Io sono il dottore di cui in questa novella si parla talvolta con parole poco lusinghiere. Chi di psico-analisi s'intende, sa dove piazzare l'antipatia che il paziente mi dedica». Così Italo Svevo, al secolo Aaron Ettore Schmitz, attacca la prefazione della 'Coscienza di Zenò, ultimo romanzo pubblicato nel 1923, quando ancora in Italia in pochissimi parlano di psicoanalisi. Di Svevo domani ricorrono i 150 anni dalla nascita, avvenuta a Trieste il 19 dicembre del 1861, nell'anno della raggiunta unità nazionale. Lo scrittore triestino rappresenta un punto di contatto fra la cultura italiana e quella di lingua tedesca, avendo studiato al collegio di Segnitz, in Baviera. Parla e scrive correntemente l'italiano e il tedesco, al punto da tradurre 'La scienza dei sognì di Siegmund Freud, negli anni della Grande Guerra, che influenzerà moltissimo la sua letteratura. In realtà, Svevo studia con passione il padre della psicoanalisi, ma rifiuterà sempre di aderire totalmente al sistema teorico di Freud: accetta la psicoanalisi come tecnica di conoscenza, ma la respinge sia come visione totalizzante della vita, sia come terapia medica. Ecco il perchè dell'affermazione del dottore nell'attacco della prefazione della 'Coscienza di Zenò. Il protagonista rifiuta la psicoanalisi come terapia, in base alla tesi che la nevrosi è anche un segno positivo di non adattamento ai meccanismi alienanti della civiltà. In un articolo pubblicato ieri su 'Avvenirè, il quotidiano dei Vescovi ricorda Pietro Spirito, che «al termine del recentissimo 'Trieste è un'altrà (Mauro Pagliai Editore) si spinge fino al cimitero di Sant'Anna, nel tentativo di regolare i conti con l'autore di 'Senilita» e 'La coscienza di Zenò«. E rivolto a Svevo dice: »Mi senti, Ettore Schmitz? Hai idea del fardello che ci hai lasciato? Potevamo restare beati nell'ordine piccolo borghese di realtà strutturate, ordinate, salutari. E invece«. Quando esce 'La coscienza di Zenò, Svevo in realtà ha già pubblicato 'Una vità e 'Senilita», entrambe opere rimaste nel silenzio. E anche l'ultimo capolavoro sarebbe stato ignorato in Italia, se non fosse intervenuto James Joyce, insegnante di inglese e amico dello scrittore, che nel 1925 propone il romanzo ad alcuni critici francesi. In Italia invece sarà Eugenio Montale ad affermare la grandezza di Svevo. Scoppia così una vivace discussione letteraria sullo scrittore triestino e sul suo personaggio più famoso, Zeno Cosini. Da quel momento Svevo viene riconosciuto come un grande scrittore mitteleuropeo, la rivista francese 'La naivre d'argent' gli dedica un intero fascicolo e nel marzo del '28 viene festeggiato a Parigi insieme ad altri colleghi. Morirà il 13 settembre di quell'anno in seguito a un incidente stradale, nell'ospedale di Motta di Livenza. Il quarto romanzo, 'Il vecchione o Le confessioni del vegliardò, 'continuazionè de 'La coscienza di Zenò, resta incompiuto.
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lunedì 19 dicembre 2011
I 150 anni di Italo svevo, il 'Freud' della letteratura - Cultura - ilGiornale.it
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