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martedì 17 gennaio 2012

Ontologia e filosofia della mente

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Lo scopo si questo articolo consiste nel delineare alcuni elementi di base di un'ontologia del mentale. L'approccio di base di questa proposta è quello fenomenologico, più precisamente l'approccio di stampo brentaniano. In nessun modo in ciò che segue si cercherà di fornire qualcosa come un'interpretazione autentica del pensiero del filosofo austriaco, bensì si proverà a sviluppare, sulla base di alcune sue tesi, un modello del mentale.

In particolare si cercherà di rendere conto in maniera il più possibile adeguata della natura delle proprietà fenomeniche, note anche con il termine tecnico di qualia (singolare quale).

Negli ultimi anni si è assistito nell'ambito della filosofia analitica della mente ad una crescente attenzione nei confronti di alcuni temi tratti da Brentano, in particolare dal primo volume della sua Psychologie del 1874. In questo senso il contributo di questo articolo è di mettere in luce le tesi del 1874 in continuità con le lezioni di psicologia descrittiva tenute da Brentano a Vienna in tre gruppi di lezioni tra il 1887-88 e il 1890-91[1]. Il tema centrale riguarda la fenomenologia della percezione e il suo rapporto con le proprietà fenomeniche.

Dalla descrizione degli atti percettivi si passerà a delineare per sommi capi una proposta ontologica conseguente con le premesse.

1. Nel dibattito contemporaneo di filosofia della mente negli ultimi anni si è assistito ad un nuovo modo di prendere in considerazione la tradizione fenomenologica. L'atteggiamento più diffuso e dominante fino a poco tempo fa consisteva nella naturalizzazione dell'intenzionalità. Ciò significava essenzialmente porre gli stati interni mentali in relazione con stati esterni del mondo reale, ogniqualvolta i primi sono delle rappresentazioni dei secondi. Negli ultimi tempi diversi autori hanno proposto una nuova interpretazione della fenomenologia, basata su una concezione non esclusivamente rappresentazionale dell'intenzionalità, bensì incentrata più sul suo carattere qualitativo e fenomenico[2]. Su questo modello, nel suo programma di ricerca sulla intenzionalità fenomenica, Kriegel individua alcuni proprietà fondamentali di questo “nuovo”approccio: 1) l'intenzionalità è essenzialmente basata sul fenomenico; 2) gli aspetti fenomenici e quelli intenzionali sono pertanto inseparabili; 3) l'intenzionalità fenomenica ha delle proprietà particolari che stati intenzionali di altro tipo non hanno; 4) l'intenzionalità fenomenica è “stretta”, non è cioè costituita da elementi esterni al soggetto; 5) essa è soggettiva, è interamente costituita all'interno di uno stato mentale di un soggetto; 6) questa forma di intenzionalità fenomenica è basilare e tutte le restanti forme di intenzionalità dipendono da essa.

Questo elenco a mio parere viene attraversato in profondità dal tema della percezione. Una delle tesi centrali di questo articolo si basa su una ripresa praticamente alla lettera delle analisi che Brentano ha dedicato al tema della percezione, della rappresentazione e della fondazione degli stati mentali in genere. Brentano usava il termin atto, la filosofia contemporanea predilige il termine stato. La spiegazione di questa ripresa dovrebbe essere chiara nel corso della lettura di questo testo. Per profondità, analiticità e struttura argomentativa la lezione di Brentano è del tutto attuale e molto utile nella comprensione e formazione del dibattito coontemporaneo.

Brentano distingue una percezione esterna da una percezione interna. Nonostante certe ambiguità del linguaggio gli attributi esterno-interno hanno una natura essenzialmente descrittiva, senza rimandare ad un mondo interno al soggetto e uno esterno ad esso. Tanto per intenderci non dobbiamo considerare la percezione interna alla stregua dell'introspezione. Brentano in pià riprese stabilisce con chiarezza che i due termini indicano atteggiamenti, stati e realtà completamente diverse e separate.

Tutta la vita psichica secondo Brentano è divisibile in tre grandi gruppi: rappresentazioni, giudizi e volizioni. Le rappresentazioni sono gli atti basilari: ogni giudizio così come ogni nostro desiderio, valutazione e apprezzamento (positivo o negativo) si basano su rappresentazioni[3].

Tutti gli stati mentali quindi anche le rappresentazioni sono fenomeni psichici. Il fenomeno psichico essenzialmente consiste in uno stato complesso ancorché unitario. Facciamo un esempio: per Brentano quando io vedo un colore, “colore” indica il fenomeno fisico, mentre “vedere un colore” indica il fenomeno psichico. Come è noto il fenomeno psichico è caratterizzato secondo Brentano da quella che i filosofi scolastici hanno chiamato “inesistenza intenzionale”: essenzialmente ciò significa, anche se l'interpretazione corretta del passo ha dato luogo a lunghe discussuioni, che nell'atto del vedere è sempre contenuto un oggetto, il “veduto” o “visto”, in quello del sentire il “sentito”, in quello del toccare il “toccato” ecc.

Nell'interpretazione tradizionale, soprattutto nell'ambito della filosofia analitica, si è sempre cercato di emancipare il contenuto intenzionale da ogni elemento ontologico di sussistenza intenzionale o comunque di ogni tipo di indipendenza dal reale. La teoria delle descrizioni di Russell rivolta contro la filosofia di Meinong, allievo di Brentano, segna il destino di gran parte del dibattito successivo. All'interno di questa tradizione si è però proceduto un po' troppo sbrigativamente a trattare il problema del riferimento senza prendere in considerazione allo stesso tempo il tema dell'esperienza o della datità, del come ci si presenta l'oggetto. La naturalizzazione dell'intenzionalità, come detto in precedenza, si basa essenzialmente con il mettere in relazioni stati mentali interni con oggetti reali esterni. Il tramite di questa relazione è la rappresentazione. In questa maniera si è passati a trattare l'intenzionalità esclusivamente come una teoria della rappresentazione e si è parlato quindi di atteggiamento intenzionale o proposizionale e di contenuto intenzionale o proposizionale come atteggiamenti e contenuti legati in maniera specifica alla rappresentazione.[4]

La proposta che faccio in questo articolo è di rivedere il concetto di intenzionalità partendo dal lato dell'esperienza, della datità e quindi della percezione.

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