Mezza Italia ha tremato e probabilmente tremerà ancora nelle prossime ore e nei prossimi giorni. Le scosse registrate prima a Verona, poi nel Reggiano e ora nel Parmense sono tutte legate, anche se indirettamente, dal movimento della placca Adriatica che spinge verso l’Europa (sono state registrate scosse anche in Svizzera e in Francia) e in questo movimento scorre sotto le Alpi, generando terremoti nella zona di Verona e poi verso il Friuli e le Prealpi. Scendendo in direzione Sud, invece, si piega gradualmente sotto l’ Appennino, inarcandosi.
“Ma attenzione a non fare confusione”, precisa Alessandro Amato, sismologo dell’ Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia, al notiziario TerraScienza: “Pur trattandosi della stessa placca, i terremoti riguardano faglie diverse e non sono quindi collegabili fra loro in un rapporto di causa ed effetto”. Sarebbe infatti sbagliato considerare questi terremoti come parte di un unico sciame sismico. “Siamo infatti di fronte a tre sciami sismici diversi”, sottolinea il sismologo. Questo significa che le scosse di assestamento, quelle che in genere seguono terremoti medi o elevati, hanno come origine eventi diversi.
Il perché quest’ultima scossa di magnitudo 5.4 con epicentro nel Parmense è stata sentita da mezzo paese è presto detto. “Quando i terremoti - spiega Amato - sono così profondi, come quest’ultimo localizzato a circa 60 chilometri di profondità, il raggio di risentimento è più ampio". E’ come se un terremoto si propagasse a imbuto: più è grande la distanza dalla rottura più aumenta l’area di diffusione dell’energia. Questo spegherebbe il perché la scossa di qualche giorno fa nel Reggiano, che è avventuta a più di 30 chilometri di profondità, e quest’ultima nel Parmenese hanno gettato nel panico non poche città del Nord.
Per gli esperti però il fatto che la scossa venga avvertita a così grandi distanze può essere considerato un bene. “Fa più paura - dice Amato - ma attenua l’intensità della scossa e di conseguenza anche gli eventuali danni”. In questo modo si spiega in parte la differenza tra le conseguenze di questa scossa e quella che ha praticamente distrutto L’Aquila nel 2009 . “Il terremoto aquilano è avvenuto a circa 7 chilometri di profondità e ha avuto sicuramente un impatto più forte sulla superficie interessata”, dice il sismologo.
Ma quando si ha a che fare con i terremoti certezze ce ne sono ben poche. Sappiamo che l’area interessata da queste scosse è storicamente una zona a rischio medio, ma i terremoti possono raggiungere magnitudo anche più elevate di 5.4. “Stiamo già registrando scosse di assestamento - dice Amato - ma non possiamo assolutamente escludere scosse più forti nei prossimi giorni”.
Come, dove, quando e con che intensità è impossibile saperlo. “ Non abbiamo strumenti scientifici per fare previsioni di questo tipo”, precisa il sismologo. Ecco perché è più importante che mai fare molta attenzione alla prevenzione. Quella del Nord Italia è tipicamente molto buona. “ La gestione del rischio sismico - sottolinea Enzo Boschi, ex presidente dell'Ingv - in questa parte del nostro paese si è rivelata efficace. Evidentemente c'è un buon livello di monitoraggio, sorveglianza e controlli”.
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