causa del quale è aumentato il carico di angoscia e vuoto interiore, ma è soprattutto venuta meno la capacità di ascolto.
E’ questa una società da demitizzare a sua volta, quindi. Perché, come sottolinea nell’Introduzione al volume Suor Myriam Castelli, “La storia è ridotta a storia degli uomini e delle loro conquiste esteriori, mai storia dell’umanità, ossia dello spirito umano”.
Alla riscoperta del rapporto vero dell’uomo con il sacro, alla ricerca di una filosofia che consenta di riconciliare l’epoca attuale con le sue radici, individuate nell’umanesimo medievale (ad essa molto più vicino che non la filosofia dell’età moderna, colpevole di avere cercato a tutti i costi la conclusione razionale, dove il riferimento è soprattutto ad un razionalismo male inteso), di dare una risposta all’interrogativo se l’uomo attuale possa salvarsi, e nel tentativo di neutralizzare il “sonno” che addormentale coscienze per non provare sofferenza, l’excursus castelliano ad opera di don Pettenuzzo si impone con forza e ci provoca con decisione a riflettere sul rapporto tra fede e filosofia, con originalità e, soprattutto, senza infingimenti.

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