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venerdì 23 dicembre 2011

Missione Antartide: immersione a 26 metri - Le Scienze

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Un'immersione nei ghiacci del Polo Sud alla scoperta di un fondale marino ricco di comunità animali e vegetali. Un foro nella banchisa e due sommozzatori si immergono per raccogliere campioni di invertebrati. Una missione estrema, pianificata con cura di Jacopo Pasotti

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Baia Terra Nova, Antartide, 17 dicembre. L'Antartide potrebbe essere considerato un deserto congelato, c'è scritto su ogni sussidiario. La sua superficie è quasi totalmente priva di vegetazione, la fauna, già scarsa, è confinata lungo le coste. È un territorio spazzato da venti impetuosi, ha respinto fino all'ultimo ogni tentativo di colonizzazione umana, tutt'oggi è praticamente spopolato. Diversissimo però è il fondale marino che è popolato da abbondanti, vivaci, e prolifiche comunità animali (e vegetali).

Dice Ennio Cocca dell'Istituto di Biochimica delle Proteine del CNR di Napoli: "in Antartide si trovano forme di vita interessantissime perché adattate ad un ambiente molto particolare". Cocca ed il suo team si occupano di biologia marina, ed in Antartide si trovano di fronte ad ostacoli molto pratici. Il loro problema è quello di reperire esemplari per i loro studi e talvolta l'unica soluzione è trovare qualcuno che si immerga nelle acque polari per recuperarli, un'operazione, questa, tutt'altro che banale.

Nella foto Giuseppe Anagni, palombaro della Marina

L'attività di questa mattina mi avvicina infatti ad una attività di raccolta di esemplari a dir poco estrema. Due sommozzatori si immergeranno da un foro operato nella banchisa e raccoglieranno campioni di invertebrati (e se possibile anche di pesci) dal fondale.

I preparativi per questa missione erano cominciati già la sera prima. Il Capo Spedizione Alberto Della Rovere mi aveva invitato a un incontro di preparazione alla missione dei due sub: "Immergersi in acque antartiche è una faccenda seria" aveva detto. "Dobbiamo prendere le precauzioni neccessarie e tutto deve essere pianificato con estrema cura". Per questo, apprendo durante l'incontro, l'intera missione è protocollata. Gli orari di inizio e fine immersione sono prefissati. Sul pack saranno presenti una unità di pronto soccorso ed il medico della base, il Capo Base Riccardo Bono, e altri assistenti preparati ad eventuali emergenze.

Il Capo Base Riccardo Bono e Davide Riga, incursore della Marina

"In queste condizioni, al limite della sopportabilità fisiologica, limiteremo l'immersione a 25 minuti, non uno di più", spiega Davide Riga, incursore della Marina. "In queste operazioni lavoriamo sempre in due". L'immersione in coppia è un requisito fondamentale. "Se uno di noi ha un problema, l'altro deve poter assistere un'operazione di recupero".

Riga e Giuseppe Anagni, il palombaro della Marina che si immerge con lui, sono in continua comunicazione: "controlliamo lo stato del compagno guardandoci negli occhi, comunichiamo di frequente con dei segnali codificati", spiega Riga. Segnali codificati sono programmati anche con l'esterno, infatti i due sommozzatori sono collegati con la superficie tramite una "braga", che non è altro che una cima tramite cui, sempre tramite appositi segnali, i due comunicano con un compagno in attesa sulla superficie della banchisa.

I due sub con la stazione sullo sfondo

"L'immersione prevede di raggiungere il fondale, posto a 26 metri di profondità circa, e lì raccogliere campioni di fauna marina", riassume l'incursore. La temperatura che incontrano durante la calata è prossima allo zero termico in superficie e intorno ai -2 gradi centigradi sul fondale.

Proprio questo è, tra l'altro, uno dei fattori che permette il proliferare della vita sottomarina nelle aree polari. Se è vero infatti che la superficie del continente è praticamente invivibile, osserva Cocca, con temperature medie ampiamente sotto lo zero termico, per le acque costiere del continente la faccenda è assai diversa: la temperatura media del mare oscilla tra gli zero gradi in superficie ed i -2 al fondale, senza variazioni stagionali consistenti. Inoltre, aspetto molto importante per la vita, ai poli l'acqua marina è estremamente ricca di ossigeno. "In acqua la concentrazione di ossigeno aumenta con il diminuire della temperatura, c'è insomma molto più ossigeno disciolto nei mari polari di quanto ce ne sia nel Mediterraneo". Per molte forme di vita queste sono condizioni ideali, spiega Cocca.

La giornata non è certamente quella che ci auguravamo per un tuffo nel mare antartico: le nubi sono nere come l'inchiostro, cade perfino qualche fiocco di neve. "No, non sono condizioni ideali - conferma Anagni - senza sole è ben poca la luce che riesce a filtrare attraverso la banchisa". I sub comunque non rinunciano alla missione ed all'ora prefissata, indossata la muta a tenuta stagna, controllati il funzionamento delle bombole di ossigeno e degli erogatori, i due scompaiono nell'oscurità dell'acqua, penetrando nel regno di foche, pinguini, pesci e una stupefacente varietà di invertebrati marini.

Per venti minuti solo qualche bolla risale dal foro praticato nel ghiaccio. Dalla superficie un loro compagno "ascolta" con attenzione i segnali inviati (un codice tipo morse ottenuto con strattoni della cima di collegamento). Il capobase controlla invece il trascorrere del tempo.
Franco Ricci e Riccardo Bono
Lontano da qui probabilmente sta nevicando, qualche fiocco portato dal vento si deposita attorno a noi sulla banchisa. "Stanno per risalire", ci avverte ad un certo punto il compagno dei sub. Deve aver captato un loro messaggio.
Il foro comincia quindi a ribollire. Infine, Riga e Anagni emergono dal buco. Hanno due retini pieni di stelle marine, bivalvi, altri invertebrati, e perfino qualche pesce. Cocca ed i biologi prendono in consegna i campioni, che verranno immediatamente trasportati in un acquario in condizioni controllate. Bono prende invece in consegna i due sub, che vengono caricati su un'auto e condotti in un ambiente riscaldato. "Non si vedeva quasi niente", commenta Anagni. "Dopo pochi metri avevamo già perso contatto visivo con il foro, c'era materiale in sospensione, molte alghe. Qualche settimana fa non era così la visibilità era anche di trenta metri". Qualcosa sta cambiando la sotto, potrebbe essere l'inizio della fioritura stagionale del plancton.

Mentre la campagnola guidata da Bono annaspa sulla banchisa e riporta i sommozzatori verso la base, chiedo cosa serviva il secondo buco nel ghiaccio su cui tanto insisteva Riga. "Siamo sotto uno specchio d'acqua - dice - immaginati se una foca leopardo decidesse di occupare il nostro buco per saltare sulla banchisa. Abbiamo sempre bisogno una seconda via d'uscita."

(Questa missione è realizzata grazie alla collaborazione e ospitalità del Programma Nazionale di Ricerche in Antartide)

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