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Smartphone, tablet e connessione wireless non sono riuscite a trasformare il mondo del lavoro. Dal manager all'impiegato, tutti rimangono saldamente legati all'ufficio, quel luogo oscuro che molti odiano ma di cui non si può fare a meno.
Queste le conclusioni della tavola rotonda organizzata a Milano dalla Herman Miller. Il fatto che il padrone di casa progetti uffici non tragga in inganno: il fallimento del lavoro immateriale è stato ribadito anche da Marcello Albergoni, Senior sales Manager di LinkedIn. " Il nostro social network rende immateriale la ricerca di nuovi talenti o l'offerta di lavoro ma si sente ancora la necessità dell'incontrarsi di persona", racconta a Wired.it. " In Rete si selezionano i candidati e LinkedIn dà la possibilità di inviare proposte direttamente online ma è una scelta ancora minoritaria".
Anche in un'azienda fortemente proiettata verso la Rete come LinkedIn " si lavora con riunioni, incontri e conference call", conferma Albergoni, dimostrando come si debba condividere uno spazio con i colleghi. Dopotutto anche quando lavoriamo con un tablet o un computer è naturale mostrare al collega ciò che si ha sullo schermo, un gesto molto più forte di qualsiasi slideshow o condivisione di documenti in cloud.
Una posizione che trova il suo alfiere anche in Mark Catchlove, manager di Herman Miller ed esperto dell'ergonomicità del posto di lavoro. "I dipendenti non vogliono lavorare da casa per due motivi", spiega. " Primo: pensano che relegarli a casa sia una mera scelta economica dettata dal risparmio e ciò sminuisce l'azienda di fronte al dipendente. Secondo: i manager stessi sono sempre in ufficio, perché quindi i dipendenti dovrebbero lavorare da fuori?".
Se fino a vent'anni fa si profetizzava l'arrivo del telelavoro, oggi si assiste un'inversione di tendenza che ci riporta nel passato. Il cloud è fondamentale, tablet e smartphone rimangono centrali quando non si è in ufficio, ma il grosso del lavoro va svolto in un luogo condiviso che sia fisico. " Studi recenti hanno dimostrato come lo spazio antistante ai distributori del caffé è la più efficace sala riunioni delle aziende. Lì nascono le idee geniali", esordisce l'architetto israeliano Erez Ella.
Certo, non è detto che due persone nella stessa stanza parlino tra loro o collaborino, per questo si sta sviluppando una mentalità che dal lavorare ovunque fuori dall'ufficio sta portando al lavorare ovunque all'interno dell'azienda. Esempi illustri sono gli uffici di Google o di Facebook, spazi dove si è liberi di muoversi e di riunirsi. Una partita al biliardino o un prato in pieno sole spesso sono le migliori sale riunioni. " l problema è che le nuove genrazioni l'hanno capito ma i vecchi dirigenti rimangono saldi sulle loro posizioni", osserva Catchlove.
Per realizzare un'azienda aperta infatti c'è bisogno di un cambiamento anche nella gestione dei flussi produttivi. Non ci vuole molto, basta che i manager rinunciano alla loro "voglia di controllo totale a favore di un sistema che dia degli obiettivi e un tempo entro cui realizzarli", commenta Catchlove. La strada per raggiungere l'obiettivo dovrebbe essere affidata alle scelte del dipendente. Come all'università insomma dove si conosce la data dell'esame ma poi ognuno gestisce come vuole il tempo dedicato allo studio o alle altre attività.
Con un sistema del genere si supererebbe la paura di vedere i dipendenti su Facebook come dei perdigiorno, il tablet o lo smartphone permetterebbero di lavorare ovunque ma sempre all'interno dell'azienda. Anche in bagno, " un'altra insospettabile fucina di idee geniali", come nota Ella. " Dati alla mano, chi siede vicino al bagno produce più degli altri perché si prende più spesso delle pause e soprattutto incontra gli altri", conclude.
Tutti gli amanti delle pantofole si rassegnino: in ufficio si produce di più e si sta meglio e per staccare basta andare alle macchinette del caffé. O al bagno.
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