Di fronte alla mai risolta emergenza carceri, il risparmio energetico delle prigioni potrebbe sembrare un dettaglio un po’ marginale. Eppure c’è chi è partito da qui per cambiare l’esperienza dei detenuti e il loro futuro. Con un’idea tanto semplice quanto geniale: dato che sono comunque previsti dei corsi di formazione per chi sta dentro, perché non trasformare il carcere in un cantiere-scuola? E fare in modo che siano gli stessi galeotti a riqualificare l’edificio in cui vivono, migliorando le condizioni di abitabilità e riducendo i consumi? Un’intuizione su cui ha scommesso la casa circondariale Lorusso e Cutugno di Torino, meglio nota come il carcere delle Vallette, che grazie al lavoro dei propri “ospiti” ha effettuato un intervento di coibentazione della palazzina uffici, abbattendone i consumi energetici del 72 per cento.
Il carcere torinese, che anni fa ha lanciato anche un pionieristico blog dei detenuti, Dentroefuori.org, è costituito da un complesso di fabbricati che si estendono su 25mila metri quadri e che sono stati costruiti a partire dal 1978. Come in altre carceri, d’inverno in molte sezioni si muore di freddo e d’estate si fa la sauna. Un microclima che non favorisce la vita degli oltre mille detenuti (centinaia in più di quelli previsti) e dei 750 agenti di polizia penitenziaria.
Ecco allora l’idea di coibentare uno degli edifici attraverso il progetto Liberiamo le competenze (e arrestiamo gli sprechi). La scelta è ricaduta sull’area amministrativa, e non sulla zona celle, per ragioni puramente logistiche. La palazzina, infatti, che pure è collocata dentro la casa circondariale, rimane nella prima cinta, dove le norme di sicurezza sono più blande. E dove far arrivare tecnici e fornitori, ma anche computer, penne e altri materiali di lavoro, è più facile e immediato. E così gli studenti-operai, dopo una prima parte teorica in cui hanno imparato cenni sul risparmio energetico, sui materiali, fino alle norme di sicurezza e a come leggere un progetto, sono passati alla pratica. E si sono occupati dell’isolante impermeabilizzante sul tetto, del cappotto con intonacatura sulle pareti, della sostituzione dei serramenti e delle valvole termostatiche. Quasi tutto l’edificio e le pareti sono stati ricoperti da involucri: dai pannelli isolanti in lana di vetro/roccia posti sul tetto insieme alla guaina impermeabilizzante a quelli in polistirene dei muri, rivestiti poi con intonaco armato, fino alle pellicole riflettenti poste sulle finestre del cavedio: un’area che d’estate, colpita in pieno dal sole, si trasformava in una specie di serra.
Un lavoro realizzato da una quarantina di detenuti che hanno svolto tre diversi corsi semestrali e che si potevano vedere lavorare sul tetto, con indosso salopette bianche e berretti, proprio come dei normali operai specializzati.
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