ROMA - La Rai ha rinunciato al canone su pc, tablet e smartphone. Decisiva è stata la presa di posizione del ministero allo Sviluppo Economico. Il ministero ha infatti comunicato a Rai una propria interpretazione della norma del 1938 relativa al canone e ha escluso perentoriamente quei prodotti dal pagamento. La decisione arriva dopo le polemiche di giorni scorsi 1.
La Rai - a quanto risulta a Repubblica.it da fonti ministeriali - ha accolto quest'interpretazione, dopo un breve contraddittorio durante un incontro con il Dipartimento comunicazioni del ministero. Il ministero ha fatto notare a Rai che sarebbe stato assurdo imporre un pagamento a scapito dei beni digitali. Avrebbe certo penalizzato lo sviluppo tecnologico in Italia, tra consumatori e aziende, proprio in una fase in cui il Paese sta cercando di potenziarlo e mentre il governo lavora alla prima Agenda digitale italiana 2.
La notizia ha il sapore di un dietro-front da parte dell'azienda, che ora nega di aver "mai richiesto il pagamento del canone per il mero possesso di un personal computer collegato alla rete, i tablet e gli smartphone", come si legge in un comunicato.
"La lettera inviata dalla Direzione Abbonamenti Rai si riferisce esclusivamente al canone speciale dovuto da imprese, società ed enti nel caso in cui i computer siano utilizzati come televisori (digital signage) fermo restando che il canone speciale non va corrisposto nel caso in cui tali imprese, società ed enti abbiamo già provveduto al pagamento per il possesso di uno o più' televisori", continua la nota.
"Ciò quindi - continua il comunicato - limita il campo di applicazione del tributo ad una utilizzazione molto specifica del computer rispetto a quanto previsto in altri Paesi europei per i loro broadcaster che nella richiesta del canone hanno inserito tra gli apparecchi atti o adattabili alla ricezione radiotelevisiva, oltre alla televisione, il possesso dei computer collegati alla Rete, i tablet e gli smartphone. Si ribadisce che in Italia il canone ordinario deve essere pagato solo per il possesso di un televisore".
A Repubblica.it risulta però che la Rai sia stata spinta a cambiare idea, nell'interpretazione della norma, dopo l'intervento del Ministero e le numerose pressioni venute da aziende e consumatori.
"Il balzello che la Rai vorrebbe imporre a imprese e professionisti per il possesso di pc, tablet e smartphone è un'assurda forzatura giuridica. Ma soprattutto un'iniziativa fuori dal tempo e in totale contrasto con gli obiettivi dell'agenda digitale e gli sforzi che si stanno mettendo in atto per rilanciare la crescita del Paese", aveva detto il presidente di Confindustria Digitale Stefano Parisi.
"Innanzitutto va chiarito - continua Parisi - che i pc non sono stati concepiti per la ricezione di trasmissioni radiotelevisive, ma per innovare l'organizzazione del lavoro e la comunicazione. Il fatto che possano ricevere segnali televisivi lo si deve al processo evolutivo del mondo digitale, di cui lo stesso settore radio tv ha fortemente beneficiato per il suo sviluppo".
"Quindi l'estensione del canone Rai agli apparati dell'Ict, la pretesa di associarlo alla titolarità di un abbonamento a banda larga, il richiamarsi a una legge del '38 per tassare tecnologie del duemila, sono frutto di un'interpretazione del tutto arbitraria non supportata da alcun riferimento legislativo". Il ministero è d'accordo con questa posizione, l'ha fatta propria formalmente e Rai deve seguire.
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