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giovedì 29 dicembre 2011

Tre modi in cui il mondo potrebbe finire - Wired.it

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2012: Apocalisse, tre modi in cui il mondo potrebbe finire
Botti, gemiti, schianti: tre ipotesi per il nostro futuro si confrontano. Ma forse l’universo non finisce. O almeno, non nella maniera che ci aspettavamo. Parola di Piergiorgio Odifreddi
28 dicembre 2011 di Piergiorgio Odifreddi
"Se le api dovessero scomparire, all'uomo resterebbero soltanto quattro anni di vita" dice una frase atribuita erroneamente ad Einstein, senza che ve ne sia traccia nei suoi scritti. Nel 1994 la scrissero degli apicultori su un volantino. Sta di fatto che le api non stanno troppo bene, e nemmeno il nostro pianeta. La profezia Maya pende su di noi, e scade nel 2012. Quello che sta per iniziare potrebbe essere l'ultimo anno di esistenza del nostro pianeta. Su Wired.it pubblichiamo alcuni scritti usciti nel numero di dicembre del magazine. Il secondo è del noto matematico Piergiorgio Odifreddi. Buona Apocalisse a tutti.

Da dove veniamo, e dove andiamo, sono le grandi domande che l’uomo si pone da quando ha acquistato la capacità di porsi le grandi domande. Ma le grandi domande si possono intendere in senso più o meno grandioso, a seconda che vengano riferite solo agli individui che se le pongono oppure, in crescendo, all’umanità, al pianeta, al sistema solare, alla galassia, o addirittura all’universo stesso. Ed è appunto in quest’ultimo senso, il più grandioso di tutti, che se le sono poste le imprese intellettuali che, nel corso della storia, si sono succedute nell’elaborazione delle grandi domande e di risposte via via più significative: la mitologia, la religione, la filosofia e la scienza.

In questo processo, molti miti umanistici hanno subito una metamorfosi, trasformandosi in modelli scientifici. Ad esempio, il mondo illimitato nel tempo e nello spazio dei Jain indiani. La creazione della Genesi e le distruzioni delle varie Apocalissi, ebraiche e cristiane. L’uovo cosmico dei misteri orfici, da cui ha origine la vita. Il perenne gioco divino mediante il quale Brahma (un nome che deriva da brh, “espansione”) si trasforma nell’universo, e l’universo ridiventa Brahma. L’apparire e lo scomparire delle cose nel sogno di Vishnu, al suo chiudere e riaprire gli occhi in un alternarsi di sonno e veglia. L’incessante danza cosmica nel cerchio di fuoco attraverso cui Shiva, nei panni del signore della danza Nataraja, genera e distrugge il mondo. L’inesauribile energia shakti, che la dea Kali trasforma in vita e morte della sostanza. Il vorticoso girare della ruota della vita, che rappresenta il divenire dell’esistenza e della reincarnazione. L’Eterno Ritorno di Platone e di Nietzsche, che scaturisce dalla tensione fra il numero finito delle possibili configurazioni dell’universo e l’infinita estensione del tempo. E così via.

Ma come risponde alle due grandi domande la scienza? Anzitutto, ha cominciato a poterlo fare a partire dal 1915, quando Einstein pubblicò la teoria della relatività generale, e ad applicarla allo studio della cosmologia. Oggi sappiamo che in tutte le possibili soluzioni alle sue equazioni l’universo ha avuto un inizio, che viene chiamato Big Bang, o Grande Botto.
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