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sabato 4 febbraio 2012

Perché gli scienziati vogliono boicottare le riviste scientifiche - Wired.it

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In tempo di crisi economica, capita che le biblioteche delle università si vedano costrette a disdire gli abbonamenti con le riviste scientifiche. Succede così, per esempio, che i ricercatori non possano più avere libero accesso agli studi pubblicati dei colleghi. E succede anche che qualcuno decida di ribellarsi contro le stesse riviste e gli editori, e chieda loro, se non di votarsi all' open access, quanto meno di cambiare le politiche di distribuzione e di abbassare i prezzi. Timothy Gowers, matematico all' Università di Cambridge e medaglia Fields 1998, per esempio, ha attaccato direttamente l'olandese Elsevier, uno degli editori più importanti in ambito scientifico (Advances in Mathematics, Journal of Algebra, Journal of Geometry and Physics, Journal of Mathematical Analysis and Applications, per citare qualche rivista). Lo ha fatto in un recente post sul suo blog, dal titolo decisamente esplicativo: “ Elsevier - my part in its downfall”.

Da qui è presto nato un vero e proprio movimento degli scienziati per boicottare l'editore, con una petizione online, The Cost of Knowledge: “ Se vuoi dichiarare pubblicamente che non supporterai più alcuna rivista Elsevier a meno di un cambio radicale del modo in cui operano, allora lo puoi fare compilando il form qui sotto”. Questa mattina, i firmatari erano già oltre 3.350 (con vari commenti) e tra i nomi spiccano quelli di altre medaglie Fields e di ricercatori di atenei del calibro di Cambridge, Oxford, Harvard e Yale. Il primo nome della lista è quello di un altro matematico: Tyler Neylon.

Il movimento si scaglia contro i prezzi – che definisce esorbitanti – e critica la pratica di vendere le riviste a pacchetti; in questo modo, si legge, le biblioteche sono costrette a comprare anche quelle che non vorrebbe. Gowers e colleghi criticano apertamente anche il sostegno di Elsevier a Sopa (Stop Online Piracy Act), a Pipa (Protect IP Act) e allo US Research Works Act.

Elsevier, dal canto suo, ha già fatto sentire la sua voce: “ Un articolo costa 10 dollari (ovvero 6,5 sterline), un prezzo che rientra nella media, e gli sconti applicati se si compra più di un articolo portano il prezzo reale di un singolo articolo a 2 dollari, molto al di sotto della media”, riporta The Guardian.

Quanto alla vendita a pacchetti, l'accusa non starebbe in piedi per la casa editrice: “ Elsevier ti permette di comprare sia un singolo articolo, sia un’intera rivista, oppure una qualsiasi combinazione di articoli da riviste diverse”, ha risposto Nick Fowler, Director of global academic relations: “ Se se ne comprano di più si ottengono dei benefit, come è prassi comune che si faccia, ma questo non significa che non si sia liberi [di non farlo]- ma allora non ci si può aspettare uno sconto”.

Insomma, Elsevier non ci sta ad essere dipinto come un nemico della scienza e ora vorrebbe parlare direttamente con i promotori del movimento. È indubbio - ha sottolineato Fowler - che si deve fare un maggior lavoro di comunicazione.

“ All'inizio firmavano circa 200 persone al giorno, ora siamo a 600. L'unica cosa che loro hanno da perdere è la reputazione, ed è esattamente quello che stiamo erodendo”, ha detto Neylon, che sottolinea anche come gli accademici forniscano pubblicamente ricerche finanziate a riviste open access e il loro lavoro di revisione tra pari. Dopo di che, però, devono pagare Elsevier e company per avere accesso alle stesse ricerche pubblicate.

“Quello che in molti vorrebbero, me incluso, è sbarazzarsi di tutte le riviste e al loro posto avere board editoriali liberi di muoversi che forniscono un marchio di approvazione ai paper che vorrebbero apparire in siti come ArXiv, un deposito open access di articoli scientifici. Ma non è necessario avere idee così radicali per trovare la situazione attuale insoddisfacente e chiedere un cambiamento”, ha ribadito Gowers.

Difficile credere che Elsevier cambierà politica. Secondo i promotori della petizione è più probabile che lentamente avverranno una serie di piccoli cambiamenti, come il diffondersi di alternative open access con board editoriali in grado di garantire uno standard di qualità elevato.

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